Come il lupo che perde il pelo, ma non il vizio, «in articulo mortis» (in senso politico, s’intende), Giorgio Napolitano intenderebbe manovrare governo e Parlamento per ottenere l’elezione del candidato preferito alla propria successione. Si tratta di Giuliano Amato (76) attualmente giudice costituzionale (di nomina presidenziale) dopo essere stato: consigliere giuridico di Antonio Giolitti, ministro del bilancio, consigliere di Bettino Craxi al ritorno da un periodo di insegnamento alla Georgetown University (gesuiti) di Washington, deputato, sottosegretario alla presidenza del consiglio di Craxi, ministro del tesoro (Goria e De Mita), presidente del consiglio (1992-1993), ministro delle riforme istituzionali e, poi, ministro del tesoro (D’Alema) e presidente del consiglio. È stato presidente dell’Antitrust e dell’Aspen Institute.
Il più «insider» (prima e seconda Repubblica) di tutti i possibili candidati. Il contrario di ciò che s’intende per rinnovamento da quando mondo è mondo.
Tuttavia, occorre riconoscergli un servizio dello Stato senza ombre speciali, salvo l’assenza di uno specifico spessore e di una specifica tenuta ogni volta che il termometro della temperatura politica è salito di qualche grado. Di fronte alla fermezza usata dopo il crollo della lira (Ciampi governatore della Banca d’Italia, estate 1992, che sbaglia clamorosamente impegnandosi in una insostenibile difesa del cambio) con un pacchetto di misure economico-finanziarie che impedirono il default dello Stato, ci sono state tante altre circostanze in cui, il cedimento è stata la cifra specifica della sua azione di governo. Pensiamo al valore emblematico di quanto accaduto col decreto Conso, ritirato per le pressioni di Scalfaro, intimidito dalla squadra di Borrelli, della sua fuga dal Psi, che avrebbe potuto ‘salvare’, dell’incredibile adesione al movimento di Mario Segni (Il patto per l’Italia) e di alcune indecisioni e incertezze di difficile apprezzamento che nell’azione quotidiana ha manifestato.
Non c’è, però, dubbio che il successo della presidenza Craxi è in gran parte dovuto alla sua sagacia giuridica che implementava e realizzava il senso politico del «premier».
Con Craxi, è stato colui che ha approfondito il «dossier» Sme/Prodi-De Benedetti, definendo i contenuti legali della presa di posizione che impedì che la vendita (per 350 miliardi di lire) dell’importantissima finanziaria Iri, per la quale il Comitato per la politica industriale (CIPI) aveva stanziato i soldi necessari al risanamento stabilendo, per dopo, una vendita ‘spezzettata’.
Come vicepresidente della convenzione incaricata di scrivere la nuova Costituzione europea (poi bocciata e mai entrata in vigore) ha contribuito a definire un documento di compromesso che, comunque, avrebbe rappresentato un passo avanti nel processo di integrazione.
Fa però male, molto male, Napolitano a sponsorizzare l’elezione di un successore. Se lo può permettere per la fragilità politica e culturale dell’attuale primo ministro, cui, però, non difettano senso politico e capacità di manovra.
C’è da dire infine che Amato è il candidato preferito da Silvio Berlusconi, sia per antiche frequentazioni e benefici (nelle vicende dell’introduzione delle televisioni private giocò un ruolo cruciale) sia per l’attesa di un atteggiamento mite. Nel senso che, se ci fosse uno spiraglio per una grazia, Berlusconi può ritenere che Amato lo coglierà.
Con il solito, insopprimibile autolesionismo, l’excavaliere ha annunciato di candidarlo alla presidenza: il modo migliore per comprometterne il successo e, quindi, ogni speranza di ‘graziosa catarsi’.
Per il momento la candidatura non è sfumata, viste anche le corazzate che la sostengono.
Non si può dimenticare, perà, il voltafaccia di Amato sul decreto Conso e tante altre occasioni perdute, anche sulla questione Craxi, abbandonato e dimenticato senza una lacrima o, almeno, una parola di rimpianto e di solidarietà.
Così va il mondo. Almeno il mondo in cui si sono affermati e sono cresciuti gli Amato.
Un curriculum di tutto rispetto, ma anche.. come sostiene Domenico, il più «insider» di tutti i possibili candidati.
Il riferimento al decreto Conso..non è, tra l'altro, di poco conto, in un contesto in cui si tratta della nomina istituzionale più importante della nostra Nazione.
Per intendersi..la storia si inquadra così:
Conso..già presidente della Corte Costituzionale diviene membro dell'esecutivo nel governo Amato nella qualità di ministro della giustizia. Il 5 marzo 1993.. il Governo, su proposta dello stesso ministro... vara un decreto che depenalizza il finanziamento illecito ai partiti definito un vero "colpo di spugna". Il decreto, che recepisce un testo già discusso e approvato dalla commissione affari costituzionali del Senato, conteneva un controverso articolo che dava alla legge un valore retroattivo, e quindi comprendendo anche gli inquisiti di mani pulite. Il presidente della Repubblica,Oscar Luigi Scalfaro, non firmò il decreto e il provvedimento venne così ritirato.
Tale decreto-legge fu denominato "decreto Conso" dal nome del ministro della giustizia proponente, ma, tutt'oggi non tutti sono propensi a credere che sia stato il frutto della sua unica mente. Il presidente del consiglio dei ministri dell'epoca, Amato, durante la riunione del governo, fu molto criticato per essere stato prono alle indicazioni del Quirinale, il quale per la prima volta s'ingeriva così pesantemente nella redazione di un testo di competenza del governo.
Ecco perché Conso offrì immediatamente le dimissioni e all'indomani della scelta di Scalfaro non firmò il decreto, dettato dalle esigenze sopravvenute in seguito alla protesta dei magistrati della procura di Milano. Consapevoli della sua totale estraneità alla vicenda, sia Amato che Scalfaro... lo scagionarono agli occhi dell'opinione pubblica.
Amato governò nel periodo buio in cui venne posto il tema del 41bis come trattativa Stato -mafia. Di lui ricordiamo anche la manovra dei novantamila miliardi: una legge finanziaria tra tagli e tasse con la quale si raschiò il fondo del barile, prelevando forzatamente i contributi dai conti correnti dei cittadini ed iniziando la svendita delle imprese e dei beni pubblici, reclamata da un certo capitalismo nazionale. In quel periodo il bersaglio preferito erano proprio i socialisti di cui anche Amato ne faceve parte. Lo stesso Martelli..compagno di partito ed exministro della giustizia, non pare un suo convinto estimatore.
L'arte del professor “sottile”, così definito anche per la sottigliezza estrema con la quale si è sempre mosso in politica, è conosciuta dai tanti che hanno operato in politica negli anni passati. La sua figura.. ormai chiacchierata...fu fortemente condizionata dall’allora capo dello Stato Scalfaro..
L'aspetto più inquietante di questa figura ..che tanto pare esser desiderata alla carica della presidenza della Repubblica.. è una certa ambiguità. La doppiezza di chi, con estrema furbizia, ha saputo sempre scaricarsi da ogni responsabilità attraverso una dialettica tanto acuta e sottile..quanto astuta e costruita ad arte.
vincenzo cacopardo
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