20 nov 2014

CSM.. Politica e potere..

Costanti anomalie
di vincenzo cacopardo
Qualcuno ha reagito male alle proposte avanzate da alcuni ministri..di intervenire con maggior forza sulla responsabilità dei giudici...La censura da parte dell'Organo è stata sempre netta anche in un momento storico, come quello odierno, in cui lo stesso operato del Consiglio Superiore è continamente messo in discussione.

Il tema della responsabilità dei giudici è rimasto da tempo fermo al palo ..non avendo avuto mai un percorso deciso. La magistratura, attraverso il CSM rappresenta un organo di autogoverno..una prerogativa non di poco conto. La sua posizione di indipendenza.. potrebbe però essere messa in dubbio..giacchè la regolarità della sua composizione, compromessa da una lottizzazione partitica, pone con urgenza non solo il problema della riforma della responsabilità civile, ma della stessa validità dell' Organo.

Nel passato..i padri costituenti italiani, abituati a vedere i giudici sottoposti ad un governo ampio (ingresso, carriera, progressione, incarichi, attribuzione di funzioni etc) pensarono che il miglior modo per assicurare la indipendenza della magistratura, fosse quello di togliere questo governo al Potere esecutivo per affidarlo agli stessi giudici. A tal fine crearono il Consiglio Superiore della Magistratura. Un Organo composto in maggioranza da membri giudici eletti dagli stessi, con una minoranza di membri politici. Non considerarono, però, la particolare struttura del Potere giudiziario, né ebbero presente che questa struttura sarebbe stata essenziale per il vero bene che si voleva difendere, che è e sarà sempre l’indipendenza del giudizio.

L’equivoco sembra proprio essere quello che, il giudice, a causa della delicatezza del suo compito e per poterlo svolgere in modo realmente indipendente, ciò che rifiuta è proprio un governo senz’altro, tanto che sia in mano all’esecutivo o in mano a qualsiasi altro organo. Pertanto forse la strada da seguire sarebbe dovuta essere, non quella di togliere il governo della Magistratura al Potere esecutivo, ma quella di ridurre al minimo la necessità di governo dei giudici... facendo il possibile per regolare a mezzo della legge la loro carriera.

Potremmo affermare che nelle mani del Potere esecutivo si mette una forza materiale, mentre al giudice si pone soltanto forza ed autorità morale. La forza di chi sa quanto sia essenziale la sua funzione in democrazia. Quanto più profondo è detto convincimento generale, tanto maggiore sarà la forza morale del giudice in quanto egli non ha una forza propria, ma una forza che gli viene attribuita. Proprio per tali motivi il giudice non potrà mai illudersi di potersi confrontare con gli altri poteri dello Stato o di potere risolvere da solo il problema della sua indipendenza, poiché detta indipendenza rappresenta un bene prezioso per il cittadino, più che per il giudice stesso.

Detto questo... è poco immaginabile poter risolvere questa problematica sul piano di una certa deontologia politico democratica.. senza prima analizzare a fondo i motivi che ne provocano l'ostacolo: Una logica motivazione che la magistratura replica (in modo quasi naturale) alla classe politica che contesta in modo significativo i conflitti e gli interessi che potrebbero sorgere in seno ad un ordine giudiziario “politicizzato” dal CSM.

Rimane costantemente indecisa la posizione assai compromessa del politico, il quale non risovendo il proprio conflitto.. non potrà mai essere in grado di porre limitazioni ad un Organo indipendente voluto dalla Carta Costituzionale, se non accentuando principi assoluti che si discostano dai veri valori di una democrazia: Se deve essere chiara e definita l'indipendenza del giudizio..dovrebbe essere chiaro anche il posizionamento del politico che opera per fare le leggi. Se il valore che si vuole proteggere è quello dell'indipendenza ..anche il politico non potrà mai rendersi indipendente e libero.. se costretto ad operare contemporaneamente per costruire le normative e metterle in atto condizionato da un potere governativo. Non è difficile immaginare che un altro politico, in ruolo esecutivo, potrebbe esercitare un particolare potere agendo in modo dubbio sull’obbiettivo pensiero del singolo parlamentare, nella identica maniera con cui il magistrato requirente potrebbe influenzare il pensiero del giudice.

Tale motivo è di per se sufficiente ad individuare una ulteriore anomalia anche rispetto ad una Costituzione che, da un lato vorrebbe identificare due poteri con ruoli ben diversi (esecutivo e parlamentare) e dal l'altro, non pone sufficienti e chiare limitazioni a questa separazione di compiti, destinando, in modo troppo sintetico, la guida e l’indirizzo della politica dello Stato all’esecutivo.
nemo potest duobus dominis servire” ..dove “dominis” è oggi  inteso come “potere”


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