Abbiamo i
dati dell'economia americana e sappiamo che crescerà nel 2013 del 2,4%. Una previsione della Casa Bianca che afferma che
il tasso di disoccupazione si attesterà quest'anno al 7,5. Il deficit si contrarrà quest'anno più del
previsto, scendendo ai minimi degli ultimi cinque anni e attestandosi a 759
miliardi di dollari, ma la crescita, tenderà a rallentare al contrario del
mercato del lavoro che pare debba migliorare.
Sembra pure che a pesare sulla
crescita del paese America sia stata la crisi in Europa, ma con la proposta dei tagli
alla spesa, l'amministrazione prevede una crescita più veloce con una
previsione di un calo della disoccupazione più rapido.
Intanto anche il Giappone muove un suo percorso in campo monetario: quella che pare essere la più grossa operazione di creazione di liquidità del dopoguerra.
Sovvertendo i ruoli della banca centrale, la politica economica del nuovo primo
ministro giapponese Shinzo Abe,
ripropone un modello vecchio. Dopo quasi vent’anni di deflazione.. i prezzi non
crescono e per immettere liquidità nel sistema il governo, invece di indebitarsi,
delega alla banca centrale il compito di pompare denaro nell’economia acquistando il debito pubblico. Un fiume di
denaro che dovrebbe servire per ricomprare dalle banche le obbligazioni del tesoro giapponesi. Dato che la banca centrale acquista
il debito, le banche saranno libere di utilizzare il contante per sostenere un’economia
reale.
E…così, mentre gli altri Paesi fuori dal nostro
continente si muovono alla ricerca di nuove soluzioni, in Europa si continua a preservare
l’austerità, tenendo la Banca centrale europea stretta
in una camicia di forza di divieti. Tutto ciò porta difficilmente a stimare
ogni possibile sviluppo per la nostra Nazione ed ogni dato diventa poco credibile.
Un contesto in
cui… le manovre per la crescita del nostro Paese diventano quanto meno
disperate se non impossibili.
Cosa poter fare
in una difficile situazione come questa?
1)Innanzitutto l’intervento spedito
del nostro governo per riuscire, in breve tempo, a portare nelle casse delle
aziende italiane il credito che avanzano: ossia quei 120 miliardi di cui tanto
si è parlato.
2) il passo successivo potrebbe
essere quello di studiare un piano di sviluppo che possa renderci diversi dagli
altri paesi. Più concorrenziali in termini di prodotto.
Per rompere il pericoloso
percorso di un mercato dell’economia senza freni, bisogna che il nostro Paese combatta con forza
e sacrificio: se non possiamo abbassare i costi della produzione..dobbiamo
di conseguenza alzare il livello della qualità
Non ci rimane, dunque, che
quest’unico espediente ..ossia la nostra “qualità”! Un dono che ci è
stato tramandato da secoli di cultura e di profonda storia, un dono che non
tutti i Paesi, come il nostro, hanno! Lo sforzo che tante nostre aziende stanno
oggi vivendo.. altro non è …un processo che io definirei, legato alla smisurata deregolamentazione
di un sistema mondiale ormai globalizzato che ha generato una trasformazione
quasi paragonabile a quella definita nella teoria Darwiniana della specie. Una
trasformazione incomprensibile, ma quasi naturale..
Si deve poter vedere in
prospettiva un profondo cambiamento attraverso una spinta qualitativa del
prodotto e di conseguenza.. le aziende devono proporsi in una trasformazione..
apportando le giuste modifiche verso prodotti di qualità. Un
cambiamento che non le ponga più in concorrenza , ma le qualifichi come uniche.
Bisogna in proposito far crescere in qualità particolati aziende dell’agro
alimentare, del vino, del mobile e dell’arredamento, di tutti quei prodotti
legati al design ed alla nostra natura, nonché quelli dei servizi legati al
turismo, allo spettacolo..etc.
Questa trasformazione
necessita sicuramente dell’aiuto da parte degli Istituti di credito. Un aiuto
al quale si deve prestare fede anche a rischio di una loro entrata in equity …
credendo nel prodotto e nel particolare mercato di nicchia. Un aiuto che
può rappresentare un impulso iniziale essenziale.
3) Il terzo punto è di sicuro il problema del nostro mezzogiorno
“Nessuna
crescita potrà mai esservi nel Paese se non si provvede ad un percorso utile
per il futuro economico imprenditoriale del sud.”
Dopo l’ingresso del nostro
Paese in Europa, il problema del Mezzogiorno non può che essere affrontato nel
contesto più ampio di un Parlamento ed di un Governo Internazionale.
Alcune Regioni del sud del Paese si trovano oggi
in netto svantaggio rispetto ad altre e questo divario si sarebbe dovuto
ridurre, sicuramente prima dell’ingresso del nostro Paese in Europa, con un’azione
politica nazionale logicamente coordinata con le amministrazioni locali. La
fase di costruzione per l’unificazione non sta certo dando i risultati sperati.
E’ venuta a mancare quella azione preventiva e di studio che doveva
mirare a salvaguardare le culture e le ricchezze naturali delle comunità meno
progredite che vedono oggi aumentare il divario con i Paesi più ricchi. In
verità, il nostro Mezzogiorno rimane ancora privo di interventi studiati con
metodo, utili e tecnicamente elaborati in base alle esigenze primarie delle
risorse del territorio e delle poche infrastrutture operanti. Appare inutile la
lunga serie di agevolazioni finora impiegate se non si interviene alla base con
l’impegno necessario per la creazione dei servizi adatti allo stesso tessuto
territoriale ed imprenditoriale. Se non cresce il Mezzogiorno l’intero Paese
non potrà mai avere sviluppo!
vincenzo Cacopardo
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