3 ott 2014

una chiosa sulle "cicale italiane e quelle francesi" di domenico Cacopardo



LE CICALE ITALIANE E QUELLE FRANCESI
La tentazione di Renzi sembra quella di accodarsi alla Francia nel chiedere flessibilità per il bilancio 2015 e seguenti. Una tentazione diabolica per un cattolico praticante (sempre Renzi) che si batte il petto tutte le domeniche.

È come recarsi alle corse dei cavalli e puntare sul perdente. 

Una follia.

Quando è cominciata l’avventura presidenziale di Renzi, l’abbiamo scritto con insistenza: era necessario creare un fronte dei paesi per i quali necessitano misure speciali di sostegno, in modo che la Merxel e l’Europa fossero costretti a trattare. Invece no. A Bruxelles il nostro «boy-scout» s’è pavoneggiato di un’intesa, tutta da verificare, con la cancelliera tedesca e ha inciso come può incidere un piccolo moscerino sulla pelle di un cavallo da tiro.

Quando s’è trattato di discutere gli incarichi nella Commissione si è autolimitato designando l’inesistente Mogherini che, in quanto tale, è stata accettata dopo qualche piccolo mal di pancia.

Se Moscovici, commissario francese agli affari economici, mette le mani avanti evocando le difficoltà che incontrerà sul dossier francese, figuriamoci la nostra commissaria (alta) alla politica estera e di sicurezza.

Dobbiamo confessare che, leggendo i triboli della Francia, abbiamo pensato ai risolini a proposito dell’Italia (dell’Italia, non di Berlusconi) del duo Sarkozy-Merkel in una famosa conferenza stampa e non ci siamo dispiaciuti delle difficoltà transalpine. 

Si tratta di «mal italiano», cioè dell’assenza delle riforme liberamente convenute in sede europea con l’approvazione del «Fiscal compact» e delle conseguenti direttive.

La cura francese aggraverà la malattia, visto che si pensa di combattere la recessione con deficit ben al di fuori del 3% tabellare. 

Ecco, l’inesperienza e la supponenza potrebbero condurre Matteo Renzi sulla strada del disastro. Il sistema di dichiarare «fatte» le riforme approvate, anche in semplice cartellina, dal consiglio dei ministri è ormai al capolinea. La legge di stabilità metterà una parola definitiva, almeno per il 2015, alle evoluzioni verbali del nostro «premier»: certo, nell’attuale situazione, sarà difficile che l’Unione nomini tre commissari (la Troika) per governare il risanamento delle finanze pubbliche italiane e per aggredire il debito pubblico. La soluzione che sembra consolidarsi nei corridoi di Palazzo Berlaymont (sede dell’UE), in vista dell’insediamento della nuova commissione, consiste in un cronoprogramma vincolante di riforme (definite nei loro contenuti minimi, in modo che il teatrino dell’art. 18 non possa più ripetersi). Rispetto a esso, il governo e il Parlamento italiani hanno solo il compito di procedere con rapidità effettiva, trasformando in modo sostanziale la struttura socio-economica della Nazione. Il mercato «tout-court», cioè la concorrenza vera, le strutture pubbliche, protette e deficitarie, il welfare, la sanità, l’idrovora regioni. Insomma un’azione seria condotta a tamburo battente, pena, appunto, il ricorso ai commissari.

Saranno capaci questo governo e questo Parlamento di affrontare e vincere la sfida? C’è da dubitarne, visto il livello e, soprattutto, i condizionamenti di un passato che non ci si decide a seppellire.

La verità vera è che, comunque, fra breve il passo cambierà. Resta da capire chi sarà protagonista del cambiamento, dato che le cicale politiche italiane risultano, sin qui, incapaci di trasformarsi in formiche.



E' proprio l’inesperienza mista con la supponenza, come giustamente scrive Domenico, che potrebbero condurre Matteo Renzi sulla strada del disastro.... 

Il suo sproloquiare in inglese dinanzi all'Europa sulle riforme..dichiarandole come fatte ed invece tutte ancora da attuare e definire, commuove... e mette anche tanta tristezza ai tanti che vivono dentro le istituzioni dell'economia e della politica, poiché lo fa apparire sempre più un millantatore che persevera nel vendere ancora fumo al paese ed all'Europa. Siamo al massimo dell' ipocrisia politica..dove tutto rimane ingannevole ed ogni strategia si costruisce senza alcun ritegno. 
L'apparenza è sempre stato il suo forte, le chiacchiere aumentano e, malgrado il suo inglese particolare (più ostentato che conosciuto) il sindaco d'Italia, col suo fare da accentratore, rischia di portare il Paese al baratro. (Renzi dovrebbe almeno immedesimarsi nell'esprimersi con maggior impegno e dedizione nella propria lingua anche in zona Europea.. imponendola come nobile ed antica valenza di un Paese..in cui la propria storia e la cultura.. ancora contano).

Infine, dopo così tanto tempo, rimane quasi superflua la domanda se riuscirà a farcela...almenochè non gli diano la possibilità di sforare i parametri del 3%..In tal caso..molte delle cicale ritorneranno e lo sproloquiare del Premier aumenterà. 
vincenzo cacopardo







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