25 mar 2013

Perchè necessita il cambiamento 3°



(tratto da "studio e analisi": la figura politica e la ricerca di un cambiamento) 
Molti cittadini, per la mancata conoscenza dovuta anche  all’obiettiva impossibilità di dedicarsi attentamente alle problematiche politiche, continuano a credere nella soluzione di una buona riforma elettorale… sebbene, qualunque idea, che si voglia indirizzare verso un cambiamento sostanziale e costruttivo della politica, non potrà guardare esclusivamente a questa soluzione…
Non riusciranno nè un porcellum, né un mattarellum, nè altri sistemi elettorali a risolvere le questioni insolute che bloccano la via del  funzionamento di un apparato vecchio come il nostro… “Ogni ristrutturazione, dopo un forte terremoto, se non parte dalle fondamenta, potrà anche apparire bella ed elegante, ma non sarà mai sicura!”
Si pensa, forse, che inserendo nuovamente una preferenza si possa risolvere il problema che ostacola un iter parlamentare e governativo sano. Sono solo illusioni!.. giacchè, anche inserendo una preferenza, il consenso potrà sempre essere acquisito con facilità attraverso la forza del denaro, dei poteri occulti e persino con attività criminali nascoste all’occhio di chi dovrà esprimere il voto. Senza poi considerare il fatto che, proprio oggi, con l’attuale crisi che penalizza il lavoro, ogni consenso potrebbe essere assai più condizionato da chi ha forza e potere.
L’argomento dell’espressione del consenso viene puntualmente tirato fuori con tempistica e giustificazione, in questo momento storico di crisi della politica, da chi ci governa, a protezione della propria immagine assimilata ormai negativamente, ma anche per una mancanza totale delle soluzioni…Quindi quasi esclusivamente per potersi ingraziare quel che rimane del beneplacito dei cittadini.
Ma possiamo davvero credere che questo possa essere l’impegno di chi dovrebbe portarci verso la futura crescita del nostro Paese? Non dovrebbe, forse, essere il compito di chi fa seria politica costruttiva quello di guardare continuamente avanti ricercando idee funzionali per snellire e procedere fattivamente verso l’iter stesso della crescita? ..e chi potrebbe farlo se non la politica..

Occorre ripartire dalla base, provvedendo a studiare e modulare un complesso innovativo utile al funzionamento, dividendo meglio il lavoro dei poteri: Uno  studio mirato ad una  crescita anche qualitativa della struttura del sistema sociale, partendo dal ruolo fondamentale del cittadino che non potrebbe che essere il primo elemento dell’ingranaggio “meccanico” di uno Stato che si vorrebbe coerentemente democratico.
La nostra società continuerà a condannare ogni figura politica relegandola in un ruolo di usurpatore di un sistema ormai inefficiente e non al servizio del popolo. Se può essere vero che molti di essi hanno approfittato del loro compito preoccupandosi di più del proprio stato economico o dell’ immagine (che ormai non li raffigura di certo in senso positivo) è anche vero che la loro non può che essere una colpa indiretta in quanto, le principali colpe, sembrano ricadere sull’intero sistema di una Repubblica andata congegnandosi su principi vecchi non più in linea, nè utili ad un processo evolutivo che in questi anni ha visto  crescere la società, succube di modelli esterofili non adeguati al percorso di sviluppo economico, territoriale e culturale del nostro particolare Paese.
Dovremmo, quindi, immedesimarci nel concepire una nuova forma di funzionamento del sistema, un nuovo percorso che veda, nell’innovazione e nel distacco dai vecchi canoni, il futuro di una nuova società. Non è soltanto un problema del “politico” ma, di una “politica” che si muove ormai imprigionata in un sistema da dover riformare facendo sì che in tal modo,  non possano emergere figure politiche migliori.
vincenzo cacopardo

Perché necessita il cambiamento 2°





(Tratto da “Studio e analisi” argomento : La politica e la sua funzione”)


La politica non può solo avere un sintetico senso del governare, in quanto essa racchiude in se i contenuti di teoria e pratica, di arte e scienza, di idea e funzionamento. La politica rimane arte nel principio consistente la ricerca delle idee, nel confronto con i cittadini, nella mediazione, diventa scienza nell’esercizio della sua funzione amministrativa legata allo sviluppo costruttivo della società.
In base a questo concetto, si pone anche quello che potrebbe oggi apparire come un paradosso e cioè: Chiunque, motivato da una capacità creativa, geniale ed intuitiva, potrebbe essere in grado di saper creare iniziative politiche idonee e funzionali alle esigenze,  anche se solo in termini teorici.
Le capacità di chi esercita questo ruolo appaiono  essere prevalentemente di inventiva il che comporta sicuramente quell’intuito e quella sensibilità per certi versi vicina alla capacità creativa di un artista in senso lato. Sebbene costoro, devono sempre avere una buona conoscenza dell’aspetto sociale ed istituzionale del paese in cui si vive.

Ben diversa rimane l’attività di chi deve predisporsi per una amministrazione in termini di conoscenza e quindi anche di esperienza per la soluzione di un processo costruttivo e di un buon funzionamento: Chi amministra deve avere un ruolo determinato e diretto verso la conoscenza scientifica di ciò che si deve con efficienza realizzare.
Ecco, perciò, la determinazione dei due ruoli che differentemente potremmo definire “induttivi” e  “deduttivi”. Ruoli che, per scopo ed esigenza, definiscono due strade diverse che dovrebbero raggiungere un unico percorso costruttivo in relazione alla definizione di una “politica” che si vorrebbe funzionale.
La speranza che in un politico possano coesistere ambedue le qualità appare molto difficile e, qualora potesse esservi, lascerebbe molti spazi aperti verso naturali compromessi: Generalmente chi ha una mentalità creativa non è portato ad accostarsi a chi si impegna mentalmente in direzione di una scienza e viceversa.


L’odierno sistema vede comunque il politico inserito contemporaneamente nei due ruoli come se appartenessero ad un’unica carriera. Questo sistema ha fatto sì che oggi il politico venga considerato colui che crea e nel contempo esegue, nel contesto di un’unica linea politica. Linea politica che, nel tempo, viene condizionata da una vera e propria oligarchia dei Partiti.
Le vecchie ideologie hanno forse contrastato e rallentato la marcia di innovazione dei grandi contenitori di consensi, ma oggi sembra che nessuno, abbia aperto la strada alle nuove idee per una vera politica di attualità.
Una problematica che non può più essere posta sotto forma di una ideologica battaglia, poiché non si tratta solo di determinare una maggioranza, ma di lavorare insieme per diminuire quel macroscopico divario tra cultura e non cultura, tra grandi ricchezze e spaventose povertà, tra conoscenza ed ignoranza, tra sicurezza ed insicurezza e soprattutto tra il nord ed il sud del nostro Paese.
La parola chiave, quindi, sembrerebbe essere “funzionalità”, come sinonimo di efficienza ed innovazione, ma intesa anche come teoria secondo la quale, nelle varie culture, la funzione dei singoli elementi culturali, ha un’importanza predominante sulla evoluzione stessa.
Uno studio organizzativo che dovrebbe basarsi su un principio di specializzazione e di suddivisione del lavoro.
vincenzo Cacopardo

Perché necessita il cambiamento. 1°




(tratto da “Studio e analisi” argomento : le riforme e la ricerca d governabilità)

Viviamo in uno Stato parlamentare e questo basterebbe per porre l’importante azione della Camera come centralità dalla quale dovrebbe dipendere ogni regola ed ovviamente l’indirizzo culturale ed economico del nostro Stato democratico.
 I ruoli legislativi, quindi, non possono che essere primari e propedeutici a quelli amministrativi.
Recita il Diritto costituzionale la mancata attribuzione dei poteri di indirizzo politico al Presidente della Repubblica, fa sì che tali poteri vengano accentrati nel raccordo Parlamento – Governo”.
Un raccordo che oggi sembra essere intaccato e desta serie preoccupazioni per la garanzia dello stesso principio di democrazia costituzionale: i due ruoli non riescono più ad operare in condizioni di indipendenza e, pur nella loro distinzione funzionale, risultano condizionati da un pressante potere partitico che li sottomette al proprio interesse. La tendenza equilibratrice che si voleva tramite il raccordo ed affinché a nessuno dei due poteri potesse essere assegnata una condizionante prevalenza, non sembra oggi possibile. La centralità del Parlamento non determina più la sua vera fondamentale funzione ed ogni azione governativa finisce sempre col prevalere e condizionare pragmaticamente ogni indispensabile percorso politico parlamentare.
La Costituzione, sulla parte riferentesi ai diritti ed i doveri dei cittadini, ci dice ”Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero, con la parola, lo scritto ed ogni altro mezzo di diffusione”. Ciò risulta fondamentale e dimostra l’importanza di quel verbo che spinge a “regolare” i rapporti tra lo Stato ed i cittadini attribuendo a questi un diritto soggettivo ad un libero pensiero.
Recita ancora la stessa Costituzione sui principi fondamentaliE‘ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione all’organizzazione politica economica e sociale del Paese”. Cosa può voler dire questo? Se non il chiaro messaggio di poter dare a tutti i cittadini le giuste opportunità di una propria partecipazione alle scelte?

Quest’altro rilevante principio, se collegato al precedente, vincola inequivocabilmente le istituzioni a favorire con piena attuazione la strada per la determinazione di una vera funzionalità della politica. -Funzionalità e partecipazione di pensiero e di idee  che sembra oggi non si vogliano ricercare!   
Ecco perché è necessario dare massimo sfogo ad una politica di base e parlamentare, riflettendo attentamente sul perchè si sia perso il sano filo politico costruttivo, sopraffatti da un’unica irragionevole impellenza governativa.
Una politica di ricerca e di pensiero vorrebbe dire induttiva e propedeutica. Una politica amministrativa dovrebbe, invece, essere deduttiva e costruttiva.
Una giusta governabilità deve sicuramente seguire  un principio di qualità poiché, non si tratta solo di diminuire o di aumentare i ministeri o le poltrone di comando di un esecutivo ma, di determinare un percorso costruttivo attraverso una richiesta che partendo dalla domanda deve finire col trovare un logico fine di utilità.
La situazione odierna comincia a manifestare grosse incongruenze: si va ad elezioni, si decide una maggioranza che poi spesso, per questioni di prevalente interesse di potere, viene infranta imponendo di compattarsi in ulteriori maggioranze risicate e contraddittorie. Percorsi che non possono e non devono appartenere a qualsiasi logica politica che si vuole coerente e costruttiva.
Se innovazione vuol dire progresso, le idee nuove ne sono la vera forza attiva, e se, per un giusto progresso, si impone un vero cambiamento, non potranno che risultare essenziali nuove regole. Bisogna quindi avere la forza di chiudere con il passato, per affrontare un futuro che ci impone continua innovazione anche in termini politici.
vincenzo Cacopardo


24 mar 2013

Un nuovo commento di Domenico Cacopardo



REALISMO E RESPONSABILITA’
di Domenico Cacopardo

L’incarico che Giorgio Napolitano ha conferito a Pierluigi Bersani ha dei limiti ben precisi. Essi consistono nella definizione di una maggioranza programmatica precostituita al Senato.
Dobbiamo confidare ora nel senso di responsabilità del segretario del Pd: sarebbe, infatti, un pessimo servizio alla democrazia convincere un certo numero di grillini ad abbandonare il mussolinetto di Bogliasco per confluire in una proposta Pd-Sel. Le altre ipotesi, per la formazione della maggioranza richiesta dal presidente della Repubblica, sono ancora più avventuriste. L’idea di un accordo con la Lega Nord e con uno sparuto gruppo di componenti in libertà del Pdl accentuerebbe le incertezze sul futuro.
Alla fine rimarrà soltanto la rinunzia.
Napolitano, infatti, non accetterà una compagine governativa senza maggioranza precostituita alla mercé delle bizze imprevedibili dei senatori grillini, leghisti e vari cani sciolti: la dimensione drammatica dei problemi economici nazionali non lo permetterebbe.
Una rinunzia del genere ha il significato politico di un sconfitta non di Pierluigi Bersani, ma dell’intero Pd. Valeva la pena insistere in modo così pervicace per ottenere un simile risultato? O non era meglio lasciare alla regia del presidente della Repubblica la ricerca di una soluzione istituzionale che traghettasse il Paese attraverso l’elezione del capo dello Stato e, dopo, verso una nuova legge elettorale (maggioritario in due turni) e nuove elezioni?