di vincenzo cacopardo
Sono
passati diciassette anni..e queste parole sembrano darmi ancora ragione. Leggendo con attenzione ci si accorge come quel
momento.. che avrebbe dovuto condurci verso un più equilibrato e
funzionale cambiamento.. non sia stato colto.. avendo
così sprecato le occasioni per promuovere in senso più utile un percorso più logico.
"Questi
ultimi decenni hanno visto un progresso smisurato e l'affermazione
culturale di alcune comunità rispetto ad altre, un progresso ed un
cambiamento che non possono essere sottovalutati quando si affronta
una unione di questa portata. Il rischio è quindi quello di
ritrovarsi un domani con una economia finanziaria internazionale
globalizzata che renderà ancora più ricchi e progrediti i Paesi
oggi ricchi, accentuando quel divario con gli altri Paesi della
Comunità resi ancor più poveri dallo sforzo per l'unificazione.
Oggi anche nel nostro Paese si sta evidenziando un'eccessiva
sproporzione tra enormi ricchezze e spaventose povertà ed in questo
contesto potranno rendersi persino pericolose le evidenti dicotomie.
Questo resta di certo unproblema serio per il nostro Paese che,
entrando a far parte della Comunità Europea, ha smepre sottovalutato
e non risolto il pesantissimo problema del Mezzogiorno.
Nel
nostro Paese poco si è fatto e la speranza di una ricerca del
cambiamento potrebbe averci illuso sulla immedesimazione in
problematiche di carattere internazionale: Nessuna nuova politica
parla oggi di economia in termini di qualità e di idee ed anche il
nostro sistema economico marcia e vive cinicamente di riflesso ad
un'economia globale forzata da una primaria esigenza di produzione.
Una forza politica troppo assente che, nella ricerca di un percorso
più innovativo, anche in termini di governabilità, continua a
ricercare le strade di un presidenzialismo all'americana,un
semipresidenzialismo alla francese, calcellierati alla tedesca etc.
Per cui qualche cittadino potrebbe anche domandarsi per quale
ragione il nostro Paese debba prendere ad esempio altre nazioni
persino per dar corso ad un miglioramento del proprio ordinamento e
della propria funzionalità istituzionale. Perchè mai impedire di
dettare noi stessi principi e procedure più consone alla nostra
entità socio-culturale?
La
nostra Nazione, forte di una storia ed un passato che hanno
arricchito il resto del mondo, sarebbe sicuramente in grado di
impegnarsi per dettare nuove regole che possano equilibrare e
migliorare qualitativamente il nuovo percorso di una politica
internazionale. Questa assenza e questo vuoto potrebbero voler dire
che anche la nostra politica ha bisogno di uomini che riescano ad
offrire più idee e non solo parole, idee che possano essere il
risultato di una ricerca culturale profonda.
Il
moderno concetto di europeizzazione sembra svilupparsi proprio male,
facendo solo uso di principi che regolano una economia globale ed una
finanza di comodo, ma sempre meno di quelli che dovrebbero guidare un
confronto etico culturale e sociale! E' un modo di affrontare
l'unione delle nostre Nazioni che non potrà che produrre danni,
poiché appare forzato, non affrontato nei tempi e con l'attenzione
dovuta. Tutto sembra fare ormai parte di quell'unica e ristretta
logica bipolare e contrapposta in cui dovrebbero riscontrarsi le
diverse posizioni ed in cui solo la forza dei capitali finisce col
determinare il resto."
Eravamo
due anni prima dell'entrata dell'euro quando scrissi questo piccolo pamphlet..i danni sembrano evidenti e
sotto gli occhi di tutti.. le parole susseguono..ma nulla pare
davvero cambiare in positivo!
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