“L'arte
è espressione di una storia nella quale le immagini sono dei
correlativi oggettivi della realtà vivente degli uomini: ed essi
possono, per altro, non percepire l'avanzamento di conoscenza che
l'arte indica.Quindi la situazione creativa, artistica e letteraria
di un'epoca può essere molto più avanzata rispetto a quanto i
cittadini percepiscono.”
Mi
colpisce questa frase di Sgarbi che indica in pieno tutta la percezione avanzata del critico... Un maestro delle analisi critiche che.. nel
dialogo con chi intende conciliarsi con l'arte.. appare davvero
unico. Il suo intuito percepisce al di là di ogni comune osservatore
e la sua dielettica brillante riesce a farsi intendere anche da
chi.. ..potrebbe anche non essere vero amante dell'arte.
Naturalmente per chi.. come il sottoscritto.. si è già da tempo
impegnato nello studio dell'arte ed ha una buona conoscenza del ricco
patrimonio artistico del nostro Paese, le parole di Sgarbi sulla
correlazione esistente con la nostra realtà e la mancata percezione
rispetto ai tempi.. è chiarissima.
L'
evoluzione espressa in tutti i tempi sia nell'arte che nella
letteratura.. a dispetto di chi non riesce a percepirla.. rimane un
fatto inequivocabile: Assai più evidente è la percezione creativa
sull'arte moderna a partire da quella impressionista..futurista e
cubista dei primi del novecento o anche, come afferma il critico, la
letteratura di Italo Svevo..ed il particolare cinema espresso dalle
pellicole di Spielberg
.
Indubbiamente
ogni forza creativa
costituisce
una potentissima anticipazione sui tempi e quindi una mancata
percezione rispetto ad una collettività. Un argomento non del tutto
alieno da un comparabile rapporto con la cultura politica che oggi
non vede alcuna spinta creativa. Spinta compressa ed ostacolata da
un prevalente cinico pragmatismo che si inserisce nel costante
dialogo di una dialettica sterile privata costantemente da un'
essenziale forza delle idee.
Una
politica che guarda in assoluto solo ad una realtà esistente o copia
pedissequamente gli esempi degli altri Paesi.. privandosi
conseguentemente nella ricerca delle idee creative, Ciò finisce col
restare paragonabile a quella pseudo arte manierista
a cui manca ogni carattere creativo e lungimirante a cui lo stesso
Sgarbi fa riferimento... Una
politica di sicuro non profetica!
Vittorio
Sgarbi,
quasi incosapevolmente, attraverso una profonda dialettica che
riguarda l'arte.. sfiora un argomento che tocca in pieno il tema della politica e del sociale.. in un momento storico che non sembra appartenere ad un
Rinascimento..ma che appare identico, per scopo e pensiero, ad un
infelice manierismo.
vincenzo cacopardo
Io
ho avuto un certo imbarazzo questa mattina, questa notte anzi,
nell'immaginare quale potesse essere il percorso di un discorso su
arte e profezia, perché possiamo contemporaneamente dire che tutta
l'arte nella sua espressione più alta è profezia, e
contemporaneamente che l'arte è espressione di una storia nella
quale le immagini sono dei correlativi oggettivi della realtà
vivente degli uomini: ed essi possono, per altro, non percepire
l'avanzamento di conoscenza che l'arte indica.Quindi la situazione
creativa, artistica e letteraria di un'epoca può essere molto più
avanzata rispetto a quanto i cittadini percepiscono.
Quando
Joyce scriveva l'Ulisse a Trieste, probabilmente il pensiero dei
triestini era molto lontano dalla formidabile visione espressa in
quel capolavoro complesso della letteratura del Novecento.
Probabilmente i triestini erano anche più arretrati sul piano della
loro visione e conoscenza della realtà di quanto non lo fosse, negli
stessi anni, Italo Svevo, che era loro più vicino per cultura,
consonanza, esistenza. E quindi, due presidi della letteratura
italiana e inglese del Novecento sono presidi legati ad una
dimensione visionaria non percepita, pure in tempi in cui la
scolarizzazione era molto più avanzata, non quanto nel nostro tempo,
visto che oggi dovremmo essere nel tempo reale, cioè, in un tempo in
cui qualunque cittadino può essere sintonizzato con quello che
l'arte indica o la letteratura propone. È forse la prima volta che
la sensibilità comune può funzionare in parallelo con le forze
creative.In tutta la storia le forze creative costituiscono una
potentissima anticipazione e spesso una separazione sostanziale dalla
sensibilità collettiva.
Possiamo
quindi dire che non so da dove sia uscito il genio di Cosmè Tura, ma
per intuizioni come queste, così come per quelle di Ludovico
Ariosto, la possibilità di comprensione o di immedesimazione doveva
essere di una porzione inferiore all'uno per cento della popolazione,
cioè del mondo contadino di Ferrara, il mondo dei sudditi degli
Estensi, ossia il mondo delle persone che potevano essere state ai
primi del Trecento ad ammirare la Cappella degli Scrovegni, che era
privata, un numero di persone assolutamente ridicolo e tale da
indicare la separazione sostanziale tra il concetto di universale e
il concetto di popolare o di pop che riguarda il nostro tempo.
Partiamo
in questa carrellata da un'opera universalmente nota che è, anzi,
popolarmente nota: la Cappella degli Scrovegni di Giotto (1267 ca.
-1337). Quando essa fu concepita per Enrico Scrovegni, figlio di un
usuraio, che attraverso quella Cappella cercava in qualche modo di
lavare le nequizie del padre, l'accesso alla cappella a Palazzo degli
Scrovegni non poteva che essere limitato a una porzione molto
ristretta di persone. Certo, la leggenda di quel capolavoro, come un
film di Spielberg, doveva essere arrivata molto più in là della
fascia colta della società, ed è anche vero che probabilmente molti
pittori arrivando da Firenze o scendendo dal Nord potevano entrare a
Padova, non so da quale accesso, certo non pagando un biglietto o con
questa specie di camera iperbarica che c'è ora.
Vittorio Sgarbi
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