di domenico cacopardo
Non è la speranza il criterio cui
ispirare il giudizio su Renzi e sul suo governo. È l’analisi, solo l’analisi,
dei passi e delle scelte sin qui compiuti, dalle dichiarazioni in Parlamento
alle esternazioni più o meno estemporanee del presidente del consiglio, delle
sue donne e dei suoi uomini.
I punti più importanti e significativi
dei quattro giorni trascorsi dal giuramento sono il discorso programmatico e le
conclusioni ai dibattiti al Senato e alla Camera.
È inutile girare intorno alla questione:
la sensazione è di totale inadeguatezza, di sottovalutazione del caso ‘Italia’
e delle sue complessità, di un avventurismo senza ancoraggi ai fondamentali
economici, sociali e politici.
Per il disprezzo verso i senatori Renzi
pagherà un conto molto salato che mette già in forse l’architrave della sua
politica, cioè la semi abolizione della camera alta. Un’offesa gratuita e non
necessaria, manifestata più per parlare al Paese che ai suoi occasionali
interlocutori.
Data la natura dell’assemblea, una
delegittimazione senza il potere di farlo, giacché ogni riforma, anche quella
della legge sui condomini, deve passare ancora da entrambi i rami del
Parlamento, ottenendone l’approvazione.
In definitiva, una prova, non la prima né
l’ultima, di autolesionismo. Se questo è un indizio, il futuro dell’Italia
torna sulle Montagne russe, anche perché l’endocrinologo reggiano Graziano Del
Rio, sottosegretario alla presidenza, intervistato da Lucia Annunziata, non ha
avuto difficoltà ad annunciare la tassazione dei titoli di Stato. L’ha fatto
perché non si rendeva conto del significato di ciò che stava dicendo. L’ha
fatto perché non ha pensato che, magari, su un argomento del genere, sarebbe
stato opportuno prima che necessario, interpellare il ministro dell’economia
appena sbarcato dall’aereo che da Sidney l’ha condotto a Roma.
Altri indizi sono davanti a noi.
La nomina di Marianna Madia a ministro
della semplificazione e della funzione pubblica conferma l’incapacità di
valutare i compiti che attendono il governo. Si tratta di una ragazza eletta
alla Camera nel 2008, su decisione di Veltroni. Da allora una grigia carriera
parlamentare, culminata nella nuova pesante responsabilità. Se Renzi vuole
correre nella soluzione dei problemi e colloca tra i principali l’Amministrazione,
come farà la gentile Madia, in attesa di un bebé, a occuparsene?
Non sarà che la sua nomina sia un tributo
pagato a san Veltroni, protettore del primo ministro?
E la giovane Guidi allo sviluppo
economico non c’entra con la vicinanza familiare all’innercircle berlusconiano?
Ma le parole sin qui spese davanti a
deputati e senatori fanno rabbrividire per dilettantismo e approssimazione: non
una delle promesse è suffragata da un’idea di copertura finanziaria (e l’Europa?).
Renzi dovrebbe sapere bene che senza
copertura finanziaria nemmeno il parroco di Rignano sull’Arno gli canterà il Te
Deum di ringraziamento per le grazie sin qui ricevute.
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