"Lo Stato asociale" di saro neil vizzini
Intendiamoci subito facendo una distinzione fondamentale, che seppur prevista dalla Costituzione italiana è ampiamente passata di moda: una cosa è lo Stato, altra i partiti politici. Lo Stato di per sé non è nemico del cittadino. È stata la partitocrazia e il consociativismo a renderlo tale.
«Siamo
entrati in una fase pre-Montesquieu», spiegava Leonardo Sciascia
citando. La
Costituzione di carta di
Mario D’Antonio (Giuffrè Editore), «i tre poteri (legislativo,
esecutivo e giudiziario,ndr),
che dovrebbero restare indipendenti, si sono riunificati nella
partitocrazia. Cioè i partiti fanno le leggi, le fanno eseguire e le
fanno giudicare. Quando c’è questo una democrazia non esiste più».
In
parlamento, prosegue Sciascia nel video assemblato per YouTube,
siedono 600 anime morte. Gente che non è mai intervenuta. E che
forse neanche ha un punto di vista suo personale su quello che vota.
Siamo dunque di fronte a una casta e ai suoi fantocci. La situazione
peggiore per delegare loro una riforma istituzionale, ammesso e non
concesso che questa sia cruciale per uscire dalla palude della crisi
dove sempre loro ci hanno relegato e ci costringono a restare.
E
la contingenza è delle peggiori. «La crisi incide sugli assetti
sociali della popolazione e sul welfare pubblico. Il ceto medio
risulta sempre più fragile, la disoccupazione giovanile ha assunto
proporzioni insostenibili e le fasce più anziane della popolazione,
vuoi per il prolungarsi della vita media, vuoi per la carenza delle
strutture di supporto e per l’impossibilità di molte famiglie di
farsene carico, necessitano di assistenza e protezione».
È
il quadro, quanto mai preoccupante che emerge dal Rapporto “Un
neo-welfare per l’Italia. Autoprotezione, mutualità e
cooperazione”, edito da FrancoAngeli (240 pagine), e commissionato
dalla società cooperativa assicurativa Assimoco a Ermeneia, Studi &
Strategie di Sistema. Rapporto presentato lo scorso 14 maggio presso
la Biblioteca della Camera dei Deputati nella Sala del Refettorio di
Palazzo San Macuto a Roma. E che vuole essere uno strumento
scientifico utile a chi desidera trovare risposte concrete per
intraprendere un percorso che porti a un rinnovamento della fiducia e
a nuove soluzioni di protezione sul piano sociale ed economico.
Il
grande tema dunque, più di qualsiasi riforma elettorale o
costituzionale, è la crisi dello Stato sociale. Ridotto in passivo
dall’azione congiunta della corruzione e della speculazione sul
debito degli Stati sovrani. Chi scrive, ad esempio, a 42 anni sapeva
già che non avrà mai una pensione.
Un
altro dato messo in luce dall’indagine e relativo al fatto che
«esiste un doppio livello di consapevolezza nella popolazione che,
da un lato, riconosce i segnali di un cambiamento profondo del ciclo
di convivenza e, dall’altro, sottolinea la necessità di assumere
maggiore responsabilità in tema di autoprotezione individuale,
familiare e collettiva».
Il
campione di popolazione intervistato (2000 questionari validi,
raccolti attraverso un panel telematico, costituto da circa 1000
famiglie italiane, nel cui ambito hanno risposto i singoli individui
da i 18 anni in su) registra in maniera significativa il passaggio di
coesistenza che oggi stiamo vivendo e ciò emerge soprattutto
considerando tre aspetti.
«Il
primo riguarda i mutamenti profondi di ciclo che la crisi ha
bruscamente accentuato: il 63,4% degli intervistati riconosce
l’inversione di tendenza rispetto alle aspettative sociali, ossia è
consapevole del fatto che il ciclo precedente si presentava
all’insegna della crescita sempre e comunque (più lavoro, più
reddito, più welfare pubblico), mentre quello attuale suscita
aspettative contrarie (meno lavoro, meno reddito, meno welfare
pubblico). Il secondo aspetto riguarda la diffusa necessità di porre
maggiore attenzione agli aspetti relazionali e alla solidarietà
delle persone (49,5% di consensi), mentre il mood relativo al
precedente ciclo vedeva il prevalere di spinte individualistiche. Il
terzo aspetto è relativo a quel 54% degli intervistati che ammette
che l’attuale situazione economica problematica ricorda come ogni
generazione debba affrontare la discontinuità delle
condizioni di vita rispetto alle generazioni precedenti e
questo deve servire a trovare modalità diverse di vivere che sfidano
il modo di pensare degli italiani, il modo di agire e di fare
progetti per il futuro».
E
se in Italia la questione è particolarmente sentita, per entrambi i
motivi che l’hanno determinata, anche all’estero non è da meno.
Il Rapporto infatti analizza la situazione in Germania, dove di
recente è stata abbassata l’età pensionabile. Mentre negli Stati
Uniti d’America fa ancora discute il passaggio dalla sanità
privata a quella pubblica con il programma Obamacare.
Tante
le domande e i dubbi che assillano cittadini, tecnici e politici
attenti ai mutamenti sociali (invero pochi): lo Stato è ancora in
grado di sopportare i costi di un welfare organizzato ancora come ai
tempi della rivoluzione industriale? Quale modello adottare invece? E
ancora: ci si può fidare delle imprese private nell’espletamento
di questi servizi pubblici? O si rischia ancora un darwinismo sociale
come quello determinato dalle assicurazioni sanitarie private in
America?
Proprio
il Rapporto Assimoco sottolinea come «un’organizzazione economica
moderna non può più operare senza la consapevolezza di trovarsi di
fronte a un consumatore che è al contempo un cittadino e che chiede
a voce sempre più alta un’impresa che sia economica, ma anche
civica».
Un
fenomeno che esiste già e che è chiamato Corporate Social
Responsibility (responsabilità sociale d’impresa), in forza dei
cui principi di solidarietà molte aziende, di ogni settore
merceologico, che finanziano progetti sociali d’ogni genere
(scuola, ambiente, assistenza, sanità, ecc.). E se i più critici
dicono che lo fanno solo per un fatto d’immagine e reputazione e
per lo stesso motivo che funzionano.
Ma
una cosa è un progetto filantropico altro gestire la previdenza o
l’assistenza infortuni di un’intera nazione. Per cui è
necessario coniugare al meglio profitto e responsabilità sociale. Ed
è qui che entra in gioco un patrimonio tutto italiano: le
cooperative. Tema a cui dovrebbe essere sensibile l’attuale
Ministro del Lavoro, Giuliano
Poletti,
che proprio da quel mondo arriva.
Il
Governo italiano sostiene però che per uscire dalla crisi è
necessario modificare la Costituzione, rendere il Senato non elettivo
e introdurre una legge elettorale identica a quella bocciata dalla
Corte Costituzionale solo sei mesi fa. Strano che in quell’America
che tanto piace ai democratici italiani in quasi 250 anni non hanno
mai pensato di cambiare la Costituzione, eppure di crisi ce ne sono
state.
s.n. Vizzini
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