23 giu 2015

Una nota critica al nuovo articolo di D. Cacopardo sulle parole di Papa Francesco


Domenico scrive in modo limpido e chiaro come pochi, ma pare non interpretare allo stesso modo le parole ed i ruoli.

Le parole del Pontefice.. a parer mio.. devono potersi leggere in una sorta di ricerca di equilibrio e non di utopistica visione. Insomma..questo Papa che porta la sua evangelizzazione attraverso la parola di Cristo come uomo in terra, non credo affatto intenda criticare il fenomeno della povertà in termini di colpe dell'uno o dell'altro, ma di un mancato senso dell'equilibrio di cui la società stessa non dovrebbe mai perdere la visione....Ma poi..cosa dovrebbe esprimere un Papa che rappresenta il Pastore di una Chiesa che per Vangelo esorta verso la vita e la gioia dell’essere umano? ..Dovrebbe forse rimproverare i poveri che si lamentano? Dovrebbe esortare il mondo a continuare questo processo di enorme diseguaglianza che crea morte e sofferenze?

Il Papa fa il Papa.. e non fa il politico! ..Diffonde il suo messaggio cristiano. Continuare a criticare Papa Francesco per le sue omelie e le sue encicliche.. come fosse un politico è un punto di vista inaccettabile: Francesco non potrà mai essere individuato come colui che fa demagogia o populismo poiché il suo ruolo è quello di indurre e stimolare verso il buon senso e la carità e non certamente quello di indicare una strada politica per far sì che ciò avvenga...Ed è..forse.. in questo suo non indicare.. che viene contestato come fosse un qualunque demagogo, mentre, al contrario, dovrebbe facilmente intuirsi che non potrebbe mai spingersi oltre. Paragonarlo.. attraverso una critica.. ad un qualsiasi figura istituzionale è deviante e non è sicuramente saggio da parte di una persona di alta cultura come Domenico.

In questa logica come si può mai parlare di “arbitrario sincretismo”..non si può mai sottintendere all'insieme di elementi ideologici...che nulla sembrano avere a che fare con un più semplice messaggio verso la carità, il rispetto e la stessa dignità dell'essere umano.

Al di là della giusta dissertazione circa il sovrappopolamento del globo, credo che Domenico individui con pregiudizio nel pontificato di Francesco una linea politica insussistente...non riuscendo, invece, a cogliere l'importanza di chi.. nel merito...ha necessità, ma anche il dovere.. di eprimere con umiltà il bisogno di quell'equilibrio affinchè possano trionfare i principi cristiani dell'amore e della carità...
vincenzo cacopardo



La demagogia è una tossina generale che inquina la politica e gli atti a contenuto politico. È la madre del populismo. Entrambi sono i genitori della popolarità malata. Queste considerazioni mi sono venute in mente leggendo, in questi giorni, l’ultimo parto dottrinale di papa Francesco, l’enciclica «Laudato si’».
Un documento che va esaminato con animo laico, in modo da schivare la questione della fede e le sue conseguenze cioè il credere ciecamente, anche quando la massima autorità religiosa del cattolicesimo si inoltra in sentieri estranei al magistero: vari rami della scienza messi insieme in un arbitrario sincretismo, nella vana ricerca di un’unità di giudizio che è il contrario del moderno metodo scientifico.
In definitiva, dal testo esala l’odore tipico del giustizialismo (inventato da Peron), che poi, in varie forme, ha investito tanti paesi del Sud-America a cominciare dal Venezuela chavista per finire con la Cuba del despota Castro.
Non ci si può sorprendere. Questo papa viene proprio da là, dal mondo che ha covato e cova sentimenti antiamericani (del Nord) e anticapitalistici ed è perciò incapace di apprezzare i problemi economici e sociali del mondo attuale per quello che sono: problemi dell’evoluzione sociale, economica, finanziaria e scientifica che nascono prima di tutto nei paesi più sviluppati.
C’è un elemento di fondo che rende, però, scarsamente attendibile il discorso pontificio: è la mancanza del senso della storia e quindi del relativismo ontologico del mondo, una carenza, questa, che fa attribuire ai paesi «ricchi» i guai di quelli non sviluppati.
La povertà, dunque, è «colpa» storica e presente del mondo occidentale avanzato per una sorta di determinismo che da tempo è uscito dalla farmacopea del pensiero contemporaneo. Asserzione, tra l’altro, non dimostrata né dimostrabile a meno che non si sia animati dal pregiudizio che spinge tanti spettatori della sinistra radicale ad applaudire Francesco.
Già, non a caso avevamo iniziato ricordando la demagogia, elemento sotteso in tutte le 192 pagine del documento.
Inoltriamoci brevemente nel testo: «…l’essere umano … ha diritto a vivere e a essere felice …» Un’asserzione, questa, superficiale e gratuita, visto che si accompagna anche qui al richiamo al «diritto al lavoro». A questi tre diritti dovrebbero corrispondere altrettanti doveri, certo, ma a carico di chi?
Francesco I, papa del cattolicesimo, lo lascia intuire e lo dice: il dovere di far vivere l’essere umano, di renderlo felice e di dargli un lavoro dignitoso è dei governi dei paesi avanzati che debbono approntare le misure necessarie perché i tre diritti siano effettivi.
Riflettendo, qui demagogia, populismo ed effetti devastanti dell’adulante popolarità si saldano in una visione effettivamente giustizialista del mondo contemporaneo, volta a scardinare i fondamenti della convivenza mondiale a favore di un riequilibrio basato su una gratuita e utopistica ridistribuzione di beni e di risorse.
«Oggi riscontriamo … la smisurata e disordinata crescita di molte città che sono diventate invivibili dal punto di vista della salute, non solo per l’inquinamento … ma anche per il caos urbano, i problemi di trasporto e l’inquinamento visivo e acustico …», una vera e propria banalità che non metabolizza due considerazioni-presupposto: la crescita della vita media in tutto il mondo per il miglioramento delle condizioni alimentari, igieniche e sanitarie e lo sviluppo verificatosi in alcuni mondi contemporanei, come la Cina, l’India, il Brasile, il Messico, l’Indonesia e quello in corso in tante altre nazioni, asiatiche e africane, un neourbanesimo che è collegato al progresso e alla insorgenza di occasioni di lavoro.
«Invece di risolvere i problemi dei poveri e pensare a un mondo diverso, alcuni si limitano a proporre una riduzione della natalità …» Qui casca l’asino: una dichiarazione freudiana che rimuove dalle responsabilità del cattolicesimo e dei suoi papi la lotta alla contraccezione e al controllo delle nascite, vero cancro dell’umanità che, come le cellule cancerose, ha perso le proprie finalità per crescere in modo tale da compromettere la medesima propria esistenza.
Se una parola in questa materia era urgente ed eticamente doverosa, essa era quella della necessità della flessione demografica, premessa indispensabile per consentire a tutti gli esseri umani di accedere alle risorse del pianeta. Se le risorse non sono infinite e il numero degli uomini è in aumento costante, «infinito», ci si avvicina rapidamente al punto di rottura: una guerra o un’epidemia diventeranno inevitabili e non saranno il frutto della malvagia volontà dei governi dei paesi sviluppati, ma del numero incontrollato degli uomini che popolano il pianeta.
La deriva demagogica spinge papa Bergoglio ad accusare non il folle incremento demografico, ma il consumismo delle attuali tragiche difficoltà: dimentica, in questo punto come in tutta l’enciclica, che se non c’è profitto (considerato «sterco del diavolo»), se non c’è sviluppo, non ci sono beni da distribuire e che il consumismo è di per sé un aspetto fisiologico del mercato sviluppato che si alimenta e produce ricchezza con il commercio. Certo, tutti auspichiamo che lo spreco sia contenuto, che beni in eccesso non utilizzati siano destinati al soccorso dei poveri, ovunque siano. Ma se cessa l’accumulazione capitalistica, se si imponesse la crescita zero, che il papa auspica, crollerebbero immediatamente i trasferimenti di denaro e di beni tra le varie economie soffocando proprie quelle più deboli.
La medesima esperienza di 7 anni di crisi epocale, dimostra che il crollo di molte economie (e quindi l’assenza di crescita e di accumulazione) ha allargato il numero degli indigenti e le loro difficoltà. Se non riparte lo sviluppo, le utopistiche speranze e le puntute critiche che il papa dispensa rimarranno iscritte nel libro dei sogni di una ideologia sostanzialmente pauperista e marginale, capace solo di allargare il campo dell’odio sociale e politico, in un mondo alle prese con difficoltà mai immaginate.
Poiché Francesco non parla qui «ex cathedra», i danni della sua singolare esternazione saranno fortunatamente limitati.
Domenico Cacopardo







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