13 giu 2013

Ancora buon lavoro e solidarietà a Cécile!



Dopo il gesto clamoroso di Dolores Valandro, consigliera leghista di Padova che su Facebook ha pubblicato la foto del ministro Cecile Kyenge, scrivendo : "MA MAI NESSUNO CHE LA STUPRI, COSI' TANTO PER CAPIRE COSA PUO' PROVARE LA VITTIMA DI QUESTO EFFERATO REATO? VERGOGNA!"…. sento l’obbligo di riproporre il post di circa un mese addietro in riferimento ad altre vergognose offese alla neo ministra da parte del leghista Borghezio. Pur cercando di comprendere il gesto della consigliera leghista.. diverso nell’interpretazione da quello espresso brutalmente da Borghezio, ma ugualmente irriverente della figura femminile che oggi interpreta un ruolo di estrema importanza per l’integrazione, non riesco bene a comprendere il senso di spingersi oltre il dovuto rispetto che si deve ad ogni donna  che si impegna in un così difficile ruolo. La politica dovrebbe insegnare principalmente sensibilità e rispetto verso il prossimo! 


"Scimmia congolese". "Governante puzzolente". "Negra". "Negra anti-italiana". "Vile essere". "Faccetta nera". La paternità degli epiteti è del pensatore leghista Mario Borghezio che ha definito una "scelta del cazzo", per una figura che è arrivata in alto poiché vicina a qualche gerarca del Pd".
Continuano dunque... le manifestazioni e le becere offese di piazza  e da stadio!  Il disgustoso odio razzista si risveglia di continuo nel nostro Paese, ed oggi... proprio contro Cécile Kyenge, neoministro della Repubblica italiana per l'integrazione..... arriva una inspiegabile condanna.
...Se poi..pensiamo alla figura alquanto decadente di chi si è permesso di esprimere tali considerazioni...potremmo anche non meravigliarcene...
In realtà..sembra non tenersi in considerazione nulla: nessuna capacità…nessuna competenza, ma solo un colore della pelle. Una discriminante razziale che rasenta la follia e non può avere alcun sostegno in un mondo globalizzato come il nostro che non deve più muoversi in un simile modo riduttivo e selettivo.


Dovremmo in realtà essere grati per la scelta governativa che pone una donna di colore in un ruolo importantissimo come quello spesso sottovalutato..ma rilevante, dell’integrazione.
Un argomento politico internazionale di grande attualità che, nel prossimo futuro vedrà un sovrabbondante numero di immigrati extracomunitari che tenderanno ad invadere i territori dei Paesi economicamente più avanzati…ed il nostro, di sicuro, è uno dei Paesi più gremiti ed assai  condizionato da questo forzato processo di coabitazione. Non valutati con attenzione nel passato, questi problemi, oggi resi molto difficili, vedono oggi un mondo politico doversi esprimere in termini sempre più severi.
Chi..dunque.. meglio di una donna di colore come la Kyenge potrebbe intuire l’importanza di una giusta strada di lavoro per l'integrazione…sia per le personali esperienze.. che per una innata disponibilità..supportata proprio dal colore della pelle che offre di per sé, un’immagine più adatta e consona all’impegnativo e fondamentale ruolo.
Buon lavoro a Cécile!
vincenzo Cacopardo

12 giu 2013

Un commento sull'editoriale di Antonio Polito



Dall’editoriale del Corriere della sera del 12/6 “L'altra Italia che non vota” 
Antonio Polito scrive:
“Nel trionfo di Ignazio Marino ci sono dodicimila voti in meno di quanti ne ottenne Francesco Rutelli nel tonfo del 2008. I vincitori di questa tornata amministrativa faranno bene a tenerlo sempre a mente: i consensi ottenuti domenica e lunedì sono pochi. Non sarebbero bastati per vincere un anno fa e potrebbero non bastare tra un anno. L'improvvisa impennata dell'astensione meriterebbe anzi qualche riflessione un po' meno rozza di quelle che circolano. C'è chi l'attribuisce alla crisi economica, ma altrove l'apatia elettorale è cresciuta piuttosto in periodi di prosperità, quando cioè le cose andavano troppo bene per cambiare (Blair e Clinton ne approfittarono), e si è ridotta in tempi difficili (vedi Obama). Dire che è segno di sfiducia nella democrazia rappresentativa è d'altronde un truismo, se non si spiega perché”.

L’impennata di assenteismo, giustamente evidenziata dall’esperto giornalista, risulta preoccupante, ma anche abbastanza scontata.. poiché al momento attuale il cittadino soffre di più nel formulare un consenso in un sistema che sembra non funzionare più. Inoltre.. le precarie sorti economiche delle amministrazioni comunali, non riescono nemmeno a stimolare una scelta sicura su una figura in grado di portare in porto un qualsiasi programma. Pur tuttavia, sembra fin troppo scontata un’alternanza.. soprattutto in una logica di sistema che…a parer mio.. appare poco funzionale e che..dovrebbe anche far riflettere sull’aumento delle astensioni stigmatizzata dal giornalista: - Il cittadino si astiene poiché è stanco di esser parte passiva di questo sistema di elezioni!

Il giornalista chiude poi l’articolo con queste parole:
“governando con pazienza e stabilità, producendo risultati e cambiamenti reali, il Pd può trasformare questo effimero successo (una non sconfitta, per dirla alla Bersani) in un radicamento elettorale finalmente più ampio. Le vie della vocazione maggioritaria sono infinite, ma il governo Letta al momento è la migliore di cui il Pd disponga”.


A prescindere dall’attenta analisi proposta nell’intero articolo, io credo che non vi possa più essere spazio per simili grandi Partiti, senza procedere in via prioritaria verso un loro rinnovamento. Se sembra scontato che il PD, nel territorio, risulta.. da sempre.. il più presente,.. è anche vero che nelle elezioni politiche..ha continuamente rischiato. Un partito che paga il conto di una vera mancanza di innovazione e che non avrebbe mai dovuto aderire con ostinazione agli inutili scontri sulle contrapposizioni. Come afferma giustamente…anche se un pò sarcasticamente.. Polito “il governo Letta al momento è la migliore via di cui il Pd dispone”
Vincenzo Cacopardo

11 giu 2013

Far partire dal basso le procedure di rinnovamento



Come si può ben comprendere, oggi, il bisogno di cambiamento è legato al tempo…ad un momento storico che quasi lo esige e lo pretende. I grandi dotti della politica sembrano attaccati ad un barroccio dal quale non vogliono o.. non sanno.. più staccarsi. Questo carro è quello di un sistema politico viziato all’interno di una spirale nella quale sembra essersi racchiuso. C’è persino chi pensa che qualcuno soffi sul fuoco al fine di aumentare la fiamma del disagio sociale..forse perché siamo in troppi nel pianeta o.. per motivi ed interessi dei quali non è dato sapere.
Per ciò che riguarda il nostro Paese, la speranza della ricerca attraverso una nuova forma mentis, sembra ogni giorno allontanarsi..Nessun politico al di fuori di Grillo (di sicuro utile per scuotere dal passato..ma  altrettanto pericoloso per l’incapacità di una ricostruzione saggia e ponderata) si identifica pienamente nel disagio del contesto sociale, alzando lo sguardo in direzione di una definitiva rottura con le vecchie logiche del sistema.
Come uscirne allora? Quali potrebbero essere le strade più adatte al fine di non venire risucchiati da un cinismo o da un pericoloso processo di autoritarismo? Qualcuno come me… sostiene che occorrerebbe immedesimarsi e lavorare per un modo più funzionale di vedere la politica (anziché ostentare populistiche propagande)…ponendo lo sguardo in lungimiranza nel contesto della modernizzazione di una società in cui la tecnologia pare avanzare a dismisura, ma salvaguardando il principio democratico ed i fondamentali valori connessi.
La nostra  Nazione…sebbene in ritardo ..ha dato inizio ad un’azione di rinnovamento istituzionale attraverso un primo studio condotto da poche decine di saggi. Questa necessità è stata voluta dal precedente governo..ma, in realtà è sempre rimasta costretta dalle diverse posizioni dei Partiti uniti nel coacervo di una governabilità che si è voluta per la sicurezza del Paese. In molti pensano che, a prescindere dal chiaro compromesso che lega le diverse posizioni, si possa egualmente procedere ad una nuova riforma elettorale tenendo separata la ricerca delle nuove riforme costituzionali.
La domanda che mi pongo è.. però.. quella di non comprendere come si possa dare corpo ad una nuova legge elettorale se non si individua attentamente una generale logica funzionale del sistema che coinvolga pienamente ed in modo democratico la partecipazione del cittadino. Il che dovrebbe dare più spinta ad una naturale regolamentazione degli stessi Partiti: - Creare una legge elettorale per poi lasciare liberi e senza alcun vincolo i Partiti nella loro partecipazione ai bisogni dei cittadini, sembra una simulata e generica soluzione..Non sarà nè una preferenza...nè un premio di maggioranza a risolvere tale problema, poichè ogni governabilità costruita in tal modo, sarà sempre destinata a soccombere sotto le ferree logiche di una democrazia.
Non sarebbe, quindi, necessario dare prima corpo ad una efficace regolamentazione dei Partiti affinchè possano presentarsi come una solida interposizione per i bisogni reali della società? Non sarebbe più logico far partire dal basso tali procedure di rinnovamento?
vincenzo Cacopardo

10 giu 2013

Le nuove logiche della politica



(tratto dal libro “la politica ed il cambiamento”)
La società, con le proprie esigenze, ci impone una amministrazione sicura e…non v’è dubbio che qualunque cittadino senta un primario bisogno di sicurezza da parte di tutti gli organi dello Stato. Occorre dunque dare un governo ed un’amministrazione che possano assicurare efficienza e serenità ed il problema, secondo gran parte dei politici.. dovrebbe essere risolto con un governo “stabile e duraturo”.

Ci si domanda..però.. cosa potrebbe impedire di offrire al Paese una governabilità efficiente, facendo un uso migliore delle procedure attraverso logiche più appropriate del funzionamento della politica. 
Se il termine “efficiente” può indicare, in via generica, sicurezza e funzionalità…gli aggettivi “stabile e duraturo” fanno di certo pensare a qualcosa di spaventosamente immutevole nel tempo e perciò non esattamente adeguato ad un necessario sviluppo sociale, economico e culturale.

Cosa vorrebbe dire stabile?....forse immutabile, fermo nel tempo, privo di cambiamento? Per una buona funzione amministrativa è forse più giusto un desiderio duraturo di governabilità ma, un riscontro difficile potrà avere l’aggettivo “stabile” nei confronti di qualunque azione politica che si vorrebbe dinamica e moderna!

“In una vera democrazia, la stabilità si può solo conquistare…non si può imporre o forzare”! 
Sembra che fino ad oggi…la nostra classe politica, per ottenere una stabilità di governo, sia come obbligata a costringere il percorso di una libera politica: Imponendo un diritto se ne reprime un altro che rappresenta la base ed il fondamento della stessa dottrina! In realtà una scelta non dovrebbe nemmeno essere posta, ricercando invece soluzioni equilibrate per un punto d’incontro che possa meglio soddisfare ambedue le esigenze.
Ancora peggio appare la prospettiva di proporre sistemi bipolari attraverso l’uso di maggioritari per il desiderio di un riscontro con un futuro bipartitismo che possa ancora meglio assicurare una governabilità.

Ma cosa potrebbe esservi oltre un bipartitismo?...Se si cerca di circoscrivere o di ridurre al minimo le voci della politica, si potrebbe rischiare di costruire un sistema sempre più essenziale”, quindi “ristretto” ed infine “oligarchico”.

Tutto ciò potrà anche essere mascherato dietro l’immagine di una “nuova democrazia”…ma sarà destinato a venir fuori non appena l’effetto di frustrazione, subìto dalla stessa azione politico-culturale e dei valori, non potrà più essere contenuto.


La necessità di dare un governo alla Nazione è comunque un’esigenza prioritaria per una serie di ragioni legate proprio alla sicurezza, all’economia, alla politica estera..ed altro; da qui il bisogno…o meglio l’urgenza per la rapida ricerca di un esecutivo attraverso la strada della stabilità che, pur apparendo positiva..potrebbe impedire nel tempo qualsiasi azione politica di base di un sistema che si desidera democratico.


La mancata promessa di un bipolarismo risolutore dei problemi inerenti una governabilità è una prova di come..attraverso un maggioritario, si sia volutamente illuso il cittadino. Viene da domandarsi se…col precedente sistema proporzionale..opportunamente modificato, non si sarebbe avuta una maggiore possibilità di governare e, se vi è proprio bisogno di certe procedure dettate da un desiderio di cambiare tutto per poi non cambiare nulla.

Nel passato si è detto che il cittadino si sia allontanato dalla politica perché i vecchi sistemi non avrebbero potuto offrire sicurezza ad una politica costruttiva ma…ancora oggi.. sembra che la vera causa di tutto ciò sia stata quella di aver svuotato la stessa attività politica della sua fondamentale funzione.

Politica nazionale e di governo
Nella prima parte ho rappresentato la mia profonda perplessità sul riscontro di una governabilità stabile e duratura..quando questa..dovesse essere generata da un’unica ragione del governare, senza essere costruita su una solida base di dialogo e da un’essenziale azione induttiva. 
Questa governabilità assume di conseguenza un illogico scopo che si riflette contrariamente sulla stessa efficacia e sulla sicurezza; con i sistemi odierni ogni politica governativa viene penalizzata nel suo percorso poiché tende a non preservare un vero ruolo utile…costruendo continui compromessi.


In una visione più moderna della politica, ogni governabilità dovrebbe rispondere ad uno scambio dialettico con la società.. indotto dalla forza dei Partiti (debitamente rinnovati).

La governabilità..dunque.. dovrebbe seguire una sua strada separata dalla politica di base in termini di “ruolo”…ma dovrebbe esprimere una sintesi deduttiva suggerita e guidata nel merito dall’azione dinamica di una più libera politica ( come già detto: una politica di ricerca e di idee) che giunge in Parlamento nel percorso di una campagna elettorale in cui si definiscono i programmi e …dove, il compito della definizione delle normative deve guardare più al metodo.


La separazione dei “ruoli”…dal sottoscritto ormai espressa diverse volte…non può che porre maggiore argine ai possibili compromessi ed ai molteplici conflitti d’interesse evidenziati già da tempo.

Pensiamo.. ad esempio.. ad un uomo di potere come Berlusconi che..con tutte le società che possiede, pone un annoso problema di incompatibilità con in suo stesso ruolo politico. Con una riforma che mira alla netta separazione dei ruoli, una figura come la sua, sarebbe costretta a scegliere e ad optare (ove ne possedesse i requisiti) per un ruolo amministrativo e di Governo…non avendo, di fatto, più voce in capitolo su ogni legiferazione o scelta politica sulle normative..etc.. Se, al contrario…attraverso un suo Partito.. scegliesse di accedere ad una sua candidatura parlamentare, non avrebbe di conseguenza alcuna possibilità di esprimersi in ruolo di Governo.


Si può perfettamente capire quali difficoltà potrebbero esservi in un simile cambiamento senza il necessario scambio che coinvolge tutte le forze della politica..e resta anche difficile mettere mano ad una riforma senza una precisa analisi di studio approfondito sulla questione…seppure sia convinto che.. una ricerca sulla separazione dei ruoli.. appare oggi la via necessaria per meglio incidere sui continui compromessi e per esprimere una governabilità più sicura e funzionale. 

Le politiche territoriali
Il principio fondamentale dettato dall’esigenza di dividere meglio il ruolo amministrativo da quello della politica di ricerca e parlamentare, ha molta importanza per una Nazione nel suo insieme. Il Paese necessita di un indirizzo chiaro richiesto dai cittadini che vi vivono e vi lavorano e dove gli stessi esprimono una volontà attraverso un voto favorevole in direzione di una politica nazionale comune. La visione futura dovrebbe essere quella di una politica nazionale intesa come servizio che impegni il Paese in un unico Stato. la centralità dello Stato deve essere anteposta ad ogni altro principio che regola le leggi ed i rapporti con i territori locali. In riferimento alle elezioni amministrative, si deve però tener conto delle necessità di un percorso che segua i principi di una cultura locale e quindi a protezione dei valori territoriali delle singole Regioni.

Già da tempo si sta provvedendo ad uno studio di federalismo fiscale senza tenere in considerazione un lavoro parallelo che potrebbe risultare essenziale. Sarà difficile un riscontro positivo con una fiscalità regionale senza un armonico studio di indirizzo politico culturale ed amministrativo 


L’approfondimento dello studio della mia ricerca, in riferimento alle elezioni amministrative, vorrebbe tenere in considerazione il momento storico in cui si guarda con sempre maggior interesse ad un federalismo diretto verso le Regioni, ma con un occhio particolare ad una indipendenza amministrativa più logistico strutturale che politica in se.  Secondo questa valutazione, le regioni, hanno ancora necessità di una politica di base territoriale, poiché si impone per un bisogno legato alla loro storia ed una più diretta protezione delle attività culturali allacciate alla tradizione.


A differenza che in campo nazionale,  per le elezioni regionali, si impone un modello diverso. Sarebbe più utile favorire  maggiore forza alle amministrazioni comunali,  controllati dalla Camera amministrativa. Di contro non dovrebbero avere alcuna espressione politico parlamentare di supporto, per altro onerosa: I Consigli comunali e provinciali potrebbero essere eliminati poiché i cittadini tendono ad esprimere un voto più per un programma di funzionamento strutturale e di evoluzione della propria città, che di vero stampo politico.


Tuttavia una indispensabile politica di controllo territoriale e di indirizzo potrebbe essere condotta da un Consiglio regionale attraverso elezioni politiche espresse per collegi provinciali. (Uno studio per un federalismo politico istituzionale tenuto dai Consigli regionali ed un federalismo amministrativo condotto dai Comuni con elezioni differenziate). Ambedue le politiche saranno collegate alle rispettive Aule nazionali.



A differenza che nel passato, in cui i Comuni tendevano a chiudersi in se stessi e non guardavano ad uno sviluppo in relazione agli altri Comuni del territorio ed in cui esigeva una particolare politica cittadina, le necessità odierne di una città guardano verso il futuro tendendo a muoversi solo in direzione di un programma amministrativo per la creazione di strutture adatte ed infrastrutture necessarie per offrire buoni servizi ai cittadini.






 vincenzo Cacopardo
Post correlato : studio teorico di ricerca per il funzionamento della politica