LO SCEMO DEL VILLAGGIO
Di questi tempi essere scemi non è condizione indispensabile per fare politica, ma aiuta molto. Così è stato raccontato, soprattutto negli Stati Uniti, il privilegio del mediocre, di colui che, non avendo idee né spiccata personalità, alla fine risulta il preferito da un elettorato che non cerca un governante ma un suo simile.
Da noi, è evidente, in questo senso, la testimonianza del Movimento 5 Stelle che ha portato in Parlamento gente che della mediocrità è l’espressione più autentica. Ma non sono da meno gli altri partiti, a cominciare dal Pd.
Non parliamo del presidente del consiglio anche se comincia a mostrare la corda dei suoi limiti, interni e internazionali. La chiamata di Andrea Guerra è un fatto positivo. Ma solo gli appuntamenti delle prossime settimane ci diranno quale sia la vera caratura di Renzi e, soprattutto, se sia capace di arrestare la marcia di avvicinamento all’Argentina, di cui ogni giorno si scorgono i preoccupanti sintomi.
Certo la colpa non è di Renzi, visto il contributo determinante di gente come Berlusconi e Prodi e ora Camusso e Landini.
Ma che, nonostante tutto, essere, politicamente, scemi vada di moda lo dimostrano gli episodi di queste ultime ore.
Il presidente della Regione Toscana Rossi (uno di quelli che non si era accorto di nulla quando Mussari imperava nella sua Toscana) si è fatto fotografare con una famiglia rom. È poi risultato che la stessa vivrebbe in un appartamento fornitole e pagatole da una Onlus, con soldi ricevuti dalla regione medesima di Rossi (quindi dai contribuenti italiani) e che i piccoli di famiglia sarebbero stati ripetutamente colti nell’esercizio dell’accattonaggio. Sono portato a credere che queste notizie siano vere, conoscendo molti casi simili.
In una Nazione regolata dalla legge (anche in Italia) i genitori di tale progenie sarebbero privati (dal giudice) della patria potestà e processati per sfruttamento di minori. In un Paese mite come l’Italia, il maresciallo comandante della stazione dei Carabinieri di Campo de’ Fiori, a Roma, vede continuamente ricomparire e tornare a delinquere i piccoli rom fermati per l’assalto di squadra agli anziani che fanno la spesa nel mercato e riportati nei campi dove vivono i genitori.
Prima di celebrare questa mitezza sarebbe il caso di ascoltare cos’hanno da dire in proposito i derubati e gli assaltati.
Non c’è nessuna intenzione razzista in queste constatazioni: la realtà va vista per quello che è, non con gli occhi molto interessati dei cosiddetti operatori (più o meno umanitari).
Rossi, presidente della Toscana, si bea in questo genere di compagnia foraggiata per lo più da gente che non è suo elettore. E mostra un razzismo subliminale, comportandosi come gli esploratori ottocenteschi Livingstone e Stanley che, a loro volta, si beavano di mostrarsi in compagnia dei «selvaggi» dell’Africa nera.
Quanto a sciocchezza, non è da meno il sottosegretario Faraone che, dopo una breve eclissi per qualche notizia paragiudiziaria proveniente da Palermo, è stato catapultato al ministero della pubblica istruzione: qui ha trovato modo di celebrare l’elogio dell’occupazione delle scuole medie superiori e degli studenti che le occupano.
Ignora proprio questo Faraone che in tutto il mondo l’insegnamento si sta facendo più duro e più serio e che una delle componenti del nostro disastro è l’insufficienza del sistema scolastico (fatto più per gli insegnanti che per gli scolari) a confronto con la concorrenza europea ed extraeuropea. Si faccia redigere (senza spendere i soldi di un viaggio e utilizzando quelli, troppi, che vengono erogati al nostro personale all’estero) un rapporto sulla pubblica istruzione dal nostro ambasciatore in Polonia, per esempio.
Apprenderà, se ne sarà capace, come funziona un sistema scolastico dei nostri giorni votato a rendere i giovani di quel Paese capaci di competere con tedeschi, indiani, cinesi, russi e americani. E si renderà conto che è meglio tacere e passare per insensibili che parlare e passare per cretini.
Domenico Cacopardo
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