Il ministro degli esteri
Bonino ha diverse volte denunciato le recenti stragi del Cairo. Ma i fratelli
Mussulmani, dopo il regno di Mubarak…hanno dimostrato di non essere in grado, né
di avere le giuste competenze, per la gestione del paese. La stella di Morsi si
è dimostrata incapace di apportare le desiderate modifiche alla costituzione e,
soprattutto, non ha saputo gestire una equilibrata guida politica. Pur essendo un presidente
Egiziano non militare, non è riuscito a reggere questo percorso di
pacifica marcia verso la costruzione di uno Stato sui principi dell’Islam.
Il potere
militare Egiziano ha le sue forti radici fin dagli anni cinquanta e difficilmente
riuscirà a cedere il passo ad una politica di protesta dettata da richieste di
libertà e diritti simili a quelli dell’Occidente.
Difficile essere ottimisti
in un paese che vive ancora della nostalgia di Mubarak e di una forte classe
sociale che con lui ha visto accrescere un certo potere economico. Impossibile
anche.. poter credere che gli stessi militari possano fare entrare nel gioco
democratico i loro fratelli mussulmani.
Come la Tunisia, la Libia e
la Siria, anche l’Egitto pare essere alle prese con il forte radicalismo
islamico che, da parte sua.. potrebbe anche nutrire maggiori ambizioni sulla governabilità
del Paese e pretendere più considerazione e maggior rispetto della propria
cultura religiosa. Ma il problema…come in altre occasioni…resta sempre quello
che separa alcune dinastie imperiali da un certo nazionalismo liberale in
favore di una maggiore libertà dei popoli.
In questo quadro, l’immagine
dell’amministrazione Americana, ieri solerte e pronta a qualunque intervento, appare
sperduta ed incapace di prendere decisioni. Il compito del presidente Americano
non è facile: Se Obama dovesse prendere posizioni in favore delle forze
militari egiziane..finirebbe col perdere in credibilità e potrebbe accentuare l’attuale
crisi del Paese egiziano. Se, al contrario… non muovesse un dito..rischierebbe
di perdere quel potere globale ormai da tutti riconosciuto.
Anche questo triste caso di politica estera conferma come la politica dei popoli debba sempre potersi muovere attraverso un percorso di equilibrio. "Equilibrio" come predisposizione per la costruzione più utile delle soluzioni e per l'affermazione di un riscontro dei principi comuni. impossibile trovare soluzioni tra una visione troppo aperta occidentale e quella forse un pò più ristretta del mondo orientale.. se non attraverso un'ottica di equilibrio che sappia andare incontro alle due culture con cura introspettiva ed ampia saggezza.
vincenzo cacopardo
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