17 mar 2016

UNA NOTA PERSONALE AL NUOVO ARTICOLO DI DOMENICO CACOPARDO



La chiamano narrazione, ma il suo vero nome è mistificazione. Eccone un esempio. L’ultimo.Nella polemica tra maggioranza e minoranza Pd, torna di continuo il richiamo all’Ulivo, come un periodo politico d’oro per la sinistra italiana. A dire il vero, il primo a evocarlo è stato evocarlo è stato Bersani seguito a ruota dallo stesso Renzi.

Nella realtà i governi dell’Ulivo, in senso proprio sono stati due: il Prodi 1 (1996-1998) e il Prodi 2 (2006-2008). Cos’era l’Ulivo? Era la coalizione di excomunisti (DS) ed exdemocristiani (Margherita) cui si associavano tutte le altre sigle che popolavano la galassia della sinistra nazionale. La cifra più significativa di questa formula era la rissosità, visto che ogni questione interna e internazionale provocava una serie interminabile di distinguo e di dissociazioni, sino a quella di Bertinotti, nel 1998, che determinò la caduta del governo, e a quella di Mastella che, colpito per via giudiziaria dall’iniziativa del sostituto procuratore Luigi De Magistris e non sostenuto dal primo ministro, si dimise provocando la dissoluzione della formula politica e nuove elezioni che dettero la vittoria a Berlusconi.

Il 1998, dopo il voto di sfiducia (e dimissioni) di Prodi, vide mettere in scena l’unico governo della seconda Repubblica parente dell’attuale gabinetto Renzi. Anzi l’unico reale precedente alla formula attuale.Infatti, con la regia di Francesco Cossiga, nel 1998, prima ancora della crisi, andò formandosi un nuovo partito, l’Udr (Unione democratica per la repubblica), segretario Clemente Mastella, che fu il raccoglitore di spezzoni vari di Forza Italia e di exdemocristiani col progetto sostanziale di permettere che un consistente numero di parlamentari di destra cambiasse schieramento dislocandosi nel centro-sinistra. L’operazione, non apprezzata da Prodi, ebbe la sua sublimazione con la caduta del politico reggiano.

La nuova coalizione, diretta da D’Alema (che con sforzi sovrumani era riuscito a mettere insieme quella vincitrice nel 1996), aveva una solidità parlamentare ben maggiore dell’Ulivo prodiano, visto che la fiducia al governo non dipendeva dagli umori delle piccole frazioni di sinistra, ma dall’apporto massiccio dell’Udr che presto diventerà Udeur. Con questa maggioranza e con questo governo l’Italia combatterà la sua prima guerra del dopoguerra, attaccando, con la copertura Nato, la Serbia.

Insomma Mastella nel 1998, come Verdini nel 2015 con Renzi, permise a D’Alema una specie di politica dei due forni, in modo da consentire con l’apporto dei transfughi del centro-destra quelle decisione che il centro-sinistra puro e duro non avrebbe mai assunto. Certo, la lotta sorda e sotterranea dei prodiani e della Cgil di Cofferati logorò quel gabinetto, tanto che dopo l’esito negativo delle elezioni regionali, cui era stato conferito il significato politico di conferma del consenso o di affermazione di dissenso per l’azione politica del governo, D’Alema fu costretto a dimettersi. Un confronto, quelle elezioni, la cui necessità derivava dal fatto che la coalizione di governo era nata a legislatura iniziata e non aveva avuto alcuna investitura popolare.

Una conferma elettorale –più presunta che reale- il governo Renzi –accusato (a ragione) d’essere nato a tavolino, senza un confronto elettorale- l’ebbe con le elezioni europee del 2014 e l’aspetta ora dal combinato appuntamento delle elezioni comunali di giugno e del referendum di ottobre.

Il paradosso, comunque, è il comune richiamo all’Ulivo, come un periodo d’oro per l’Italia, quando, invece, si è trattato –nei due casi che abbiamo citato- di una formula fondata sulla permanente rissosità dei partner. Non che i governi di centro-destra siano stati esempio di coesione e di unità d’intenti. Ma mitizzare l’Ulivo raccontandolo come l’età politica dell’oro è una vera e propria falsità: tanto è vero che il processo riformista, al di là delle parole, non è stato mai seriamente avviato sino al marzo del 2014, dopo l’insediamento di Matteo Renzi che, con tutte le difficoltà e le deficienze di un ministero nel quale i dilettanti allo sbaraglio erano in maggioranza, ha per la prima volta messo con i piedi per terra una serie di riforme di cui il Paese aveva una urgente necessità.

Certo, come sempre, in politica vige il detto fratelli-coltelli. Tuttavia, gran parte delle ragioni delle dure polemiche di questi giorni non sono ideali ma molto concrete: la fine del potere, nelle sue varie declinazioni degli eredi del mondo excomunista, che ha perso tutte le condizioni di favore di cui ha goduto sino a qualche anno fa. 

Impossibile che il tempo torni indietro. 

Ps: la posizione di Massimo D’Alema ha ragioni diverse. La contestazione, cioè, con argomenti nient’affatto futili, le epurazioni di Renzi, fondate sull’esigenza di occupare spazi e poteri più che di rinnovare, e l’arroganza con la quale sono state effettuate.

Domenico Cacopardo


Eccellente analisi proposta dal cugino Domenico che mi ispira ad un dialogo poiché, nonostante la possibile comparazione da lui espressa, vi rilevo piccole ma sostanziali differenze da dover sottolineare! 

Avrei qualche dubbio sul fatto che quello del passato a cui fa riferimento Domenico sia un precedente da paragonare alla formula attuale. In realtà vi trovo differenza nella sostanza oltre che nei tempi: Se in una visione apparente potrebbe dirsi identica, la fase storico politica dei venti anni ormai trascorsi.. ci vede in posizioni assai diverse.

l’Udr (Unione democratica per la repubblica), con il segretario Clemente Mastella, che, come afferma Domenico, raccolse spezzoni vari di Forza Italia e di exdemocristiani col progetto sostanziale di permettere che un consistente numero di parlamentari di destra cambiasse schieramento dislocandosi nel centro-sinistra, esprimeva dei valori ben diversi da quelli degli attuali verdiniani usati da Renzi solo per interessi specifici di opportunità politica.

Non bisogna dimenticare che il movimento virtuale UDR, sponsorizzato da Cossiga, era venuto fuori da esigenze diverse ed aveva assunto una posizione di decisa rottura andandosi ad incuneare fra i due poli in un contesto politico che appariva ormai bloccato. In realtà quei mutamenti e quelle trasformazioni si resero quasi naturalmente necessarie per l’effetto di un’azione assai costretta che un bipolarismo troppo anticipato e non attentamente studiato, aveva determinato. 

Quel movimento si era posto come centro moderato alternativo alla maggioranza e questa posizione aveva creato non poche polemiche fra gli addetti ai lavori che vi avevano identificato la inquietante riedizione di un vecchio partito. Ma la sua azione aveva comunque destato l’interesse di tanti cittadini proprio perché vista nell’ottica di una posizione di rottura nei confronti del sistema bipolare e sembrava dovesse costruire un maggior consenso in quanto…non si proponeva.. nell’immediato..ruoli governativi: Sembrava proprio il successo di una politica innovativa che mirava ad assicurare un’azione dinamica di primaria utilità rispetto ad un’ostinata e costretta governabilità.(Al di là di chi ne ha giovato in modo interessato..potremmo quindi non identificarla come vera azione di puro trasformismo...ma forse.. costretta a trasformarsi per dare più vita ad una indispensabile politica di base!)

Molti avevano intuito nel neonato movimento di Cossiga, una posizione politica lungimirante, fluida e più costruttiva, forte del richiamo culturale del momento:una corsa in coerenza col tempo...successivamente dimostratasi..non altrettanto coerente nel tempo. Infatti..non appena entrata a far parte del nuovo governo D’Alema, il grande entusiasmo cessò si esistere: l’ingresso nell’esecutivo e la pretesa di una politica diretta prevalentemente verso l’Europa, non potevano reggere la prova di un Movimento ritenuto ancora virtuale nel Paese.

Ciò che in modo diverso sta avvenendo oggi ..(oltre ad essere la prova provata di un insuccesso di un bipolarismo ormai contrastato da decenni)..pare spinto da futili motivi di interesse..non per contrastare la formula bipolare (come lo fu in passato con l'UDR) attraverso azioni dinamiche proposte con contenuti di una politica di riflessione in favore di una migliore democrazia, ma per puro opportunismo non essendo supportata da alcun progetto...tranne che in favore di una governabilità che pretende persino di cambiare i valori di una Costituzione. Se in quella del passato poteva intravvedersi una azione di trasformismo motivato...in quella di oggi si percepisce di sicuro un'azione opportunista..più che di giustificata trasformazione!

vincenzo cacopardo


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