14 mar 2015

Un commento alla nuova recensione di Domenico Cacopardo

Non tutte le colpe appartengono alla Grecia...
Non credo che si tratti solo di demagogia!... .Landini, ad esempio, spiega anche con motivi validi alcune ragioni che non funzionano in seno al sistema. Sistema nel quale.. persone come Domenico Cacopardo.. vi sono immersi anche con interessi remunerativi chiaramente comodi. Domenico sa bene che io non parlo come uno di quegli estremisti invidiosi o come tante di quelle figure populiste, poiché non amo la demagogia..tanto quanto odio quella forma assolutista...disponendomi sempre verso la ricerca di un equilibrio.
Non, dunque, per togliere i meriti a Domenico come a tanti altri che si son fatti valere (ogni merito deve essere dovutamente riconosciuto), ma la questione andrebbe affrontata con maggiore profondità e senza dirigerla con tanta freddezza nei confronti di un popolo come la Grecia che, sbagliando o non sbagliando, deve oggi affrontare problematiche che riguardano la sussistenza e, persino la vita, di tanti loro cittadini...Che si dovrebbe fare?..farli morire di fame per colpa di quei principi economici dei quali..poi..in tanti hanno abusato?
In riferimento poi al nostro Paese..come non accorgersi che per la crescita cui fa riferimento Domenico in chiusura del suo articolo, occorra ciò che Renzi ha meno individuato e proposto..e cioè le idee e non.. l'usuale semplificazione.
Viviamo oggi in un sistema che penalizza la ricerca delle idee in favore di un pragmatico criterio di economia viziata e di una finanza speculativa incontrollata da parte di un'Europa alquanto squilibrata nella sua opera di costruzione. Ciò rappresenta oggi un freno alla innovazione ed un difetto imperdonabile per l'equilibrio necessario di una convivenza democratica...
Nel passato Platone criticava i Sofisti poiché il loro difetto fondamentale consisteva nel fatto che si rifiutavano di procedere al di là delle apparenze e perciò ne rimanevano prigionieri...Ma attenzione..l'aspetto più interessante secondo la sua dottrina era quello secondo cui la nostra anima, prima di calarsi nel corpo, è sempre vissuta nel mondo delle idee, dove tra una vita e l’altra ha accresciuto la sua conoscenza. Per lui "conoscere era come ricordare" in quanto noi abbiamo conoscenze innate. Per non di meno, egli, dava alle idee l’ulteriore significato di “valore”. Una caratteristica particolare che nel senso odierno sarebbe simile ad “ideale” o “principio morale”.
Al di là di questi richiami filosofici che sanciscono comunque una certa verità..il vero difetto è che, oggi lo spazio alle idee, appare sempre più chiuso dall’inconscia paura di non determinare alcun riscontro positivo rispetto ad un mondo che tende a muoversi prevalentemente in direzione di severi principi razionali eliminando, in via preventiva, qualunque incognita ideativa o presupposto teorico. Proprio la politica, in questi ultimi anni, ha determinato in prevalenza scelte radicali dettate da posizioni pragmatiche tese alla costruzione di sistemi ristretti che a loro volta comprimono le stesse idee.
L'analisi di Domenico Cacopardo, malgrado la chiarezza e la capacità espositiva, rimane quasi sempre bloccata da questa visione: Una interpretazione meno profonda in termini di equità sociale.... viziata inoltre da un “modus pensandi” troppo compreso in una percezione temporale di un sistema che alla base rimane malato e scorretto proprio in termini di equilibrio...Ciò ha contribuito a determinare in tanti come lui.. un comodo adattamento..ed una “forma mentis” dalla quale pare difficile sganciarsi.
vincenzo cacopardo



Il futuro della Grecia
Il futuro della Grecia è importante ma non determinante per l’Unione europea e per l’Italia. Certo, se il Paese che è erede di coloro che hanno fondato la civiltà occidentale, dalla filosofia, alla letteratura, alla matematica, uscirà dall’Europa, si tratterà di uno smacco generale, i cui costi, però sono serenamente sopportabili da Bruxelles e dalle altre capitali.
In fondo, se la situazione precipiterà come molti indizi lasciano immaginare, i benefici saranno maggiori dei costi.
Si dimostrerà, infatti, che la finanza allegra e creativa, gli slogan di una vecchia sinistra incapace d’essere al passo con i tempi, le invenzioni senza sostanza di Alexis Tsipras e Yanis Varoufakis non hanno alcuna possibilità di successo. La demagogia non risolve i problemi.
Senza scendere nel merito delle volgarità del ministro della difesa di Atene Panos Kammenos, leader dei Greci Indipendenti, un partito di destra nato dalla scissione di Nea Democratia, che ha minacciato la consegna di documenti comunitari a esponenti dell’Isis e ad altri terroristi in modo che possano raggiungere legalmente e facilmente Berlino, occorre porsi un problema generale che riguarda anche noi italiani.
È possibile una via diversa da quella costruitasi nel Continente dalla fondazione, il 23 luglio 1952, della Ceca, la Comunità Carbone e Acciaio? Una via, cioè, che permetta alle cicale di sperperare lasciando i conti da pagare ai cittadini dei paesi virtuosi, con l’economia in ordine?
La risposta è, con tutta evidenza, che non è possibile, ma occorre aggiungere altro: che l’Unione europea nasce e si sviluppa per libera adesione degli stati secondo un progetto politico-economico di tipo liberista, nel quale la competitività di sistema è il primo e imprescindibile presupposto dell’esistenza dell’Unione medesima. E i conti in ordine sono l’altro fondamento del binomio, quello sul quale si costruisce un soggetto vivo e vitale, capace di una forza economico-finanziaria mai vista prima.
In questi giorni, in queste ore, si arriverà a una decisione: constatato che le ricette del governo greco non esistono e, se esistono, sono annunciate per sviare l’attenzione dell’Unione e della Bce dalle questioni che lasciano irrisolte, vista la sospensione degli aiuti finanziari previsti per marzo, non resta che riaffermare i termini del risanamento e delle riforme che spettano ad Atene, sapendo che, in mancanza, da domani le casse dello Stato non saranno più in grado di pagare stipendi, pensioni, tutto ciò che, insomma, allo Stato compete.
Probabilmente, il fallimento della Grecia (del resto, con grande senso di irresponsabilità, proprio il ministro dell’economia Varoufakis continua ad affermare che, tecnicamente lo Stato ellenico è già in «default»), se e quando sarà annunciato (col ritorno alla dracma: sarà da vedere chi accetterà la nuova moneta), avrà un grande effetto didattico, nel senso che dimostrerà a tutti gli europei quali sciagure può produrre l’adozione di una via divergente da quella dell’Unione, e quali benefici, nonostante tutto ciò che si dice in giro, produce esserci dentro.
Una situazione, quella greca, che dovrebbe essere seguita con spasmodica attenzione dall’Italia. Non tanto dagli sbandati di Sel, incoscienti seguaci di Tsipras, e da qualche rimanenza radicale alla Landini, quanto da tutti gli altri, quelli che seguono la campagna agitatoria di Grillo e Salvini, accomunati dal verbo antieuropeo e da un evidente razzismo.
E dal governo, a partire da Matteo Renzi: per ora le parole prevalgono sui fatti, che, tuttavia, sono molti di più di quanto non fossimo abituati a vedere. Ciò che non appare è che, accanto ad alcune riforme, sostanzialmente giuste, debbono essere ancora affrontati alcuni nodi cruciali: prima di tutto quello delle posizioni parassitarie delle burocrazie statali, regionali e comunali, che, dalla politica di «austerity» all’italiana non hanno subito l’imposizione di alcun concreto sacrificio. Le società pubbliche sono sempre le stesse in numero e in sprechi. La «spending review» è lì dove l’ha lasciata Carlo Cottarelli, bloccata dal realismo di Renzi che non se l’è sentita di mettere le dita negli occhi del corpaccione burocratico che ha trovato riferimento politico nel Pd. Se c’è una spiegazione razionale e accettabile di questa inerzia è solo quella dell’attesa della semplificazione del ruolo del Parlamento con l’ormai prossima introduzione del monocameralismo.
Ma non basta una spiegazione. Occorre l’azione continua e forte perché il Paese si scrolli dalle spalle l’enorme peso che ancora ne impedisce la ripresa. In esso conta molto il pianeta giustizia, quel pianeta che ci mette 7 anni per stabilire la riscossione di un credito che altrove trova soddisfazione giudiziaria in meno di sei mesi.
La Grecia fuori, l’Italia dentro ma con tante cose cruciali da fare.

Domenico Cacopardo

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