20 apr 2014

Un nuovo articolo del Consigliere Cacopardo

di domenico Cacopardo
Silvio Berlusconi, ottenuta l’agibilità politica è tornato in campo. Non è dato sapere quali siano le ragioni che hanno indotto il Tribunale di sorveglianza di Milano di infliggergli un servizio sociale di 4 ore la settimana, in tutto, con gli sconti di pena, meno di 200 ore. Un sospetto si fa strada, però, e riguarda le conseguenze di una compagna elettorale senza l’ex-cavaliere: i contendenti sarebbero stati solo due, Renzi e Grillo.
Se facciamo un passo indietro e guardiamo alle elezioni del sindaco di Parma (2012), possiamo osservare che il ballottaggio ha avuto luogo tra un vecchio e incolore quadro excomunista come il presidente della provincia Vincenzo Bernazzoli, al primo turno vicino al 40%, e il giovane outsider grillino Federico Pizzarotti, con il 20% circa. Nel testa a testa, tutto l’elettorato di centro-destra privo di candidato e ostile a ciò che rappresentava l’uomo del Pd, riversò i suoi voti proprio su Pizzarotti conducendolo all’insperata vittoria.
Un’elezione europea celebrata senza Berlusconi avrebbe fatalmente visto una quota importante del suo elettorato riversarsi sulle liste del Movimento a 5 Stelle, consegnandogli non solo il monopolio dell’opposizione, ma percentuali inimmaginabili.
Quindi, una pena mite, mitissima ha restituito l’uomo di Arcore alla campagna elettorale, mettendo in discussione il previsto secondo posto di Grillo. È vero che il comico ci sta mettendo del suo per scendere nei gradimenti degli italiani: in una competizione con il voto di preferenza, le sue liste di sconosciuti collegate alle parole d’ordine eccessivamente radicali, spesso sbagliate o controproducenti hanno serie possibilità di anticipare il flop che, a medio termine, è lecito pronosticare per un movimento antisistema, xenofobo e razzista come il suo.
Renzi, per ora, veleggia col vento del consenso popolare in poppa. I suoi avversari interni ed esterni acquisiscono la patente di conservatori antiriformisti, di difensori del vecchio sistema e dei vecchi leader, insomma perdono qualsiasi appeal.
Rimangono, grandi come macigni, i problemi che ci portiamo dietro da vent’anni. Per risolverli occorre definire con certezza il ruolo che il ceto medio deve rivestire nell’Italia della ripresa e della ricostruzione. È il ceto medio, che s’è diviso tra destra centro e sinistra, che esprime il maggior tasso di simpatia (non corrisposta) verso l’exsindaco di Firenze.
Subito dopo il 25 maggio 2014, giorno delle elezioni europee, la luna di miele tra Renzi e gli italiani cesserà e anche i suoi rinvii e i suoi errori verranno al pettine.
Primo fra tutti, l’ulteriore aggravio del carico fiscale che colpisce proprio il ceto medio. E, subito dopo, l’attacco (renziano) alla burocrazia: i numeri di quella italiana sono minori della Gran Bretagna e della Francia, ma in linea con la Germania. Quello che non è in linea è il prodotto, cioè il contributo al Pil: mentre nei paesi citati la macchina pubblica è un serio supporto all’economia nazionale, in Italia è il maggiore freno, il costo senza ritorni che tutti siamo costretti a pagare. Mettere questa macchina in moto è in compito improbo, ma non rinviabile: certo non sarà la Madia ad affrontarlo.
La ricreazione e le indulgenze termineranno d’improvviso e l’exboy-scout fiorentino sarà costretto a ricorrere a tutte le sue qualità politiche per continuare. Sì, per continuare.

Nulla è più caduco dell’improvviso successo non confortato da veri, misurabili, immediati risultati.

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