29 gen 2016

Dal libro” La politica ed il cambiamento” edito nel 1999

di vincenzo cacopardo

Sono passati diciassette anni..e queste parole sembrano darmi ancora ragione. Leggendo con attenzione ci si accorge come quel momento.. che avrebbe dovuto condurci verso un più equilibrato e funzionale cambiamento.. non sia stato colto.. avendo così sprecato le occasioni per promuovere in senso più utile un percorso più logico.

"Questi ultimi decenni hanno visto un progresso smisurato e l'affermazione culturale di alcune comunità rispetto ad altre, un progresso ed un cambiamento che non possono essere sottovalutati quando si affronta una unione di questa portata. Il rischio è quindi quello di ritrovarsi un domani con una economia finanziaria internazionale globalizzata che renderà ancora più ricchi e progrediti i Paesi oggi ricchi, accentuando quel divario con gli altri Paesi della Comunità resi ancor più poveri dallo sforzo per l'unificazione. Oggi anche nel nostro Paese si sta evidenziando un'eccessiva sproporzione tra enormi ricchezze e spaventose povertà ed in questo contesto potranno rendersi persino pericolose le evidenti dicotomie. Questo resta di certo unproblema serio per il nostro Paese che, entrando a far parte della Comunità Europea, ha smepre sottovalutato e non risolto il pesantissimo problema del Mezzogiorno.

Nel nostro Paese poco si è fatto e la speranza di una ricerca del cambiamento potrebbe averci illuso sulla immedesimazione in problematiche di carattere internazionale: Nessuna nuova politica parla oggi di economia in termini di qualità e di idee ed anche il nostro sistema economico marcia e vive cinicamente di riflesso ad un'economia globale forzata da una primaria esigenza di produzione. Una forza politica troppo assente che, nella ricerca di un percorso più innovativo, anche in termini di governabilità, continua a ricercare le strade di un presidenzialismo all'americana,un semipresidenzialismo alla francese, calcellierati alla tedesca etc. Per cui qualche cittadino potrebbe anche domandarsi per quale ragione il nostro Paese debba prendere ad esempio altre nazioni persino per dar corso ad un miglioramento del proprio ordinamento e della propria funzionalità istituzionale. Perchè mai impedire di dettare noi stessi principi e procedure più consone alla nostra entità socio-culturale?

La nostra Nazione, forte di una storia ed un passato che hanno arricchito il resto del mondo, sarebbe sicuramente in grado di impegnarsi per dettare nuove regole che possano equilibrare e migliorare qualitativamente il nuovo percorso di una politica internazionale. Questa assenza e questo vuoto potrebbero voler dire che anche la nostra politica ha bisogno di uomini che riescano ad offrire più idee e non solo parole, idee che possano essere il risultato di una ricerca culturale profonda.

Il moderno concetto di europeizzazione sembra svilupparsi proprio male, facendo solo uso di principi che regolano una economia globale ed una finanza di comodo, ma sempre meno di quelli che dovrebbero guidare un confronto etico culturale e sociale! E' un modo di affrontare l'unione delle nostre Nazioni che non potrà che produrre danni, poiché appare forzato, non affrontato nei tempi e con l'attenzione dovuta. Tutto sembra fare ormai parte di quell'unica e ristretta logica bipolare e contrapposta in cui dovrebbero riscontrarsi le diverse posizioni ed in cui solo la forza dei capitali finisce col determinare il resto."


Eravamo due anni prima dell'entrata dell'euro quando scrissi questo piccolo pamphlet..i danni sembrano evidenti e sotto gli occhi di tutti.. le parole susseguono..ma nulla pare davvero cambiare in positivo! 

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