5 nov 2013

Un commento sull'analisi di Domenico Cacopardo sul caso Cancellieri

ndo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto»
Il reato commesso dalla Cancellieri è preciso ed è relativo all’art. 323 del codice penale (abuso d’ufficio)
di domenico Cacopardo

La ministra Cancellieri va oggi in Parlamento per spiegare il proprio operato nei confronti di Giulia Ligresti, in custodia cautelare. Sarebbe stato meglio che, quando è emersa la telefonata (con cui assicurava il proprio interessamento per la ‘reclusa’ anoressica) a Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, e l’intervento conseguente sul Dipartimento amministrazione penitenziaria, la signora avesse presentato irrevocabili dimissioni dall’incarico. Avrebbe prima di tutto tolto dall’imbarazzo il softleninista Giorgio Napolitano che l’ha voluta al governo. E poi, dato una mano a Enrico Letta che rischia di scivolare su questo imbarazzante fuori programma.
La difesa della ministra è peggiore di ciò che chiama errore e che,invece, è un reato: quello previsto dall’art. 323 c.p. (abuso d’ufficio), che ha posto in essere ‘omettendo di astenersi in presenza di un interesseproprio o di un prossimo congiunto’ (il figlio Piergiorgio Peluso).
Che ci sia tuttora –e ci sarà finché ci saranno in ballo le questioni processuali Fonsai- un permanente interesse della signora verso il clan siciliano è evidente. La conferma si deduce dalla non necessaria affermazione della ministra sull’antichissima(?) conoscenza con la Fragni, mentre il giornalista Federico Bianchessi testimonia la sua dimestichezza con i Ligresti sin dagli anni ’80, quand’era in Prefettura a Milano. E anche dalla sciagurata intervista (Corriere 3.11) del ben-liquidato figlio: «I Ligresti non hanno capito quanto è stato fatto per loro». Ci piacerebbe conoscere cosa sia questo ‘quanto’.
Sbaglia il Pd (Matteo Orfini) quando vuol sapere se la Cancellieri «faceva così per tutti»: sbaglia perché il codice penale prescrive che nel caso di specie, dati i rapporti familiari e d’affari, la stessa avrebbe dovuto astenersi da ogni iniziativa. E nulla rileva il soccorso rosa di Giancarlo Caselli (che dice di non avere ricevuto pressioni per Giulia Ligresti), dato che il reato di abuso d’ufficio è un reato istantaneo che si è consumato nel momento della telefonata alla Fragni. Il link illecito consiste nel tentativo di acquisire gratitudine e benevolenza dal clan in relazione alla posizione del proprio figlio dentro il procedimento Fonsai.
La cosa più paradossale, però, è il ricorso della signora a sacri principi (libertà e umanità) qui non pertinenti visto che non c’entrano con il 323. E sbaglia anche la squadra di giuristi di palazzo Chigi, capitanata da Filippo Patroni Griffi, quando assicura che la ministra chiarirà. Nulla, infatti, c’è da chiarire: tutto è sotto gli occhi di tutti e ogni parola in più dà l’impressione di voler sfuggire alla realtà dei fatti stendendo una cortina di opacità non solo sull’interessata ma su tutto il governo.
Ora la palla è nelle mani di Napolitano e Letta. Il caso Cancellieri è più grave di quello Josepha Idem. Tocca a loro invitare subito la gentile signora a togliere il disturbo.
Il pasticcio Cancellieri può tornare in cucina.


Credo che questa analisi del cugino Cacopardo sia estremamente dettagliata e fin troppo tecnica. 
Sarà vero…come è vero che il reato della Idem sia stato anche più tenue di questo della Cancellieri… ma con un riscontro di accanimento spropositato in ambedue i casi.
Al di là della visione prettamente legale (fin troppo pragmatica) espressa con puntiglio da Domenico Cacopardo  contro la quale sembra difficile opporsi….bisogna forse considerare le tante attenuanti e le difficoltà di potersi muovere in un difficile terreno che vede un Ministro ugualmente responsabile del destino di esseri umani che vivono con estrema difficoltà la sovrappopolazione delle nostre ignobili carceri.
Se..come per legge.. è stato il magistrato a prendere la definitiva decisione, la colpa del Ministro consiste nell’aver espresso una propria preoccupazione per questo caso (se pur sotto una raccomandazione per la instabile salute della carcerata).
Ma mi domando: cosa sarebbe successo nel Paese se questa carcerata (in attesa di giudizio) fosse deceduta? Quali le responsabilità del Ministro? Quali quelle del governo? Quali quelle di un Paese come il nostro dove un palesato interessamento verso chi sta male, viene giudicato con tanto ostilità poiché trattasi di un personaggio conosciuto.
Un Paese, il nostro, pieno di invidia ed astio verso il prossimo dove un certo “moralismo” ha usurpato il posto ad una più autentica e nobile morale, dove un piccolo fatto assume proporzioni gigantesche, dove una pulce  assume connotazioni elefantiache, in un periodo, tra l'altro, in cui le problematiche veramente serie del Paese vengono sottovalutate o trascurate. 
L’eterno cortile in cui si lavano i panni più o meno sporchi di tutti nell’attesa di provocare pretestuosi ingigantiti scandali. 
vcacopardo      

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