In questo
contraddittorio avvio della nuova fase repubblicana, caratterizzato dalla conquista del potere da parte di un
giovanissimo leader come Matteo Renzi, ci sono vari spunti positivi per
il futuro del Paese, insieme a segnali preoccupanti sul personale di governo.
In positivo, va
sottolineato il rifiuto del metodo della concertazione, una specie di tabù che
aveva improntato l’azione del centro-sinistra e, in qualche modo, anche alcune
fasi dei governi Berlusconi.
Molti ricordano
l’esegesi della concertazione più volte effettuata dal quel presunto padre
della Patria che risponde al nome di Carlo Azeglio Ciampi, dopo una delle tante
ammucchiate di sindacati e governo nelle quali si decideva tutto e non si
realizzava nulla.
C’è un robusto
canapo che lega il metodo della concertazione ai peggiori vizi nazionali, primo
fra tutti quella corruzione di cui periodicamente esplodono gli epifenomeni. È
il canapo che, brutalmente, possiamo chiamare ricatto.
Tutto nasce
durante la prima Repubblica nella quale la Democrazia Cristiana presidiava il
governo e il Partito comunista il sindacato, la cooperazione rossa, oltre al
proprio elettorato e, strada facendo, una cintura di regioni rosse senza sì e
senza ma (Emilia Romagna, Umbria e Toscana). Accadeva, quindi, nel mezzo dello
scontro politico frontale, che l’Italia fosse impegnata nella realizzazione di
qualche grande opera, nella quale, secondo una proporzione definita, era
prevista la partecipazione delle cooperative di produzione e lavoro emiliane
(le altre, a quei tempi, non esistevano).
Con queste
intese sotto banco, venne realizzato il sistema autostradale e la ferrovia
veloce Firenze-Roma, voluta dal ministro Mariotti, un personaggio a torto
dimenticato, visto che fu anche l’autore della prima riforma sanitaria con
l’introduzione del Servizio sanitario nazionale.
In questo modo
vennero realizzate le autostrade siciliane, con un patto con il mondo cooperativo
dagli effetti devastanti sul medesimo Pci isolano. Tanto che Roma inviò Pio La
Torre con l’incarico di recidere i relativi sotterranei legami economici: e
questa, per chi sa, sarebbe la ragione del suo assassinio, a opera della mafia
fortemente interessata al sistema delle imprese di costruzione e, pertanto, ai
rapporti di alleanza con la medesima cooperazione.
Un grande sacco
avvenne dopo il terremoto di Napoli e della Campania del novembre 1980. Per la
gestione della ricostruzione, sindaco di Napoli Valenzi del Pci, si costituì un
tavolo informale al quale partecipavano Dc, Pci, Psi (che rappresentava anche
gli interessi del Psdi) e Pli. Questa cupola politica emerse chiaramente nelle
successive inchieste giudiziarie, risparmiando solo, pour cause, il Pci,
il cui leader locale, Bassolino, continuò a
imperversare indisturbato su Napoli e la Campania.
È in questi pactasceleris
che nasce la propensione generale a utilizzare la concertazione e il
consenso come occasioni di un ricatto surrettizio che allargò il proprio
perimetro mano a mano che entravano in scena nuovi soggetti, dai Verdi a tutti
gli altri. Ed è in questi pactasceleris che si fondano tante
relazioni illegali della seconda Repubblica, tanti accordi sottobanco tra la
destra e la sinistra, mediante il mondo della cooperazione.
Per uscirne,
occorre proseguire sulla strada delle autonome decisioni delineata da Matteo Renzi
e combattuta da tanta parte del Pd (lucro cessante) e da alcuni vegliardi autonominatisi protettori
dell’Italia.
Comunque, a
parte Renzi, il mondo va avanti e così va avanti la coscienza degli italiani:
sarà difficile tornare indietro riesumando le vecchie logore ipocrisie.
domenico Cacopardo
Nessun commento:
Posta un commento