23 dic 2014

IL BILANCIO DI UN PRESIDENTE DISCUSSO



Sul bilancio del quasi novennio del nostro presidente della Repubblica Domenico Cacopardo scrive: 

"Nei prossimi giorni, Giorgio Napolitano lascerà la carica di presidente della Repubblica. Gli occhi si appunteranno su Montecitorio, luogo del collegio elettorale (deputati, senatori, rappresentanti delle regioni e delle provincie autonome) che procederà alla elezione del successore.

È tempo per qualche considerazione conclusiva sul suo mandato, per la prima volta duplice, dato che il 20 aprile del 2013, dopo alcuni tentativi andati a vuoto, è stato ricondotto al Quirinale.

Sembrerà banale ricordarlo, ma Napolitano viene dopo un presidente interventista e manovriero bel al di là dei limiti costituzionali come Oscar Luigi Scalfaro, e dopo un mediocre uomo di banca come Carlo Azeglio Ciampi. 
2006: lo stato della Patria è critico. Le elezioni appena svoltesi non hanno dato un vincitore certo, anche se Romano Prodi ha dichiarato di esserlo. L’instabilità è, quindi, la cifra specifica con cui inizia il mandato presidenziale. Caratterizzerà tutti gli otto anni e mezzo successivi.
Il governo Prodi cade per rapida consunzione del 2008. 
Nuove elezioni danno la maggioranza a Berlusconi, ma ben presto proprie personali incapacità e interventi anomali (un vero e proprio ultimatum di Trichet, presidente della Bce, controfirmato da Draghi, governatore della Banca d’Italia, una sorta di golpe delle autorità finanziarie) spengono la vita del suo governo. L’Italia è colpita dalla speculazione internazionale («spread» Italia-Germania oltre i 500 punti) e dallo sbandamento dei partiti, incapaci di convenire su una qualsiasi piattaforma difensiva. 
Napolitano, forse indotto da autorevoli suggerimenti (Angela Merkel?), nomina presidente del consiglio Mario Monti, un professore di economia, beneficiato da un’inattesa designazione a senatore a vita, alla testa di un governo tecnico. L’Italia è commissariata, visti i precedenti da euroburocrate del «premier». Infatti, nel giro di pochi mesi, firma il Fiscal Compact (l’accordo europeo che stringe i paesi in difficoltà in una camicia di ferro di rigore, la cui più evidente espressione è l’impegno di ridurre il debito pubblico al 60% del Pil in vent’anni) e ottiene l’introduzione in Costituzione dell’obbligo di pareggio del bilancio. I partiti, senza bussola politica, approvano tutto.
Anche le nuove elezioni del 2013 si concludono senza una maggioranza definita. Qui, il ruolo del Quirinale è ancora più evidente: dopo alcuni maldestri tentativi di Bersani, emerge l’impossibilità di una maggioranza coerente. 
Napolitano promuove un accordo sinistra-destra e nomina presidente del consiglio Enrico Letta. Nasce un gabinetto debole e incerto, in cui le accertate qualità del primo ministro non riescono ad affermarsi, mentre tutte le sue indecisioni e incertezze pesano come macigni sul Paese.
In casa Pd, emerge un giovanissimo leader, Renzi, che, preso il partito, il 22 febbraio 2014 conquista la «premiership». Questi i tormenti degli ultimi otto anni. A essi Napolitano ha risposto con un interventismo ben oltre la Costituzione, ma ben dentro le emergenze della Nazione, cercando di scongiurare un ulteriore degrado, in fondo al quale c’è un baratro oscuro. Com’è naturale, molte voci critiche si sono levate in tante occasioni. Soprattutto riguardo alle interferenze sui nomi dei ministri. 

Oggi, però, alla vigilia di un difficile confronto parlamentare per l’elezione di un nuovo presidente, è meglio accantonarle. Se siamo ancora qui, vivi e vegeti, anche se variamente ammaccati, gran parte del merito va riconosciuto proprio a lui, a Giorgio Napolitano: non un figurante della Storia, ma un protagonista."
domenico cacopardo


Ho sempre difeso l'operato del nostro anziano Presidente e gli riconosco meriti, oltre che di pazienza, di un equilibrio non comune. E' vero che si sia trovato a dover fare i conti con una politica degenerativa e spesso insensibile alle funzioni spettanti, ma è anche vero che è stato costretto a sopperirvi attraverso manovre non comuni alle logiche che legano il compito di un capo dello Stato della nostra Nazione a doveri costituzionali oggi non facili da seguire...Ciò è stato dovuto ad un cambiamento che non ha ancora trovato libero sfogo nel percorso delle regole istituzionali. 

Sicuramente il nostro Presidente è riuscito a venirne fuori se pur condizionato da una presenza vincolante di una comunità europea sempre più presente nell'economia del nostro Paese e che ormai pare lasciare pochissimo spazio a manovre personali. Non possiamo tuttavia dimenticare quando...nel passato, non avendo la politica trovato alternative alla sua figura, il Presidente abbia dato la piena disponibilità al rinnovo del suo mandato a condizioni che si desse sfogo ad un'azione di rinnovamento efficace. Ma oggi la sua esigenza di abbandono sembra persino spinta da una visione politica generale che pare non avere certezze su un possibile cambiamento. 

Napolitato ha sempre sperato in una responsabilità diretta dei Partiti verso un rinnovamento guidato dal giovane premier Renzi.. indicando limiti e le condizioni persino temporali...ma le incertezze ogni giorno crescono..soprattutto quelle temporali! Ci sono state ragioni di opportunità politica da parte di Napolitano nell'aver aperto una strada larga al premier Renzi, ma anche motivi di preoccupazione per una certa condotta che lo stesso sindaco d'Italia ha continuato a dimostrare su alcune procedure frettolose ed irriguardose e sulle spregiudicata comunicazione ricca di tante promesse. Sono certo che il nostro Presidente si sia spesso sentito in grande disagio. 

Un protagonista di sicuro.. malgrado non abbia mai voluto esserlo , ma anche una figura che resterà nella storia come un Capo dello Stato assai discusso.

Non v'è dubbio che l'abbandono da parte del Capo dello Stato...porterà nel prossimo futuro cambiamenti di rotte e derive non facili che si aggiungeranno alle già disperate difficoltà del paese...Quali nuovi scenari si apriranno alla politica?
vincenzo cacopardo

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