26 ago 2015

Interessante nota di Domenico Cacopardo

Le nubi che si addensano sul cielo cinese rischiano di avere conseguenze su tutto il mondo sviluppato (e non) e di mandare a carte quarant’otto la tela di Penelope tessuta in Italia per la definizione della «Legge di stabilità 2016».
Torniamo a parlarne, nell’unico modo oggi possibile, come se il fattore Cina non dovesse avere spiacevoli effetti.
I comuni italiani saranno in prima linea per la possibile abolizione della Tasi e la necessità di trovare fonti alternative di finanziamento.
Per risolvere la questione il governo s’è rivolto al Sose (Soluzioni per il Sistema Economico Pubblico e Privato), un istituto di ricerca riferibile all’Anci e al medesimo ministero dell’economia.
Il Sose ha lavorato sulla spesa storica dei comuni d’Italia.
Per esempio qualche dato: in Emilia-Romagna la spesa storica ammonta a 3 miliardi di euro l’anno (circa), pari a 693 euro per cittadino. In Calabria un po’ meno di un miliardo (995 milioni) pari a euro 495 pro-capite. Il dato, naturalmente, non chiarisce il rapporto tra spesa e servizi erogati.
Va ricordata inoltre: che la Corte costituzionale, investita del problema dell’autonomia finanziaria della regione Piemonte, ha ritenuto incostituzionale il dirottamento di fondi ricevuti da uno scopo all’altro. È, infatti, accaduto che la regione (come altre) abbia incassato un cospicuo finanziamento dello Stato per il pagamento delle partite arretrate (debiti verso i fornitori).
Ricevuti i quattrini, il Piemonte ne ha destinato una parte al pagamento dei fornitori e un’altra, credendosi legittimata dalla propria autonomia, a spese ordinarie (anche nuove). Questo è stato ritenuto incostituzionale e la Corte, così, ha introdotto un serio elemento di moralizzazione della finanza pubblica (le autonomie debbono rispettare vincoli e indicazioni dello Stato nazionale).
Forti di questa indicazione, i tecnici del ministero dell’economia e della presidenza del consiglio dei ministri hanno ora la possibilità di definire il «montante» (il totale ripartibile per categorie) del finanziamento secondo un criterio tecnico inoppugnabile, visto che è stato proposto da un organismo (il Sose) emanazione dei comuni italiani. Il criterio è quello dei «fabbisogni standard», una valutazione perequativa delle esigenze dei comuni in rapporto ai servizi erogati, abbandonandosi per questa via il criterio dei fabbisogni storici.
Il nuovo sistema difficilmente diventerà integralmente operativo nel 2016, ma, nel 2016, dovrebbe trovare un importante avvio: il Sose e il ministero dell’economia sono in grado di utilizzare un algoritmo che ingloba tutte le variabili constatate sul campo da Aosta a Trapani e le rapporta alla teorica capacità fiscale della comunità interessata.
Questo rapporto darà concretezza e attuabilità alle misure di riorganizzazione della spesa comunale e indicherà a ogni amministrazione la strada (virtuosa) da seguire per evitare il commissariamento della gestione del proprio bilancio. E, soprattutto, limiterà le possibilità delle ruberie attuali, quelle che emergono confrontando i costi unitari (la classica biro fornita ad alcuni comuni costa più di 20 volte di quella fornita ad altri)
Il discorso, in pratica, è meno difficile della sua descrizione.
Chi vuole potrà approfondirlo nei siti dedicati.

Domenico Cacopardo

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