Sappiamo ormai tutti che il PD di Renzi, nonostante le evidenti incessanti leggerezze di Marino, abbia dovuto sostenerlo negli ultimi tempi al comando della capitale per un palese motivo. La ragione è quella di nuove elezioni che vedono nei sondaggi il Mov 5Stelle in chiaro vantaggio.
Renzi non essendo uno sprovveduto ha, in un certo senso, costretto e sacrificato la Capitale lasciandola in mano ad un incapace amministratore. Credo che in questo caso..il machiavellico Premier.. nella faccenda..abbia altrettante responsabilità.. anche se ben nascoste e camuffate.
Con questo articolo Domenico Cacopardo mette in evidenza l'imperizia, oltre l'ostinato pressappochismo, di un sindaco di Roma assai dedito a spendere in modo irriguardoso attraverso un fondo spese in modo non del tutto corretto..per poi mentire spudoratamente. Ma è l'impudenza..unita alla successiva implicita ammissione, quella che lascia ancora più attoniti.... E' il suo parlare di regalo (rispetto a 20.000 euro che vorrebbe adesso donare alla città) che colpisce rendendolo patetico .. in considerazione del fatto che quelle sono sempre risorse di denaro che appartengono in ogni caso all'amministrazione.
Tutto ciò non fa che dimostrare, oltre alla poca attenzione ed al rispetto che avrebbe dovuto alla sua città..una totale incapacità nella stessa gestione del suo cammino politico amministrativo. Una vicenda oltre che squallida..misera.. di cui tanti nel PD sono responsabili!
vincenzo cacopardo
Scrive Domenico CacopardoEra fatale che la squallida vicenda di Marino, lo scienziato prestato alla politica finisse in malo modo. Solo il provincialismo del gruppo dirigente dei Ds poteva accoglierlo a braccia aperte senza indagare sulle ragioni del suo improvviso abbandono dell’UPMC (University of Pittsburgh Medical Center) e delle altre posizioni che derivavano da tale rapporto. Fassino, allora alla guida dell’exBottegone, non ci ha messo un minuto a inserirlo nelle file di un partito che, un tempo, prima di concedere la tessera di iscrizione a un neofita, ne osservava per mesi comportamenti, ambiente familiare e spirito di servizio.
Invece no. Come nel caso di Abbiamo una banca era il momento di dire Abbiamo uno scienziato.
Eppure, nel giro di qualche mese, le indiscrezioni sulle ragioni reali delle sue dimissioni dall’Ospedale di Pittsburg erano cominciate a circolare. E, nonostante ciò, Marino aveva avuto il coraggio di candidarsi anche alla segreteria dei Ds, all’ultimo congresso prima della nascita del Pd.
Tutto ciò non fa che dimostrare, oltre alla poca attenzione ed al rispetto che avrebbe dovuto alla sua città..una totale incapacità nella stessa gestione del suo cammino politico amministrativo. Una vicenda oltre che squallida..misera.. di cui tanti nel PD sono responsabili!
vincenzo cacopardo
Scrive Domenico CacopardoEra fatale che la squallida vicenda di Marino, lo scienziato prestato alla politica finisse in malo modo. Solo il provincialismo del gruppo dirigente dei Ds poteva accoglierlo a braccia aperte senza indagare sulle ragioni del suo improvviso abbandono dell’UPMC (University of Pittsburgh Medical Center) e delle altre posizioni che derivavano da tale rapporto. Fassino, allora alla guida dell’exBottegone, non ci ha messo un minuto a inserirlo nelle file di un partito che, un tempo, prima di concedere la tessera di iscrizione a un neofita, ne osservava per mesi comportamenti, ambiente familiare e spirito di servizio.
Invece no. Come nel caso di Abbiamo una banca era il momento di dire Abbiamo uno scienziato.
Eppure, nel giro di qualche mese, le indiscrezioni sulle ragioni reali delle sue dimissioni dall’Ospedale di Pittsburg erano cominciate a circolare. E, nonostante ciò, Marino aveva avuto il coraggio di candidarsi anche alla segreteria dei Ds, all’ultimo congresso prima della nascita del Pd.
Addirittura,
Il Foglio nel 2009 (condannato
per diffamazione con una sentenza che non mette in discussione il
testo della documentazione qui di seguito riportata, ma solo la sua
interpretazione) aveva
pubblicato la lettera con la quale Pittsburg lo aveva, in sostanza,
messo alla porta. Il punto centrale del documento riguarda i rimborsi
spese:
"Come Lei sa, nell’iter
ordinario necessario a elaborare le Sue recenti richieste di rimborsi
spese, l’UPMC ha scoperto che Lei ha presentato la richiesta di
rimborso di determinate spese sia all’UPMC di Pittsburgh sia alla
sua filiale italiana. Di conseguenza è stata intrapresa una completa
verifica sulle sue richieste di rimborso spese e sui nostri esborsi
nei Suoi confronti. Tale verifica è attualmente in corso. Alla data
di oggi, riteniamo di aver scoperto una serie di richieste di
rimborso spese deliberatamente e intenzionalmente doppia all’UPMC e
alla filiale italiana. Fra le altre irregolarità, abbiamo scoperto
dozzine di originali duplicati di ricevute con note scritte da Lei a
mano. Sebbene le ricevute siano per gli stessi enti, i nomi degli
ospiti scritti a mano sulle ricevute presentate a Pittsburgh non sono
gli stessi di quelli presentati all’UPMC Italia. Avendo sinora
completato soltanto una revisione parziale dell’ultimo anno
fiscale, l’UPMC ha scoperto circa 8 mila dollari in richieste
doppie di rimborsi spese. Tutte le richieste di rimborso spese
doppie, a parte le più recenti, sono state pagate sia dall’UPMC
sia dalla filiale."
Marino replicò immediatamente, spiegando che La lettera, secondo il Foglio, contesta alcune irregolarità amministrative, in particolare su rimborsi-spese per circa 5 mila euro, erroneamente presentati. Chiariamo subito un primo aspetto: quella lettera è una normale corrispondenza di fine collaborazione di lavoro. In un contesto come quello statunitense, dove valgono i principi di merito e responsabilità, è normale che i privilegi che si accompagnano ad un incarico cessino al termine dell’incarico stesso, e che questo avvenga anche attraverso comunicazioni formali. Tra l’altro a quella lettera ne è seguita una seconda, firmata dal mio avvocato, che rettifica in maniera sostanziale il contenuto della prima. Quanto alla vicenda dei doppi rimborsi quello che il Foglio non dice è che fui io stesso ad accorgermi di alcune imprecisioni e a comunicarle all’amministrazione.
È evidente un contrasto non marginale tra il testo della lettera e le spiegazioni di Marino. Sosteneva infatti Joffrey Romoff, n. 1 del Centro medico dell’Università di Pittsburg, riteniamo di aver scoperto una serie di richieste di rimborso spese deliberatamente e intenzionalmente doppia all’UPMC e alla filiale italiana.
Le spiegazioni dell’attuale sindaco di Roma, quindi, non spiegano nulla, visto che le affermazioni di Romoff non risultano contestate né in privato né in sede giudiziaria.
Pittsburg, però, non tace di fronte ai chiarimenti di Marino e invia al Foglio una mail nella quale Paul Wood, Vice President, Public Relations, University of Pittsburgh Medical Center precisa che irregolarità nella gestione finanziaria furono portate alla luce dal servizio di audit di UPMC – e non dal Dr. Marino.
C’è un altro punto sul quale chi ha una certa dimestichezza con l’ambiente americano (e il suo rigido moralismo professionale) non può convenire con il chirurgo: che la lettera dell’UPMC, sia una normale chiusura di rapporto, nel normale linguaggio in uso al di là dell’Atlantico. Il lunghissimo documento di fine rapporto, contiene un’accusa (sui doppi rimborsi) gravissima e che colpisce la figura professionale del chirurgo.
Veniamo alla Roma disgraziata di questi giorni (garantita da un assessore alla legalità, il magistrato Alfonso Sabella) (quanti guai produce all’ordine giudiziario quest’andare e venire da incarichi politici, foglia di fico delle amministrazioni!): la dichiarazione del sindaco di restituire alle casse comunali 20.000 euro di spese di rappresentanza da lui sostenute è un ennesimo pasticciato passo falso, forse obbligato dalla realtà reale, quella che conosce solo lui. Purtroppo non estingue il reato eventualmente commesso (art. 640 codice penale, truffa, aggravata dall’essere stata eventualmente messa in atto nei confronti dello Stato) e costituisce un’implicita ammissione di colpa o di errore o di leggerezza amministrativa.
Dopo alcuni mesi di follie, il Pd romano, il cui commissario, Matteo Orfini, è sprofondato nella melma(dovrebbe chiarire bene il perché di questo sostegno usque ad finem del chirurgo), non può passare la mano al Pd nazionale e deve risolvere il problema, a costo di perdere il comune. Roma è al capolinea.
Matteo Renzi l’ha capito benissimo e ha posto l’ultimatum: dimissioni del sindaco e/o degli assessori e dei consiglieri comunali del Pd.
La giornata di ieri è andata avanti in modo convulso, sino alla convocazione dei consiglieri comunali nella sede nazionale del Pd.
Prima, tutti gli assessori si sono presentati dal sindaco per invitarlo a un atto di responsabilità.
Poi, d’improvviso, poco prima delle 20, le dimissioni di Marino chiudono una vicenda disgraziata per Roma e per l’Italia.
Non c’erano alternative alle dimissioni subito e al commissariamento e alla fine la ragione ha prevalso.
Ora, al di là di ogni questione procedurale, sono in primo piano l’oggi e il futuro immediato (un Giubileo e un irrecuperabile ritardo nella gestione delle poche opere necessarie per realizzarlo): si è atteso troppo (debolezza di Renzi verso un Orfini soverchiato dalla situazione), e non si può aspettare oltre.
Ps: purtroppo sono mesi che ItaliaOggi, in modo oggettivo e sereno, sostiene la tesi della necessità dell’uscita di scena di Ignazio Marino, per il bene di Roma e del Paese.
Domenico Cacopardo
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