28 dic 2013

la posta.. di Paolo Speciale


UNA REPUBBLICA "MONARCHICA"
di Paolo Speciale

Si moltiplicano gli interventi di Napolitano -formali e non – sul dibattito politico quotidiano. Sembra quasi di rivivere i giorni più intensi del suo celebre predecessore “picconatore”, poi spentosi nel suo vigore dopo l'inchiesta denominata “Gladio”di cui tutti conosciamo l'epilogo.
E' molto facile assimilare un Presidente quasi novantenne, per di più unico nel suo secondo mandato nella storia dell'Italia Repubblicana, ad un monarca che richiama immediatamente il pensiero al modello anglosassone, anche per il tipico “aplomb” che ha caratterizzato gli ultimi tre inquilini del Colle più alto.
Al termine del secondo terribile conflitto mondiale fu già un rilevante fattore democratico l'affidare ad un referendum la sorte di una monarchia inevitabilmente concepita come stessa sostanza del fascismo, di cui fu succube partner. Era quindi scontato l'esito di quella consultazione.
Ma, pur nella dovuta considerazione del gran lavoro svolto dai Padri Costituenti, non è da tempo che ci si interroga sulla constatata irrilevanza “sostanziale” di quel cambio di forma di stato? Il ruolo istituzionale oggi attribuito dalla nostra “magna charta” al Presidente della Repubblica potrebbe risultare inadeguato o non pertinente ad un sovrano di tipo europeo di comune accezione storica e politica contemporanea? Dall'altra parte, come negare le implicazioni storiche anche se di tipo meramente “formale”concretizzatesi dopo il referendum del 2 Giugno 1946?
Prendendo poi atto della generazione e della fase storica alla quale appartiene il nostro Capo dello Stato, non riesce difficile considerare come “naturali” le sue sempre più numerose, costanti e preoccupate partecipazioni alla responsabilità della gestione della cosa pubblica, che non possono essere ridotte e mortificate in un pretestuoso richiamo alla presunta violazione del testo costituzionale.
E' qui infatti che dispiega i suoi effetti quell'aspetto formale, non meno importante ed anzi più rilevante di quello sostanziale, di quella consultazione popolare svoltasi quasi settanta anni fa.
Tutto infatti si origina,compresa la goffa reazione dei grillini, dalla aspecifica – ma non inopportuna e tanto meno mal riuscita – connotazione della figura istituzionale di un Presidente della Repubblica che è ancora presente nelle coscienze di molti come depositario di una autorità (culturalmente e storicamente) riconosciuta precipuamente ad un monarca, pur nel senso più democratico ed attuale del termine. E ciò senza la minima volontà di ingenerare pregiudizi o pubblico scandalo.
Anche questo ci distingue da un' Europa che non riesce a comprendere il travaglio che stiamo vivendo e che inseguiamo da troppo tempo con un timore riverenziale che presto dovrà trasformarsi in solida autostima e consapevolezza del pari ruolo strategico che ci appartiene.


Il questo articolo l’amico Paolo sembra giustamente difendere e giustificare le preoccupate partecipazioni alla responsabilità della gestione della cosa pubblica da parte del Capo dello Stato Napolitano. Lo fa anche in riferimento al percorso storico politico che ha oggi molto cambiato il quadro di un assetto istituzionale non più conforme a quello su cui per Costituzionale ci si basava.
Nelle elezioni politiche italiane del 2 giugno 1946, si votò per l'elezione di un’Assemblea Costituente, cui sarebbe stato affidato il compito di redigere la nuova carta Costituzionale e contemporaneamente si tenne un referendum istituzionale perché i cittadini scegliessero fra un sistema di monarchia o quello di una repubblica. Quel referendum vide la vittoria del partito centrista della Democrazia Cristiana che si affermò largamente come prima forza politica italiana. Allora però l’unione Europea era assai lontana e ci vollero quasi cinquant’anni per la sua nascita. La sua prima formazione sotto il nome attuale risale al trattato di Maastricht del 7 febbraio1992 .
Dalla data di quel referendum tutto sembra completamente cambiato e sarebbe davvero ingiusto e persino anacronistico definire la figura di Napolitano come quella di un “monarca” . Questo, tra l’altro, è comprovato dall’inerzia di un Parlamento incapace di aver trovato una nuova figura da sostituire al Colle, rendendo al Presidente Napolitano una forza maggiore sulle decisioni. Ma è lo stesso Capo dello Stato che, con senso di responsabilità ed equilibrio, ha sempre spinto con forza l’indispensabile opera di rinnovamento per le necessarie  le riforme spettanti al Parlamento.
Come si può dunque colpevolizzare ..sebbene in ambigui termini reverenziali, il nostro Presidente della Repubblica, quando la politica e tutte le istituzioni che ne fanno parte.. appaiono oggi vittime di se stesse?
Per quanto riguarda l’Europa.. poi..pur comprendendo il travaglio che stiamo vivendo..sarebbe bene che si capisse che ormai entrati, sarà impossibile uscirne senza dover peggiorare le cose. E se.. come afferma Paolo, l’Europa non riesce a comprendere il travaglio che stiamo vivendo… è anche vero che le tante difficoltà del nostro Paese, non saremo mai capaci di risolverle, senza l’aiuto della Comunità. Una di queste resta sicuramente quella del Mezzogiorno che, per via del bisogno delle infrastrutture, delle risorse e di una affermazione della legalità, non potrà mai poter fare a meno di una comune forza internazionale che guidi e vigili su un tale difficile processo di riqualificazione.
Dopo la evidente impotenza delle forze politiche della Nazione di questo ultimo ventennio nei riguardi del proprio territorio, lo stesso Sud.. dovrebbe oggi guardare verso una politica europea con più speranza, poiché riqualificare il sud significa rendere più forte la stessa Europa!

Vincenzo cacopardo    

2 commenti:

  1. Caro Vincenzo, Ti ringrazio per le Tue considerazioni a commento del mio articolo, che lo completano idealmente. Una sola precisazione: nel sottolineare - perchè questo intendevo - la sostanziale identità tra il nostro Presidente ed un Monarca europeo non c'era e non voleva esserci nulla di negativamente critico verso Napolitano, tanto meno alcuna ambiguità di espressione. Comprendo come il termine Monarca possa ingenerare convinzioni di gestione del potere di tipo assolutistico, ma qui sta proprio quella concezione storico-politica dalla quale è difficile prescindere, nonostante i quasi 70 anni trascorsi.
    Paolo Speciale

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