29 dic 2013

Un commento all'ultima nota del Consigliere Cacopardo

Equilibrio o egemonia
di domenico cacopardo

Partiamo da lontano, dalla guerra dei trent’anni (1618-1648) che sconvolse l’Europa, impegnandola in un modo totale per l’affermazione di alcune egemonie, prima fra esse quella degli Asburgo sulla Germania (fallita da Carlo V), quella della Spagna sulla Francia e, a seguire, sui Paesi Bassi. La pace di Westfalia nel 1648 pose fine al conflitto, stabilendo un principio di equilibrio al quale avrebbero dovuto adeguarsi le nazioni del Continente.
La storia di questi tre secoli e mezzo ha dimostrato che, quando l’equilibrio è turbato, l’Europa è precipita in guerre disastrose: Luigi XIV, Napoleone, Bismark e la Prussia (premessa della Prima guerra mondiale), Hitler.
Dopo il 1945, alcuni leaderilluminati, il francese Schuman, il tedesco Adenauer, il belga Spaak e l’italiano De Gasperi videro che la ricostruzione e lo sviluppo pacifico avrebbero potuto consolidarsi con processo unitario verso la federazione europea. Nel 1954 fu tentata la via della Ced, comunità di difesa, caduta per la feroce opposizione dei comunisti italiani, per la fragile volontà della Democrazia cristiana, e per la permanente idea di grandeur francese.
Il passo fondamentale avvenne a Maastricht, con l’istituzione della moneta unica, l’euro, premessa per l’unione politica. La concorrente determinazione delle nazioni trovò un decisivo sostegno nelle necessità della Germania, impegnata nel processo di riunificazione nazionale.
Poi, un infelice quinquennio di Romano Prodi, per gli addetti ai lavori un pessimo presidente, determinò l’autolesionistica apertura dell’Europa a una decina di altre nazioni, determinandone la paralisi decisionale, oltre a incontrollati flussi migratori. 
Questa lunga premessa serve a fare il punto sull’Unione –e sull’Italia- all’alba del 2014. È evidente l’egemonia tedesca e la fine dell’Europa equilibrata, la cui necessità era emersa nel 1648 e che è ancora oggi valida. Come sempre, in questi casi, le responsabilità vanno equamente attribuite. Prima di tutto alla Francia, che da contrappeso e fattore di equilibrio, s’è giustapposta alla Germania, contando sulla propria posizione di ‘primo alleato’. Dopo Mitterand, Chirac e Sarkozy (Hollande inesistente) hanno abbandonato il ruolo storico e si sono adeguati ai voleri della cancelleria tedesca. Quanto a noi, abbiamo cessato di fare politica estera nel 1992. Siamo stati in balia di noi stessi e delle tempeste nazionali, titubanti tra una supina accettazione dei voleri germanici e timidi tentativi di agganciare la Spagna a un carro che non aveva nessuna chance di partire. Emblematicoil velleitariotentativo di Prodi di definire un patto di unità d’azione con il premier iberico Aznar, sdegnosamente respinto dall’interessato. Imbarazzanti, poi, gli eurocrati alla Mario Monti, asserviti alle decisioni di burocrazie ottuse e irresponsabili.
Nessuno dei protagonisti della politica italiana degli ultimi vent’anni s’è mai posto il problema del ruolo e del futuro dell’Italia nel contesto internazionale e, quindi, si è chiesto su quali alleanze contare. Unica eccezione Massimo D’Alema che, da presidente del consiglio, riportò il Paese al centro delle relazioni transatlantiche ed europee e, da ministro degli esteri, ci consegnò la funzione di pivot nella stabilizzazione del Sud-Libano.
Oggi l’Europa è in crisi politica, una crisi profonda, forse irreversibile, determinata dalla conquista egemonica tedesca che identifica gli interessi dell’Unione con quelli specifici della Germania. Una situazione che non può durare in un continente squassato dai movimenti populisti a sfondo fascista che imperversano e crescono ovunque. La strada tracciata –dell’omologazione sociale ed economica alla potenza dominante- comporta prezzi che pochi possono pagare. Di certo non l’Italia costretta dal Fiscal compact ad avere un surplus di 50 miliardi di euro l’anno per vent’anni a partire dal 2015 (l’impegno suicida fu firmato da un sorridente Mario Monti).
Nessuna delle ricette messe in campo funziona e può funzionare: l’austerità uccide la crescita; l’allentamento dei parametri uccide i mercati finanziari; il fiscal compact uccide gli stati.
Il dilemma è avanti a noi: priorità all’Unione o all’euro? La scelta che trova sempre maggiori consensi nella cultura politica europea è: salvare l’Unione. Per farlo, occorre cioè tornare all’equilibrio continentale ed eliminare l’egemonia di uno Stato.
Altrimenti, l’inarrestabile Germania finirà per distruggere l’Europa.L’ha già tentato neglidue ultimi conflitti.
Giorgio Napolitano, che è uomo più concreto di quando si immagini, abbandoni la retorica europeistica e affronti, finalmente, la realtà dei fatti.Senza idee né peso il fiorentino neo leader dei Pd, la partita cade nelle mani di Enrico Letta: oggi dunque, il premier Letta deve assumere su se stesso la questione e non recedere da una via di difesa dell’Italia e dell’Unione europea. Essere un nuovo De Gasperi, non un cedevole Quisling italiano. Costi quel che costi. Qualche veto italiano può correggere la rotta. O fermare la nave prima che il ciclone l’investa. 



Condivisibile come sempre questo pensiero del cugino Domenico Cacopardo. Da quando iniziai a scrivere in questo Blog, mi sono ripetuto centinaia di volte sul tema dell’equilibrio. 
Per la verità la mia prima pagina “About” propone l’immagine di una bilancia (aequus-libra) ossia lo strumento che simboleggia il bilanciamento come principio astratto essenziale….come simbolo sul quale si dovrebbe lavorare e sul quale si pone ogni possibile futuro della società politica mondiale.

Nella vita politica la parola“democrazia” è in stretta connessione con la parola“equilibrio” per la determinazione delle scelte di una vera società civile, nell’azione politica, risulta essenziale per la ricerca delle formule da adattare a qualsiasi riforma. Il principio dell’equilibrio è sicuramente valido in ogni campo, ma rimane particolarmente fondamentale per ciò che  riguarda la creazione di quelle riforme che rappresentano la base fondamentale del percorso di ogni politica...Nella giustizia, pare essere una esigenza, peraltro contraddistinta da una emblematica bilancia in perfetta simmetria,  un baluardo da proteggere ad ogni costo,mentre in politica, sembra assumere un aspetto di minore importanza.
Come si fa dunque a non intuire l’importante costruzione di una vera innovazione del sistema politico senza un preciso uso dell’equilibrio! La mitizzazione delle figure, una certa politica servile, la mancanza delle idee ed un dialogo scomposto basato sulle accentuate contrapposizioni...hanno ridotto il dialogo della politica ad una dialettica che non lascia intravedere alcun senso dell’equilibrio per la definizione delle scelte che, oggi, appaiono condotte solo attraverso le cattive abitudini "del troppo o del nulla”...."dell'assai o del poco".

Fatta questa premessa e guardando alla formazione dell’Europa, ogni critica espressa dal cugino Cacopardo è esatta. Tuttavia sembra ormai chiaro che il nostro Paese avrebbe dovuto entrarvi con una diversa valutazione dell'euro in rapporto alla lira e sicuramente con un impegno verso la nostra economia definito da accordi più studiati e precisi.. al fine di non sottoporci ad una concorrenza che ancora ci penalizza in modo illogico. Chi pensa che l’Italia odierna possa venir fuori da un contesto economico e politico Europeo...non fa che illudersi, poiché ormai siamo del tutto integrati col sistema Europa! Ma la Comunità internazionale dovrebbe servirci per sostenere uno sviluppo più equilibrato e sicuro nel nostro stesso territorio.
La domanda odierna… assai usata da chi sostiene un certo populismo.. è quella di non riuscire a comprendere.. perché mai abbiamo dovuto pagare un conto così salato per sentirci Europei.. non ricevendone in cambio una vera utilità…E’ un interrogativo logico che si può spiegare principalmente per via di quegli errori commessi in entrata…ma che potrà trovare quanto prima una risposta se anche la politica del nostro Paese riuscirà veramente a cambiare. Io credo che il risultato di questa nostra integrazione si vedrà nel lungo tempo e potrà essere un risultato di migliore qualità solo se la nostra politica verrà riformata e se sarà capace di proteggere la cultura e le variopinte bellezze del nostro Paese.

La lotta oggi è durissima e sembra quasi insormontabile lasciando intravvedere.. quasi..un disegno voluto dai potentati e da certe lobbyes…che sembrano favorire un percorso di sofferenza e di ristrettezza dell’economia, al fine di una voluta eliminazione dei ceti più deboli. Un atroce disegno forse costruito ad arte per via della sempre più grande sovrappopolazione che invade il mondo..  Se così fosse…sarebbe un disegno spaventoso che potrebbe vedere persino la Germania in testa.. ad assecondarlo!


Certo questa egemonia del paese più forte a cui fa riferimento il cugino Domenico.. messa in relazione ad una precisa mancanza di equilibrio nell’opera di costruzione di una unità europea, non può che farci riflettere su una condotta che potrebbe figurarsi quasi diabolica oltre che anticostruttiva. 
vincenzo cacopardo 

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