Le
nubi che si addensano sul cielo cinese rischiano di avere conseguenze
su tutto il mondo sviluppato (e non) e di mandare a carte
quarant’otto la tela di Penelope tessuta in Italia per la
definizione della «Legge di stabilità 2016».
Torniamo
a parlarne, nell’unico modo oggi possibile, come se il fattore Cina
non dovesse avere spiacevoli effetti.
I
comuni italiani saranno in prima linea per la possibile abolizione
della Tasi e la necessità di trovare fonti alternative di
finanziamento.
Per
risolvere la questione il governo s’è rivolto al Sose (Soluzioni
per il Sistema Economico Pubblico e Privato), un istituto di
ricerca riferibile all’Anci e al medesimo ministero dell’economia.
Il
Sose ha lavorato sulla spesa storica dei comuni d’Italia.
Per
esempio qualche dato: in Emilia-Romagna la spesa storica ammonta a 3
miliardi di euro l’anno (circa), pari a 693 euro per cittadino. In
Calabria un po’ meno di un miliardo (995 milioni) pari a euro 495
pro-capite. Il dato, naturalmente, non chiarisce il rapporto tra
spesa e servizi erogati.
Va
ricordata inoltre: che la Corte costituzionale, investita del
problema dell’autonomia finanziaria della regione Piemonte, ha
ritenuto incostituzionale il dirottamento di fondi ricevuti da uno
scopo all’altro. È, infatti, accaduto che la regione (come altre)
abbia incassato un cospicuo finanziamento dello Stato per il
pagamento delle partite arretrate (debiti verso i fornitori).
Ricevuti
i quattrini, il Piemonte ne ha destinato una parte al pagamento dei
fornitori e un’altra, credendosi legittimata dalla propria
autonomia, a spese ordinarie (anche nuove). Questo è stato ritenuto
incostituzionale e la Corte, così, ha introdotto un serio elemento
di moralizzazione della finanza pubblica (le autonomie debbono
rispettare vincoli e indicazioni dello Stato nazionale).
Forti
di questa indicazione, i tecnici del ministero dell’economia e
della presidenza del consiglio dei ministri hanno ora la possibilità
di definire il «montante» (il totale ripartibile per categorie) del
finanziamento secondo un criterio tecnico inoppugnabile, visto che è
stato proposto da un organismo (il Sose) emanazione dei comuni
italiani. Il criterio è
quello dei «fabbisogni standard», una valutazione perequativa delle
esigenze dei comuni in rapporto ai servizi erogati, abbandonandosi
per questa via il criterio dei fabbisogni storici.
Il
nuovo sistema difficilmente diventerà integralmente operativo nel
2016, ma, nel 2016, dovrebbe trovare un importante avvio: il Sose e
il ministero dell’economia sono in grado di utilizzare un algoritmo
che ingloba tutte le variabili constatate sul campo da Aosta a
Trapani e le rapporta alla teorica capacità fiscale della comunità
interessata.
Questo
rapporto darà concretezza e attuabilità alle misure di
riorganizzazione della spesa comunale e indicherà a ogni
amministrazione la strada (virtuosa) da seguire per evitare il
commissariamento della gestione del proprio bilancio. E, soprattutto,
limiterà le possibilità delle ruberie attuali, quelle che emergono
confrontando i costi unitari (la classica biro fornita ad alcuni
comuni costa più di 20 volte di quella fornita ad altri)
Il
discorso, in pratica, è meno difficile della sua descrizione.
Domenico
Cacopardo
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