La
sensazione è il deja vu,
ma l’enfasi espressa sul Def e sui tagli ha un sapore diverso, frutto della
capacità di persuasione di Matteo Renzi (in piena campagna elettorale), e di
alcune scelte ben precise di politica fiscale.
Mancano
molte cose utili che potrebbero dare un positivo choc alla comunità nazionale,
prima fra tutte l’abolizione dell’Irap. La presenza a via XX Settembre di un
professionista di alta qualità come Padoan è, però, una rassicurante garanzia
di serietà. È il resto che preoccupa: la scelta di un alieno come Cottarelli
per la spending review,
l’effettiva realtà delle amministrazioni pubbliche, nazionale, regionali e
comunali, il dilettantismo goliardico di diversi ministri, il medesimo premier,
un simpatico Giamburrasca senza senso dei limiti, danno l’idea di una
divertente (e drammatica) avventura fine a se stessa, incapace di incidere
sulla situazione politica, istituzionale ed economica.
Anche
perché, quando qualcuno prova a intervenire nella discussione, come ha fatto
Bersani per le riforme istituzionali, emerge tutta l’inconsistenza del gruppo
dirigente del Pd, il cui pensionamento è stato raccolto come una mela matura
dal boy-scoutfiorentino.
Non
approfondiremo il contenuto del Def: questo giornale se n’è occupato con
dovizia di particolari, spiegando che si tratta di un piano triennale che deve
essere implementato, per diventare operativo, da un complesso di norme, alla
cui scrittura, oltre che i team di Padoan e di Poletti, metteranno mano i
carneadi di cui sono stati riempiti i gabinetti dei ministeri e di palazzo
Chigi.
Torneremo
sul clima politico, che è poi la parte più evidente della fase di passaggio
nella quale siamo immersi: dopo vent’anni in mezzo al guado, ci siamo
avvicinati alla riva, anche se sappiamo che contiene gravi insidie non
superabili con la goliardica superficialità del nostro timoniere.
Ebbene, al
di là dei mal di pancia di un piccolo pezzettino di Pd, il problema dell’oggi è
la decisione del Tribunale di sorveglianza sul futuro prossimo di Berlusconi e
le sue conseguenze sulla politica di Forza Italia.
Tra le varie
possibilità emerse nei giorni scorsi, la più attendibile è quella di un
affidamento ai servizi sociali che gli consenta un limitatissimo diritto di
parola e di tribuna. In questo caso, gli scossoni sulla situazione parlamentare
sarebbero ridotti e il patto Berlusconi-Renzi potrebbe reggere.
Il ragazzo
fiorentino, allevato a pane e
volpe, ha già preparato, però, le contromisure a un eventuale rottura.
In realtà,
di fronte a lui rimane solo un avversario, Mangiafuoco-Grillo, vecchio uomo di
spettacolo più che di sostanza, che per quell’inspiegabile rapporto tra il
pubblico e un istrione, è diventato l’interprete di un pezzo di Italia,
incapace di ragionare seriamente sui termini delle questioni nelle quali ci
dibattiamo ma emotivamente pronto a schiaffeggiare chiunque prospetti un
ragionamento serio, responsabile e privo di demagogia.
Quest’idea
di due personaggi che, isolatamente, occupano il proscenio italiano è
sconfortante. Accostata alle altre preoccupazioni, fa rimanere gli italiani col
fiato sospeso e gli osservatori internazionali con tutte le loro vecchie,
esagerate diffidenze.
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