13 mar 2013

Un commento di Domenico Cacopardo



DIFFICILE AVVIO DI LEGISLATURA di Domenico Cacopardo

Mentre impazza il totopresidente, il totogoverno, il tototutto, cerchiamo di mettere in fila gli imminenti appuntamenti istituzionali, in modo da consentire una realistica analisi delle nostre difficoltà.

Nei prossimi giorni si riuniranno per la prima volta la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica con un solo punto all’ordine del giorno: elezione del presidente.

Mentre per la Camera non ci saranno problemi –c’è un’ampia maggioranza del Pd-, al Senato la situazione è critica. Tre le combinazioni possibili: Pd-Pdl; Pd-Movimento 5Stelle; Pdl-Movimento 5Stelle.

Si tratta, al momento, di ipotesi impraticabili, salvo gli sviluppi dei prossimi giorni, per i quali si sta adoperando il presidente della Repubblica. Da tale elezione dipendono i passi successivi: ufficio di presidenza; giunte di garanzia; commissioni parlamentari. Senza il prescritto apparato,  il Senato non sarà nelle condizioni di funzionare. Quindi, non basta l’elezione del presidente, ma occorre completare l’organigramma del Senato, per evitare qualsiasi difficoltà per le consultazioni (designazione del presidente del consiglio).

La logica delle cose imporrebbe che, comunque, sul Senato, un’intesa fosse trovata tra Pd e Movimento 5Stelle. Sarebbe la premessa per convergenze ulteriori.

Quando ci sarà il presidente del Senato e saranno stati eletti i capigruppo, Giorgio Napolitano consulterà le istituzioni e i partiti e affiderà un incarico di natura esplorativa alla personalità politica accreditata del maggior consenso parlamentare. Fuor di metafora, Pierluigi Bersani.

Poiché, correttamente, Napolitano ha già dichiarato che punta a un governo vero, sostenuto da un accordo parlamentare, sarà difficile un successo di Bersani. Anche se l’interessato, come dimostra la direzione del Pd di ieri, non ha capito che il compito che riceverà sarà quello di trovarsi una maggioranza parlamentare di programma, prima di formare il governo.

Usiamo per un attimo il calendario: se tutto procederà in modo spedito saremo già dopo Pasqua, più o meno tra il 5 e il 10 aprile.

È ragionevole ritenere che, comunque, Napolitano conferirà l’incarico per il nuovo governo a una personalità di riconosciuto prestigio internazionale, un non politico o a un expolitico, capace di ottenere la convergenza di Pdl, Scelta civica e Pd.

Proprio a metà di aprile, il presidente della Camera dovrà convocare (art. 85 della Costituzione) l’assemblea per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, visto che l’attuale scadrà il 15 maggio.

E occorre sapere che il nuovo presidente della Repubblica riterrà suo dovere riprendere in mano la questione. Diventa così auspicabile che il presidente in carica rassegni le dimissioni per consentire al successore di svolgere il suo lavoro.

Ragioniamo ora del nuovo presidente. Sarà eletto da un’assemblea composta dai deputati, dai senatori e da tre rappresentanti per ogni regione (due di maggioranza, uno di minoranza), salvo la Val d’Aosta che ha un solo rappresentante.

A una prima valutazione, il Pd sarà molto vicino alla maggioranza assoluta e, comunque, la raggiungerà con l’apporto dei voti di Scelta civica, il partito di Monti. L’elezione, quindi, sarà effettuata avendo di fronte due posizioni ‘disponibili’: presidenza della Repubblica e presidenza del Consiglio. Una sorta di naturale complementarietà, almeno iniziale.

Ci fermiamo qui: le nubi sono scure e spesse, ma soluzioni possono essere trovate. La questione, però non è aritmetica, è squisitamente politica e investe il futuro degli italiani. Un futuro che ci giochiamo sul filo di un errore, di un’intuizione, di qualche decisione coraggiosa.

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