8 gen 2016

una nota al recente articolo di Domenico Cacopardo



Non so se il sindaco d'Italia troverà un sistema mediatico per far riprendere luce alla sua immagine, ma è del tutto chiaro che le sue riforme non paiono per nulla edificanti. A differenza di Domenico ..non ho mai visto nelle riforme renziane quella innovazione, né tantomeno, il già discusso ripetto verso la democrazia che il paese meriterebbe.

Se la Boschi, Padoan, Gentiloni, Lorenzin appaiono per Domenico figure adeguate ..vorrà dire che il sottoscritto non ci avrà capito alcunchè e non avrà saputo valutare quel cambiamento. Certo è che le riforme volute hanno messo in subbuglio e creato scompiglio proprio perchè non hanno un riscontro del tutto chiaro in favore dell'ordinamento costituzionale. Cambiare una Costituzione attraverso le riforme non può voler dire stravolgerne i valori! Toglier una Camera parlamentare assegnandogli un compito talmente blando ...riformare una legge elettorale a favore di maggioranze costruite ad arte... i principi costituzionali senza prevedere i contrappesi necessari... con tale fretta ed approssimazione, è sempre piaciuto a quelle figure machiavelliche che farebbero la qualunque pur di compiere qualcosa.

il matrimonio omosessuale e l’adozione da parte di una coppia gay sono sicuramente argomenti che potranno dare spazio a lotte intestine col partito di Alfano e vedremo come se la caverà il nostro premier un po' sapientone ed ipocrita...cioè se troverà i soliti compromessi di una politica che continua a generare anomalie l'una sull'altra a discapito di una più coerente. Ma una cosa sembra evidente:..oggi l'unico scontro che Renzi deve temere è quello della politica che oggi appartiene al mov 5Stelle: la politica di un cambiamento contro il sistema dei conflitti e degli interessi...anche a discapito dei loro continui errori di metodo.

vincenzo cacopardo




L’anno nuovo inizia con il solito groviglio di impegni parlamentari e governativi che non sarà facile dipanare.
Il più importante è sicuramente l’approvazione definitiva della riforma costituzionale, la vera madre del processo riformista innescato da Matteo Renzi. Una volta conquistata la nuova Costituzione, occorrerà aspettare il referendum confermativo che, presumibilmente, si svolgerà in autunno: solo nel caso in cui isì prevarranno, Matteo Renzi otterrà quell’assicurazione sulla vita politica che gli è certo necessaria per completare l’iter di tutti i dossier aperti, ma indispensabile per ottenere quel potere quasi assoluto per il quale si sta battendo sin da quando fu eletto presidente della Provincia di Firenze.
Solo allora, potrà tirare un sospiro di sollievo: non sarà più ricattabile dall’ultimo dei gruppetti parlamentari che sono nella sua maggioranza. O, per dirla meglio, sarà impossibile a chiunque contrastare le sue proposte politiche e parlamentari, finché avrà la maggioranza alla Camera. Non mi sfugge che tra il referendum di autunno e questa sorta di potere definitivo  c’è di mezzo un Parlamento eletto con il vecchio sistema. Ma so bene che, dal 2017, Renzi potrà chiedere al presidente della Repubblica lo scioglimento delle camere, non appena gli scricchiolii della sua maggioranza fossero tali da far traballare il governo e il suo elenco di riforme.
È, perciò, evidente che le prossime settimane, quelle che ci separano dalla discussione e votazione della riforma costituzionale, saranno piene di trappole per il governo. Salvo pochissimi ministri (Boschi, Padoan, Gentiloni, Lorenzin) tutto il resto è inadeguato al compito affidato e può in ogni momento creare seri problemi alla cabina di regia di Palazzo Chigi. Gli stessi decreti delegati di attuazione della riformetta della pubblica Amministrazione, fortemente viziata dalla mancanza di un vero disegno di reale cambiamento, potranno essere occasione di qualche brutto scivolone, in specie di immagine.
Già. Il bene più prezioso di cui dispone Renzi, l’immagine, è già appannata e ha bisogno dell’ossigeno di qualche successo reale.
Il che è molto difficile, anche perché l’altra questione subito in ballo, il matrimonio omosessuale e l’adozione da parte di una coppia gay, può diventare una specie di linea del Piave per Alfano e suoi. Se la riforma costituzionale non fosse stata calendarizzata dopo, il governo, una volta incassatala, avrebbe avuto facile gioco su tutto il resto, risultando le minacce di dissociazione o di voto contrario di Ncd, cartucce a salve.
Non solo, ma già all’interno del Pd, l’unanimità è tutt’altro che unanime e sono in tanti –e della parrocchia exdemocristiana di cui Renzi è espressione- a volere trovare una via d’uscita che, ridimensionando l’ambito delle adozioni, acquieti la Cei e l’apparato cattolico, consapevole dell’impossibilità di impedire i matrimoni e, quindi, attestatosi in difesa di insormontabili limiti alle adozioni.
Nel Pd, esondano personaggi di terz’ordine che, per inconsapevolezza dei termini delle questioni, continuano a pronunciare parole che mettono in difficoltà il governo del medesimo Pd. Mi riferisco alla giuliva Serracchiani, incapace, per inadeguatezza ontologica, di ordire un piano di sottile destabilizzazione di Renzi (l’ideologia del tradimento è troppo complessa per essere stata metabolizzata dalla presidente della regione Friuli-Venezia Giulia), ma capacissima di sparare sciocchezze a ruota libera su tutti i temi.
Secondo me non è lontano il giorno che otterrà una promozione a un rango superiore dal quale, però, potrà far meno danni di quelli che combina oggi.
Il giovane premier conosce bene la tecnica e l’ha usata più volte, per esempio con la Mogherini, con Delrio e con altre meteore, rivelatesi soltanto piccoli massi scivolati in una semplice scarpata.
C’è poi, altrettanto delicato, il fronte europeo. Il pulpito dal quale il nostro primo ministro ha predicato contro la Germania, ottenendo l’effimero successo di un labile schieramento favorevole sino alla prima tirata d’orecchi della Merkel.
Un vero successo a Bruxelles e a Berlino, serve al Petit poulet non ancora Coqper gonfiare il petto, mostrare i muscoli e recuperare immagine a Roma, in vista delle non lontane elezioni comunali alle quali lui e il Pd si stanno avviando nelle peggiori condizioni. Anche perché una non dichiarata alleanza di testate e di opinionisti sta alacremente lavorando (e subdolamente) a favore degli squinternati del Movimento 4 Stelle, succubi di se stessi e del loro Goebbels, al secolo Gianroberto Casaleggio. La loro possibile vittoria in qualche grande città non va vista come una sciagura: già le esperienze disastrose di Parma, di Livorno e di Gela fanno capire come, alla prova del fuoco, il sistema messo in piedi da Grillo, arruolando gente improbabile del tutto digiuna di amministrazione, si rosolerà a fuoco vivo non appena avrà messo piede, per esempio, al comune di Roma, uno squalo capace di divorare chiunque. L’aspetto negativo, l’unico di un successo dei grillini, riguarda proprio Matteo Renzi e il colpo di immagine che ne riceverebbe.
Ma il premier è furbo e, nel giro di qualche mese, potrebbe far girare a proprio favore il vento che può brevemente gonfiare le vele dei 5Stelle.
Chi vivrà, vedrà e le mozzarelle si contano al cancello: dobbiamo aspettere, ancora aspettare per vedere coma andrà a finire. Siamo spettatori e vittime di uno spettacolo simile a quelli che Ronconi allestiva coinvolgendo il pubblico. Un Orlando furioso, nel quale il diritto all’ira non è di un uomo, ma di un popolo, l’italiano.
Domenico Cacopardo


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