22 ott 2015

Una nota di Domenico Cacopardo su Obama e la politca dell'America

In riferimento a questa nota del consigliere Cacopardo ci limitiamo a d aggiungere il  post dell'Ottobre del 2014




Un amico americano, di Roma, mi ha parlato per perorare la causa di Barak Obama, cui non lesino critiche. Il succo del discorso è il seguente: «Voi europei vi dovete rassegnare: il focus degli Stati Uniti è sul Pacifico, sulle relazioni e le possibilità di sviluppo che il grande oceano offre.»
Non c’è dubbio che, col passo ondivago e incerto che lo caratterizza, Obama abbia puntato più sul suo Occidente geografico che sull’Oriente europeo e mediorientale.
Ma ciò non giustifica gli errori e i disastri provocati nel nostro scacchiere. Si può certo scegliere una priorità diversa dall’Europa per la propria strategia internazionale politica ed economica, ma non è accettabile gettare tra le gambe degli ex-primi alleati il bastone di crisi ingestibili, tali da compromettere il faticoso percorso di uscita dagli effetti del 2008, innescato peraltro dal default di Lehman Brothers, la banca d’affari di New York.
L’idea di un contenimento della Russia di Putin, che aveva positive e crescenti rapporti con l’Unione europea, mediante lo schieramento nel campo occidentale dell’Ucraina, peccava di superficialità e avventatezza.
Gli Stati Uniti hanno supportato il golpe che allontanò il filorusso Janukovyč, regolarmente eletto, e portò alla presidenza il filoamericano Porošenko, sostenuto anche dal partito e dalle milizie neonaziste. E si sono opposti a qualsiasi accomodamento che consentisse la convivenza di ucraini e russofoni nel medesimo Stato. La reazione decisa di Putin poteva e doveva essere prevista, come il fallimento delle sanzioni alla Russia, dichiarate a spese delle nazioni europee. E non dimentichiamo ciò che è accaduto, nell’ordine, in Egitto (conferenza all’università del Cairo di Obama), in Tunisia, in Libia e in Siria. Senza alcun beneficio per gli USA e danni gravi per l’UE.
Il manuale dell’uomo di Stato spiega che la chiusura di un’intesa strategica deve essere accompagnata da un’attenzione specifica per gli altri quadranti geopolitici e per le conseguenze.
Tutto questo è mancato, amico americano. E mancherà sino a quando alla Casa Bianca non arriverà un nuovo presidente capace di giudicare con realismo ed equilibrio quello che sta accadendo.

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