4 ago 2014

UNA INTERESSANTE NOTA DI SARO NEIL VIZZINI IN ARMONIA CON IL PENSIERO E LO STUDIO DEL FORUM

"Lo Stato asociale" di saro neil vizzini


Intendiamoci subito facendo una distinzione fondamentale, che seppur prevista dalla Costituzione italiana è ampiamente passata di moda: una cosa è lo Stato, altra i partiti politici. Lo Stato di per sé non è nemico del cittadino. È stata la partitocrazia e il consociativismo a renderlo tale.

«Siamo entrati in una fase pre-Montesquieu», spiegava Leonardo Sciascia citando. La Costituzione di carta di Mario D’Antonio (Giuffrè Editore), «i tre poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario,ndr), che dovrebbero restare indipendenti, si sono riunificati nella partitocrazia. Cioè i partiti fanno le leggi, le fanno eseguire e le fanno giudicare. Quando c’è questo una democrazia non esiste più».
In parlamento, prosegue Sciascia nel video assemblato per YouTube, siedono 600 anime morte. Gente che non è mai intervenuta. E che forse neanche ha un punto di vista suo personale su quello che vota. Siamo dunque di fronte a una casta e ai suoi fantocci. La situazione peggiore per delegare loro una riforma istituzionale, ammesso e non concesso che questa sia cruciale per uscire dalla palude della crisi dove sempre loro ci hanno relegato e ci costringono a restare.
E la contingenza è delle peggiori. «La crisi incide sugli assetti sociali della popolazione e sul welfare pubblico. Il ceto medio risulta sempre più fragile, la disoccupazione giovanile ha assunto proporzioni insostenibili e le fasce più anziane della popolazione, vuoi per il prolungarsi della vita media, vuoi per la carenza delle strutture di supporto e per l’impossibilità di molte famiglie di farsene carico, necessitano di assistenza e protezione».
È il quadro, quanto mai preoccupante che emerge dal Rapporto “Un neo-welfare per l’Italia. Autoprotezione, mutualità e cooperazione”, edito da FrancoAngeli (240 pagine), e commissionato dalla società cooperativa assicurativa Assimoco a Ermeneia, Studi & Strategie di Sistema. Rapporto presentato lo scorso 14 maggio presso la Biblioteca della Camera dei Deputati nella Sala del Refettorio di Palazzo San Macuto a Roma. E che vuole essere uno strumento scientifico utile a chi desidera trovare risposte concrete per intraprendere un percorso che porti a un rinnovamento della fiducia e a nuove soluzioni di protezione sul piano sociale ed economico.
Il grande tema dunque, più di qualsiasi riforma elettorale o costituzionale, è la crisi dello Stato sociale. Ridotto in passivo dall’azione congiunta della corruzione e della speculazione sul debito degli Stati sovrani. Chi scrive, ad esempio, a 42 anni sapeva già che non avrà mai una pensione.
Un altro dato messo in luce dall’indagine e relativo al fatto che «esiste un doppio livello di consapevolezza nella popolazione che, da un lato, riconosce i segnali di un cambiamento profondo del ciclo di convivenza e, dall’altro, sottolinea la necessità di assumere maggiore responsabilità in tema di autoprotezione individuale, familiare e collettiva».
Il campione di popolazione intervistato (2000 questionari validi, raccolti attraverso un panel telematico, costituto da circa 1000 famiglie italiane, nel cui ambito hanno risposto i singoli individui da i 18 anni in su) registra in maniera significativa il passaggio di coesistenza che oggi stiamo vivendo e ciò emerge soprattutto considerando tre aspetti.
«Il primo riguarda i mutamenti profondi di ciclo che la crisi ha bruscamente accentuato: il 63,4% degli intervistati riconosce l’inversione di tendenza rispetto alle aspettative sociali, ossia è consapevole del fatto che il ciclo precedente si presentava all’insegna della crescita sempre e comunque (più lavoro, più reddito, più welfare pubblico), mentre quello attuale suscita aspettative contrarie (meno lavoro, meno reddito, meno welfare pubblico). Il secondo aspetto riguarda la diffusa necessità di porre maggiore attenzione agli aspetti relazionali e alla solidarietà delle persone (49,5% di consensi), mentre il mood relativo al precedente ciclo vedeva il prevalere di spinte individualistiche. Il terzo aspetto è relativo a quel 54% degli intervistati che ammette che l’attuale situazione economica problematica ricorda come ogni generazione debba affrontare la discontinuità  delle condizioni  di vita rispetto alle  generazioni precedenti e questo deve servire a trovare modalità diverse di vivere che sfidano il modo di pensare degli italiani, il modo di agire e di fare progetti per il futuro».
E se in Italia la questione è particolarmente sentita, per entrambi i motivi che l’hanno determinata, anche all’estero non è da meno. Il Rapporto infatti analizza la situazione in Germania, dove di recente è stata abbassata l’età pensionabile. Mentre negli Stati Uniti d’America fa ancora discute il passaggio dalla sanità privata a quella pubblica con il programma Obamacare.
Tante le domande e i dubbi che assillano cittadini, tecnici e politici attenti ai mutamenti sociali (invero pochi): lo Stato è ancora in grado di sopportare i costi di un welfare organizzato ancora come ai tempi della rivoluzione industriale? Quale modello adottare invece? E ancora: ci si può fidare delle imprese private nell’espletamento di questi servizi pubblici? O si rischia ancora un darwinismo sociale come quello determinato dalle assicurazioni sanitarie private in America?
Proprio il Rapporto Assimoco sottolinea come «un’organizzazione economica moderna non può più operare senza la consapevolezza di trovarsi di fronte a un consumatore che è al contempo un cittadino e che chiede a voce sempre più alta un’impresa che sia economica, ma anche civica».
Un fenomeno che esiste già e che è chiamato Corporate Social Responsibility (responsabilità sociale d’impresa), in forza dei cui principi di solidarietà molte aziende, di ogni settore merceologico, che finanziano progetti sociali d’ogni genere (scuola, ambiente, assistenza, sanità, ecc.). E se i più critici dicono che lo fanno solo per un fatto d’immagine e reputazione e per lo stesso motivo che funzionano.
Ma una cosa è un progetto filantropico altro gestire la previdenza o l’assistenza infortuni di un’intera nazione. Per cui è necessario coniugare al meglio profitto e responsabilità sociale. Ed è qui che entra in gioco un patrimonio tutto italiano: le cooperative. Tema a cui dovrebbe essere sensibile l’attuale Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, che proprio da quel mondo arriva.
Il Governo italiano sostiene però che per uscire dalla crisi è necessario modificare la Costituzione, rendere il Senato non elettivo e introdurre una legge elettorale identica a quella bocciata dalla Corte Costituzionale solo sei mesi fa. Strano che in quell’America che tanto piace ai democratici italiani in quasi 250 anni non hanno mai pensato di cambiare la Costituzione, eppure di crisi ce ne sono state.
s.n. Vizzini



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