LA DEMOCRAZIA,
GLI EUROCRATI E IL FATTORE G
DI DOMENICO CACOPARDO
La reazione di
Berlusconi e della sua Guardia, capeggiata da Renato Brunetta, è stata di
facciata: la questione golpe, infatti, era già emersa da tempo e le
recenti dichiarazioni dell’exsegretario al Tesoro americano, Thimoty Geithner
ne sono state la conferma ufficiale.
Il problema va
ben al di là del caso Berlusconi e del discusso ultimo suo mandato
presidenziale cessato nel 2011 e investe direttamente l’Unione europea e quel
Moloch che è la sua burocrazia. Occorrerebbe una reazione ferma delle
istituzioni italiane, a partire da Giorgio Napolitano, tuttavia protagonista
dietro le quinte nel delicato periodo del crollo della credibilità dell’Italia
e del suo debito pubblico.
Anche perché il
caso potrebbe ripetersi, e in qualche misura s’è ripetuto nei giorni
scorsi con il rialzo dello spread, causato in gran parte
dall’alleggerimento delle posizioni italiane in mano al sistema bancario
tedesco.
E, se le
sensazioni che circolano hanno qualche fondamento, anche Matteo Renzi non
incontra il sostegno reale dell’estabilshment comunitario. Renzi (con il
governo di pesi mosca, a parte Padoan, Poletti e Francheschini) come prima
Berlusconi, infatti, mette in discussione la politica dell’Unione non sotto il
profilo della eccessiva severità finanziaria, ma nel punto delicato
dell’assenza di reale solidarietà nei nostri confronti. E questo alzare la
testa non piace dopo i tempi di governanti italiani (da Amato a Ciampi a Prodi
e a Monti) totalmente proni alla volontà dell’euroburocrazia: sia sulle ragioni
di cambio lira-euro che su mille altri dossier in cui sono stati
sacrificati gli interessi italiani. Ultimo il singolare ping-pong di
dichiarazioni sulla questione immigrati che è esplosa in modo drammatico in
questi ultimi mesi: gran parte della ragione di essa va individuata nella
sconsiderata politica anglo-francese e americana nel Nord-Africa e in Medio
Oriente, per una democratizzazione che è andata, nella realtà, contro gli
interessi italiani (effetto voluto) e a favore del terrorismo qaedista.
Bene fa,
quindi, Renzi a tenere la schiena dritta a Bruxelles: non c’erano abituati, si
vede.
Per converso
c’è un elemento pratico nel cosiddetto golpe ed è l’inevitabile
avvitarsi su se stesso di Berlusconi, dalle gioiose corna al vertice Ue, sino
all’ultimo incontro di Nizza nel quale nessun capo di Stato ha accettato di
essere fotografato con lui.
Purtroppo, la
nostra democrazia è andata perdendo il senso della propria sostanza
istituzionale e delle proprie obbligazioni all’estero (riparleremo del raccapricciante
caso dei Marò) e in Italia: il voto palese su Genovese, dopo quello su
Berlusconi, sono una evidente violazione dei regolamenti, tesi a impedire che
sulle persone si voti in questo modo per
lasciare libertà di
coscienza ai
parlamentari che non debbono avere limiti di mandato, autodeterminandosi
secondo scienza e coscienza.
Questo atto di
abdicazione alla sostanza costituzionale, è stato perpetrato dal Pd per
difendersi dal fattore G, Grillo cioè, l’eversore fascistoide che sta, col suo
movimento-azienda personale condivisa con Goebbels-Casaleggio- giocando sulle
difficoltà degli italiani per un folle progetto politico. Se si fosse votato a
scrutinio segreto –era il pericolo tutt’altro che remoto- una parte consistente
dei grillini avrebbe votato “No” all’arresto, attribuendo quei voti al Pd, in modo
da consegnarlo a un immeritato (in questo caso) ludibrio popolare.
A braccia
incrociate la maggioranza del Pd, nella speranza di un insuccesso del partito
che travolgerebbe il boy-scout che lo guida con il governo, l’unica
difesa della democrazia parlamentare rimane proprio Renzi, la cui grande pecca,
in campagna elettorale, è l’insufficiente contestazione dei proponimenti
dell’ex-comico genovese. Ma anche qui, è il fato, direbbe Shakespeare, che ha
messo a capo dell’Italia una squadra di gente senza cultura né spessore
politico.
I prossimi
giorni (ormai poco più di una settimana) ci diranno di più.
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