26 feb 2014

Una critica di Domenico Cacopardo sulla speranza del nuovo governo Renzi



Non è la speranza 
di domenico cacopardo

Non è la speranza il criterio cui ispirare il giudizio su Renzi e sul suo governo. È l’analisi, solo l’analisi, dei passi e delle scelte sin qui compiuti, dalle dichiarazioni in Parlamento alle esternazioni più o meno estemporanee del presidente del consiglio, delle sue donne e dei suoi uomini.
I punti più importanti e significativi dei quattro giorni trascorsi dal giuramento sono il discorso programmatico e le conclusioni ai dibattiti al Senato e alla Camera.
È inutile girare intorno alla questione: la sensazione è di totale inadeguatezza, di sottovalutazione del caso ‘Italia’ e delle sue complessità, di un avventurismo senza ancoraggi ai fondamentali economici, sociali e politici.
Per il disprezzo verso i senatori Renzi pagherà un conto molto salato che mette già in forse l’architrave della sua politica, cioè la semi abolizione della camera alta. Un’offesa gratuita e non necessaria, manifestata più per parlare al Paese che ai suoi occasionali interlocutori.
Data la natura dell’assemblea, una delegittimazione senza il potere di farlo, giacché ogni riforma, anche quella della legge sui condomini, deve passare ancora da entrambi i rami del Parlamento, ottenendone l’approvazione.
In definitiva, una prova, non la prima né l’ultima, di autolesionismo. Se questo è un indizio, il futuro dell’Italia torna sulle Montagne russe, anche perché l’endocrinologo reggiano Graziano Del Rio, sottosegretario alla presidenza, intervistato da Lucia Annunziata, non ha avuto difficoltà ad annunciare la tassazione dei titoli di Stato. L’ha fatto perché non si rendeva conto del significato di ciò che stava dicendo. L’ha fatto perché non ha pensato che, magari, su un argomento del genere, sarebbe stato opportuno prima che necessario, interpellare il ministro dell’economia appena sbarcato dall’aereo che da Sidney l’ha condotto a Roma.
Altri indizi sono davanti a noi.
La nomina di Marianna Madia a ministro della semplificazione e della funzione pubblica conferma l’incapacità di valutare i compiti che attendono il governo. Si tratta di una ragazza eletta alla Camera nel 2008, su decisione di Veltroni. Da allora una grigia carriera parlamentare, culminata nella nuova pesante responsabilità. Se Renzi vuole correre nella soluzione dei problemi e colloca tra i principali l’Amministrazione, come farà la gentile Madia, in attesa di un bebé, a occuparsene?
Non sarà che la sua nomina sia un tributo pagato a san Veltroni, protettore del primo ministro?
E la giovane Guidi allo sviluppo economico non c’entra con la vicinanza familiare all’innercircle berlusconiano?
Sui nomi, per oggi,basta.
Ma le parole sin qui spese davanti a deputati e senatori fanno rabbrividire per dilettantismo e approssimazione: non una delle promesse è suffragata da un’idea di copertura finanziaria (e l’Europa?).
Renzi dovrebbe sapere bene che senza copertura finanziaria nemmeno il parroco di Rignano sull’Arno gli canterà il Te Deum di ringraziamento per le grazie sin qui ricevute.



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