di vincenzo cacopardo
Si parla oggi dell'articolo 18 facendone una questione di estrema importanza e guardandone solo un aspetto slegato da una primaria importanza relativa all'impresa: Se è vero che il lavoratore dipendente deve avere le proprie garanzie al fine di non pagare il prezzo altissimo della perdita del suo lavoro, riesce ancora più difficile pensare che un magistrato possa decidere sulle decisioni di una impresa che affronta la sua rischiosa avventura. In ogni iniziativa industriale vi è la possibilità che si verifichino fatti negativi... che non vi siano gli esiti voluti e si è costretti a subire eventi negativi...Questa è la sfera in cui è rinchiuso il “rischio”!
Si parla oggi dell'articolo 18 facendone una questione di estrema importanza e guardandone solo un aspetto slegato da una primaria importanza relativa all'impresa: Se è vero che il lavoratore dipendente deve avere le proprie garanzie al fine di non pagare il prezzo altissimo della perdita del suo lavoro, riesce ancora più difficile pensare che un magistrato possa decidere sulle decisioni di una impresa che affronta la sua rischiosa avventura. In ogni iniziativa industriale vi è la possibilità che si verifichino fatti negativi... che non vi siano gli esiti voluti e si è costretti a subire eventi negativi...Questa è la sfera in cui è rinchiuso il “rischio”!
All'impresa
ed all'imprenditore appartiene il “rischio”: il rischio di
intraprendere, di investire capitali, di mettere in produzione il
suo prodotto derivante da un'idea. Se questo rischio ha un motivo di
esistere in un'attività industriale..lo stesso dovrebbe ammettersi
nella scelta di chi deve collaborarvi per il lavoro da svolgere e
cioè... sia che essi siano operai o impiegati di concetto o persino
dirigenti....La scelta di costoro è inevitabilmente connessa ad un
rischio oltre che alla loro opera.
Ora
...se si ammette che chi vuole intraprendere una iniziativa
industriale.. sta rischiando..dovrebbe di conseguenza ammettersi che
la scelta del suo personale collaborativo è un altro rischio e deve
potersi operare con estrema libertà e senza vincoli
particolari...Libertà di operare sui prodotti, ma anche la libertà di una
scelta collaborativa più libera..
Il
datore di lavoro, quindi, rischia anche nella scelta del
collaboratore...alla stessa maniera di come il collaboratore rischia
nella sua permanenza nell'attività lavorativa. La flessibilità
rimane, perciò, la base per poter affrontare ogni iniziativa.. il
cui genere.. comporta continui rischi. La scelta dei collaboratori
(operai o impiegati che siano) deve poter restare libera nella scelta
qualitativa e nell'impegno temporale poiché connessa all'azzardo che
l'impresa affronta.
Da
parte di chi collabora per l'iniziativa si vuole però una sicurezza
al fine di non ritrovarsi senza un lavoro ed alcuna fonte di
retribuzione....certezza oggi impossibile da garantire proprio perchè
connaturata al “rischio” che l'impresa oggi corre..ancor più che
nel passato. D'altronde anche il datore di lavoro.. se fallisse.. non
avrebbe alcuna certezza sul suo futuro..anzi verrebbe sommerso da
pignoramenti e persino rischiare di finire in galera. L'unica via in
tal senso, per rendere più forza e responsabilità ad ambedue,
potrebbe solo essere quella che lega l'impiegato al datore in
un'opera di collaborazione che renda ad ambedue vantaggi economici
relativi ai risultati della stessa azienda.
Una
via difficile da trovare... se non attraverso un'attenta ricerca che
possa offrire vantaggi economici di collaborazione, ma mai sicure
garanzie temporali di lavoro a fronte degli evidenti rischi.
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