30 nov 2015

Un commento sulla nuova analisi di Domenico Cacopardo sul conflitto mediorientale.

E' uno schema sicuramente convincente quello che ci propone Domenico Cacopardo in questa puntuale analisi che chiarisce i vari punti di questa contesa islamica mediorientale.
Puntualizzare il fallimento dei mille bombardamenti su Raqqa e sulle posizioni dell’Isis è opportuno. Bombe che non potranno cancellare il dolore dei Francesi per la strage del 13 Novembre e che mettono in luce questo gesto come un estremo atto del presidente Hollande, il quale, avendo perso consenso politico nel proprio Paese, pare voler usare volutamente la forza per smorzare l'avanzata politica della LePen, Come suggerisce Domenico... un atto napoleonico di chi non appare per nulla un vero Napoleone.

Giusta ed appropriata anche la considerazione sullo stato d’assedio per l’arresto di quattro o cinque sospetti, nella città di Bruxelles che è davvero apparsa una retata al buio, realizzata secondo metodi da Seconda guerra mondiale. Da un'altro lato risulta logico anche il superamento di ogni ghettizzazione e la presa di una posizione più decisa da parte di tutti quei musulmani propensi ad accettare le regole di una società occidentale al fine di poterne accettare i principi liberali della democrazia, tra cui l'indispensabile tolleranza.. a cui Domenico Cacopardo fa riferimento.

La mia convinzione è che la divisione sunniti-sciiti non potrà mai spiegare in toto la tremenda realtà di tutto quello che sta avvenendo in in Medio Oriente. Credo sia semplificativo ridurre il tutto in questa ottica. Nel passato le comunità orientali hanno alternato momenti di convivenza più o meno stabile a periodi di forte contrapposizione e questo è avvenuto persino in funzione del mutare delle differenti condizioni politiche. Mi domando quindi se per disarmare il conflitto religioso tra sunniti e sciiti sia necessario privarlo della sua componente politica. Se.. in tal modo..si possa rinunciare a quell’identificazione tra la sfera secolare religiosa e quella dell’Islam politico.
vincenzo cacopardo




Mano a mano che passano i giorni e le informazioni si completano, va formandosi un’idea meno nebulosa di quanto è successo, compresa l’ultima strage di Tunisi.
La azzardo.
Ci sono due realtà autonome che, di solito, operano in sintonia, nel senso che ciò che combina quella esterna fa comodo all’interna. La realtà che ho definito «interna» è il sedicente Stato islamico,intorno al quale gli interessi sono fluidi e i sostegni variabili. 

Questa entità nasce sullo scontento dei sunniti per la scelta sciita degli americani riesce, in modo inatteso, a combinare la realtàiraqena e quella siriana. 
In Siria, come in Iraq, i sunniti,
maggioranza, sono ai margini del potere politico e militare e
subiscono anche i danni economici derivanti dal privilegio altrui. 
favore dell’Isis sono di sicuro l’Arabia saudita, 
gli emirati e laTurchia che, dall’intervento USA in Iraq (Seconda guerra del golfo)
ha subito una perdita netta di influenza. Ricordo che, in questo
conflitto, i turchi rifiutarono agli americani il passaggio di truppe
dal loro territorio. Anche gli Stati Uniti non hanno in realtà una
posizione netta: fa loro comodo la presenza dell’Isis nello
scacchiere perché è di contenimento alla crescita sciita e perché,
per converso, rende necessaria agli equilibri locali la presenza
americana.

L’arrivo dei russi ha sparigliato: ogni settimana
rendeva più vicina la fine di Assad e una nuova sistemazione
politica della zona, mentre con l’arrivo dei militari dell’Armata che
fu rossa, il progetto è andato in fumo. All’inizio, i francesi erano
andati solo per non lasciare agli USA il monopolio della lotta
contro Assad (e, dopo, contro l’Isis), visto che (pochi lo ricordano)
la Siria è stata per diversi decenni sotto amministrazione francese.
Successivamente, consumatosi il 13 novembre, nella cieca furia
guerresca di Hollande (Napoleone il piccolissimo), si sono
presentati in forze per contribuire a una battaglia nella quale non
potranno incidere più di tanto.
L’entità «esterna», presente ovunque in Europa, ma anche negli
Stati Uniti, è costituita da cittadini europei di seconda o terza
generazione che sono vissuti e stanno vivendo attraverso il disagio
sociale dei ghetti periferici, dell’emarginazione e della
disoccupazione endemica e di quella specifica derivata dalla crisi
del 2008. Si tratta di giovani che hanno commesso (di frequente)
piccoli reati, che, per sopravvivere, si sono dedicati allo spaccio e
che odiano la società in cui vivono, non perché sia cristiana, ma
perché li «tiene» in condizione di inferiorità strutturale.
Se non ci fosse stato lo Stato islamico ora e, prima, Al Qaeda a
fornire una piattaforma ideologica, sarebbero gli eredi delle
Brigate rosse e della Rote armee fraktion.
Hanno invece trovato a disposizione un’ideologia specifica (il
Corano) che valorizza l’essere islamici e un’organizzazione di
riferimento: i viaggi e la militanza nelle forze islamiste, utile per la
guerra in Medio Oriente, ma soprattutto per il «training» militare
di coloro che hanno poi assunto il nome di «Foreign fighter». Tutta
gente che ha attraversato l’Europa, la Turchia arrivando in Siria e
in Iraq senza alcun controllo.
Si potrebbe capire che i servizi di sicurezza dei paesi 
europei abbiano lasciato loro libertà dimovimento per poterli monitorare, 
non altrimenti, come in effetti,
è stato, una libertà di movimento assoluta.

Il vantaggio di questo sistema è che la «realtà» esterna opera e si
organizza con lo schema della geometria variabile e della
disponibilità materiale di uomini pronti al sacrificio.
Intendiamoci, l’ortodossia non è condizione indispensabile per
operare, come dimostrano la Francia e il Belgio: gli ultimi
terroristi, infatti, assumevano tranquillamente alcol e, di fatto,
avevano abitudini occidentali. Basta l’ideologia (politica) mutuata
dal Corano e dalla sua attuazione integralista.
Certo, le moschee hanno rappresentato e rappresentano un buon
cancello d’ingresso nel mondo del fondamentalismo combattente:
offrono conforto materiale ai correligionari, ragioni per
differenziarsi dalla società in cui vivono e una visione coranica di
superiorità dei «fedeli» sugli «infedeli» che sono anche ingiusti,
visto che, nella pratica quotidiana, credono in valori che i
musulmani aborriscono.
Se questo schema è convincente, si capiscono tutte le difficoltà
incontrate, tranne una: il clamoroso fallimento dei sevizi di
«intelligence» francesi (e belgi) presi allo scoperto per due volte
dall’iniziativa dei gruppi di terroristi che hanno attaccato Charlie
Ebdo prima e Parigi il 13 novembre.
Un fallimento che mille bombardamenti su Raqqa e sulle posizioni
dell’Isis non potranno far dimenticare e di cui i francesi, mano a
mano che l’emozione si sarà placata per lasciare il passo alla lucida
razionalità, chiederanno conto e addebiteranno al governo in
carica. Non si capisce nemmeno perché Bruxelles sia stata messa
in stato d’assedio per l’arresto di quattro o cinque sospetti, una
retata al buio, realizzata secondo metodi da Seconda guerra
mondiale.
Certo, tutto questo milita per una maggiore integrazione europea
in materia di sicurezza e di una risposta unitaria all’aggressione.
Ma comporterebbe una politica per l’occupazione e per la casa che
miri alla reale integrazione di coloro che abbiamo accolto tra di
noi, superando ogni ghettizzazione. E una condizione3
irrinunciabile: che anche i musulmani accettino i principi liberali
della democrazia e, tra questi, la tolleranza.
Non sarà facile né rapido: le parole di vuoto buonismo, genere
Boldrini, non servono a nulla, anzi accentuano il rancore in chi lo
nutre. Nel 2012, Barak Obama dichiarò alle Nazioni Unite: «Il
futuro non deve appartenere a chi calunnia il Profeta …» Quindi
-follia- dovrebbe appartenere a chi va in giro ad ammazzare i
calunniatori, cioè coloro che hanno il diritto costituzionale di
criticare il Corano e il suo Profeta.
Intanto, mentre la consapevolezza cresce, occorre che i servizi
segreti abbiano la possibilità di lavorare come lavorò Carlo Alberto
Dalla Chiesa: carta bianca per bonificare i luoghi nei quali si coltiva
e cresce il fondamentalismo terrorista.

Domenico Cacopardo

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