2 mag 2014

la posta di Paolo Speciale

IL CULTO DELL'EMPIETA' di paolo Speciale
Intensi sono stati il calore e la passione con cui ha battuto le mani, insegno di solidarietà, una inquietante moltitudine di tutori dell'ordine ad alcuni colleghi già condannati con sentenza definitiva.
I giudici hanno accolto la tesi della “colposità” nel reato contestato ai protagonisti della triste vicenda del giovane Federico Aldrovandi.
Invero, non stupisce più di tanto l'ennesima inopportuna esternazione di sentimenti deviati, quale pratica attuazione di una ideologia viziata e corrotta che, anche per profonda ignoranza ed a causa di pubbliche selezioni e percorsi formativi poco accurati, determina la pericolosa confusione ontologica tra il mandato di servizio in favore dei cittadini ricevuto dalla stessa collettività con la facoltà –abuso di potere prevaricare su di essa stessa.
Fa riflettere la dilagante, rinnovata e talvolta feroce empietà che si impadronisce delle singole coscienze, cancellandole anche a posteriori dell'evento indotto e privandole dunque così anche del necessario -e diremmo naturale – pentimento.
La condivisibile espressione “nessuno tocchi Caino” - sempre che di Caino si tratti e non ci pare questo il caso - trova fondamento sulla sacralità e sulla assoluta intangibilità della vita umana, vista come diritto inalienabile secondo la più evoluta e civile accezione sociale, nonché come dono secondo quella prettamente religiosa.
In entrambe le intenzioni dovrebbe occupare un posto insostituibile la pietà, intesa come sentimento presente ed innato in ogni uomo, dono complementare alla virtù della carità troppo spesso represso.
Ma sempre più oramai si tende ad infierire con ogni mezzo sull'altro nella piena consapevolezza dell'essergli manifesto apporto di danno, talvolta anche fatale.
Pensiamo infatti stoltamente di poter decidere su ciò che non ci appartiene e di cui abbiamo solo il possesso, e lo facciamo nome di una autorità  che ci siamo autoconferiti, generata esclusivamente dal cattivo uso della libertà di cui disponiamo.

Di qui la negativa conseguenza social-contingente determinata dalla riprovevole azione di quella parte “ammalorata” dello Stato garante-tutore, che così finisce con il compiere, malgrado i comunicati ufficiali di condanna, la propria identificazione morale– impropria e paradossale - con il proprio violatore, agendo addirittura con metodi ancora più esecrabili di esso.

Nessun commento:

Posta un commento