21 apr 2014

La nuova posta di Paolo Speciale

Dei diritti e delle pene di paolo Speciale
Quando una sentenza è definitiva e quindi, come si suole dire, “passa in giudicato”, dovrebbe solo constatarsi la sua esecutività e riservare ad essa ed a chi l'ha pronunciata ogni dovuta deferenza, che si concretizza, formalmente ma anche sostanzialmente, con la non sottrazione da parte dell'imputato alla “inflictio”.
Definisco illegittima qualsiasi pretesa - specie se supportata dall'uso improprio di pubbliche facoltà istituzionali - di totale astensione da libera manifestazione di pensiero, tranne quando ciò non comporti vilipendio.
Quando l'esercizio di un potere - come quello giudiziario - comincia a perdere i pezzi della propria componente genetica fondante, cioè quella del mero servizio alla collettività senza di essa cercare impropri consensi che invece appartengono alla politica, giunge il momento in cui chi ne abbia la responsabilità – il Parlamento - è tenuto ad attivare ogni procedura prevista per la tutela del “diritto”: cosa è esso infatti se non il reciproco rispetto delle funzioni e del ruolo di ciascuno?
La nostra è una democrazia matura, che non può permettersi di confondere il rispetto delle istituzioni con il sopraggiunto vero e proprio culto fondamentalista delle stesse, creando così – come giustamente Piero Ostellino scrive oggi sul Corriere della Sera - altre caste che nascono dalle ceneri di altre.
Ecco perché ora dobbiamo liberarci al più presto dalla comune ed ormai pressoché unica accezione di una magistratura che riscatta i governati in quanto persecutrice dei governanti corrotti: per farlo dobbiamo essere supportati proprio da coloro che amministrano la giustizia. Come? Ogni uomo di buona volontà potrebbe cominciare a non considerare più, aprioristicamente, un attacco all'indipendenza delle toghe qualsiasi proposta di riforma del sistema giudiziario: il Consiglio Superiore della Magistratura, in quanto organo di autogoverno, formuli esso stesso proposte di cambiamento avviando un democratico confronto interno che restituisca, dopo il ventennio berlusconiano e di “mani pulite”, sia alle Procure che ai Tribunali il “potere del servizio”, sia che inquisiscano e/o giudichino Berlusconi sia che si pronuncino sull'autore di uno scippo.
Concludo: non posso che esprimere tutta la mia allarmata perplessità dinanzi ad un inaccettabile baratto consistente nella imposizione del silenzio assoluto ad un condannato in cambio del mantenimento a valere su di esso del beneficio di espiare la pena con modalità diverse dalla detenzione.


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