POTERE "versus" IDEOLOGIA
di paolo Speciale
L'ascesa di Renzi, giunta al culmine
attraverso passaggi più rapidi nelle ultime settimane, in realtà è avvenuta
secondo tempi ragionevolmente congrui rispetto alla nostra tradizione
storico-politica. E' stato il più bravo ad estrinsecare ed a rendere suo utile
strumento di conquista le ragioni di una crisi strategico-consensuale
consumatasi in un partito la cui identità era da tempo ricercata ora più sul
versante estremo ora più su quello moderato.
Il raggiunto equilibrio(o pseudo-tale) è
costituito dallo stesso Presidente del Consiglio incaricato, già eletto
segretario qualche tempo fa, non a caso di origini democristiane.
Tra coloro che si sono succeduti alla
guida del PD Renzi ricorda Veltroni per trasparenza, praticità, chiarezza
d'intenti e di obiettivi.
Molti si cimentano in questi giorni –
comprensibilmente – nel ruolo di costituzionalisti dissertando sulla
legittimità dell'esecutivo che tra qualche giorno entrerà nella pienezza dei
suoi poteri.
Ma non si può tacciare di illegittimità
qualcosa che nasce nel rispetto di un ordinamento vigente, nonché tale fino a
quando non sarà sostituito da un altro con le previste procedure di garanzia.
Tra l'altro, come negare,su un piano
tutt'altro che tecnico-opinionista, il diffuso gradimento di Renzi che in atto,
stando a sondaggi attendibili, gode di una popolarità senza pari?
Ecco come allora il problema, “sic
stantibus rebus”, non sta nella legittimazione o meno del giovane sindaco
d'Italia a guidare il Paese. E questo sia perché il governo nascente avrà la
fiducia dei due rami del Parlamento sia perchè la maggioranza degli italiani
certamente lo vuole “testare”.
La questione meritevole di particolare
attenzione è quella dell'antica dicotomia storica -per certi versi tipicamente
italiana – tra l'ideologia di base che si evolve in programma di governo e ciò
che di esso sopravvive nello stesso momento in cui si conquista il potere.
Il grande – ed inquietante –
interrogativo consiste infatti nel chiedersi cosa rende, di fatto ed ormai da
decenni, pressoché impossibile la realizzazione di programmi di cui si
innamorano aspiranti governanti e governati.
Diverse sono le teorie sulle cause di
questo sinora puntuale mancato “rendez vous”, che riguarda un'ampia serie di
legislature, dal primo governo Berlusconi e sino ad Enrico Letta.
Forti poteri occulti? Gruppi di
pressione? Lobbies? Corporativismi vari? Interessi economici irrinunciabili per
la stessa stabilità – o per quel poco che di essa è rimasto – del Paese?
Necessità di dare priorità ad altrettanto irrinunciabili compromessi di tipo
strategico-politico che relegano in secondo piano gli interessi della
collettività?
Oppure è la stessa fisiologica ed
inguaribile instabilità politica -non certo risolta da un populistico
bipolarismo - ad impedire il compimento istituzionale di un'azione conforme al
programma predisposto?
La defenestrazione di Letta di certo non
è un segno di novità: la tradizione degli ultimi anni del PD ci mostra illustri
precedenti, fin dall'inizio di questo millennio. A questo proposito, se
volessimo essere un po' più severi, diremmo che l'esordio del futuro premier
non è proprio un segno di rinnovamento.
Ma siamo ottimisti già nello scommettere
sulla possibilità che il buon Matteo resista alla“necessità”, consuetudinaria,
di dover accontentare quella parte di classe dirigente che gravita sotto forma
improduttiva e deficitaria intorno ad una politica ricca dispensatrice di
privilegi e vantaggi di ogni genere. Sarebbe la conferma della fine.
In questo scritto, il
messaggio di Paolo è chiaro e preciso, ma io non credo si possa essere così
ottimisti sull’esordio di chi avrebbe dovuto costruire prima, attraverso
un’azione di Partito, una base più solida sulle regole. Inoltre…con tutto il rispetto per ciò che
Paolo Speciale scrive.. e che in parte condivido, la defenestrazione di Letta
non mi è sembrata degna di un Paese democratico come dovrebbe essere il nostro.
Bastava, infine, guardare l’aria un un po’ da gradasso e vanitosa del giovane Renzi che ha sempre rivolto
il saluto al compagno di Partito, presidente del Consiglio, con una particolare
aria di sufficienza.
Ma venendo al merito della
questione, al di là di come si possano valutare le capacità di Matteo Renzi, la
mia valutazione che non vuole essere funesta, ma solo molto attenta al suo
particolare cronoprogramma i cui contenuti non sembrano essere chiari se non
sui tempi che appaiono strettissimi e quasi imposti da chi pensa di poter
procedere in politica in termini di intimazione.
Se dovessi dare una
valutazione politica più profonda, non potrei che dubitare su chi avrebbe
dovuto lavorare.. prima.. in seno al suo Partito per creare le basi, al fine di
rendere più funzionalità al percorso
istituzionale di una politica che ancora arranca sulla strada della utile
costruzione di una democrazia…Quando questo non si intuisce o non si percepisce
con la dovuta sensibilità…allora si procede solo attraverso la forza di un
decisionismo che presto risulterà poco utile e che… di contro.. tenderà ad
arginare la base della democrazia di un Paese. Come si fa a non accorgersi
della determinazione e fermezza che
pervade Renzi..assai simile a quella già vista nella figura del Cavaliere?..Dov’è
la sua essenziale umiltà che oggi rappresenta la chiave di ingresso di quella
porta per il futuro di ogni dibattito che si vuole costruttivo?
Nel bene o nel male..lo
vedremo comunque lavorare.. nella speranza futura di poter essere contraddetti…
v.cacopardo
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