18 set 2014

Una nota al nuovo editoriale di Antonio Polito


I sotterranei della democrazia...visti da antonio Polito
Sta per chiudersi nel nostro Paese una lunga era cominciata negli Anni 70 e segnata dall’espansione della democrazia elettiva, intesa come forma di partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica. Su impulso specialmente del Pci, che vi vedeva un inveramento della Costituzione (il Centro per la riforma dello Stato di Ingrao ne fu il laboratorio teorico), dalle Regioni fino ai Consigli di Istituto, passando per i Consigli circoscrizionali nelle città, abbiamo da allora eletto una pletora di livelli di autogoverno, producendo forse più democrazia di quanta fossimo in grado di consumare.
La sbornia è stata tale che prima o poi il pendolo della storia doveva cambiare verso. E infatti dal 28 settembre al 12 ottobre si terrà in tutt’Italia la prima tornata di elezioni indirette per 64 assemblee provinciali e 8 città metropolitane. Sarà dunque l’esordio di una democrazia di secondo grado (sperando che non sia tale anche per qualità) che dovrebbe culminare con l’elezione indiretta dello stesso Senato, e cioè di un’assemblea legislativa.
Quale sia l’obiettivo di questo cambiamento e perché sia popolare, è facile da capire: si tratta di spoliticizzare istituzioni finora dominate dai partiti e di sfrondarle (da 2.500 consiglieri si passerà a meno di mille, e senza indennità). Invece che dai cittadini, i membri delle nuove assemblee e i loro presidenti saranno scelti dai consiglieri comunali e dai sindaci, con un voto ponderato in base alla popolazione che rappresentano. Però, come tutte le volte che si cerca di cacciare la politica dalla democrazia, c’è il rischio che quella si vendichi rientrando dalla finestra.
È ciò che sta accadendo in queste ore. È tutto un fiorire di trattative, spesso segrete, alcune già chiuse, altre riaperte, per dar vita ad alleanze contro natura tra partiti che di solito si combattono, o fingono di farlo, pur di assicurare un posto a tutti.
La più scabrosa è saltata proprio ieri, quando Pizzarotti ha dovuto rinunciare a guidare un listone unico tra Pd e M5S a Parma, a causa dell’opposizione di Grillo. Ma in altri territori il dialogo prosegue e non mancano, soprattutto al Sud, scambi di effusioni tra Pd e Forza Italia (anche se questi, dopo il patto del Nazareno, sono ormai meno innaturali). Spesso queste alleanze scatenano lotte interne ai partiti, come è accaduto in Puglia, dove Emiliano ha dovuto sconfessare l’intesa raggiunta dal Pd con i berlusconiani a Taranto e Brindisi, per non compromettere le sue primarie alla Regione.
Il rischio vero, insomma, è che una riforma che punta a cacciare i partiti dal tempio della cosa pubblica si trasformi in una fase più proterva della lottizzazione partitica (alle Province restano per ora rilevanti poteri e capacità di spesa), con spartizioni di nomi e di cariche decise in stanze chiuse al pubblico, e senza neanche avere più sul collo la spada di Damocle del giudizio popolare. Non sarebbe la prima beffa del genere, ma questa getterebbe una luce sinistra sulla ben più delicata elezione di secondo grado prospettata per il Senato, che giochetti locali di piccolo calibro potrebbero trasformare in un pied-à-terre romano per la nomenklatura regionale dei partiti. Anche se stavolta non votiamo, sarà dunque bene che vigiliamo: della democrazia di secondo grado siamo pur sempre il pubblico pagante.


Una democrazia ormai umiliata
Più che una democrazia di secondo grado mi sembra un gioco condotto al solito scopo di rendere più potere all'esecutivo. ...e a coloro che hanno già in mano le leve del potere politico.
Quella espansione della democrazia elettiva, intesa come forma di partecipazione popolare alla gestione della cosa pubblica, a cui fa riferimento il giornalista, non sta per chiudersi, ma sembra essersi conclusa già da tempo in rapporto ad una mentalità politica che segue ormai assoluti principi di potere, oligarchici e che mirano prevalentemente ad una comoda governabilità. La mentalità di chi ritiene che per far funzionare un sistema sia necessario tagliare o percorrere vie più semplici senza un rispetto verso i principi della democrazia..è ormai prevalente. Quando si operano simili riforme non si può partire da un principio generico di risparmio e di riduttività dell'azione parlamentare..umiliandola a favore di una governabilità!
Con questi ultimi metodi non si sta provando ad uscire dal parlamentarismo eccessivo, ma si corre dritti verso un'avventura. Se si esaspera una certa semplificazione senza una logica costruttiva che protegga un vero principio di democrazia. ...i risultati potranno solo essere a danno del cittadino e di tutto il contesto sociale che lo circonda.
Polito, prendendo anche spunto dalla nuova riforma del Senato e delle Provincie, descrive con accortezza i rischi che continua a correre il nostro ordinamento politico che, con le nuove riforme promosse dal governo, rischia di porre la democrazia elettiva... nei più oscuri sotterranei.
vincenzo cacopardo


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