Il dado è tratto
di domenico Cacopardo
Con una inattesa accelerazione, Renzi
sfiducia Letta e propone un suo governo
che duri da qui al 2018. Quindi, di legislatura.
L’elemento di fondo che, probabilmente,
ha spinto in questa direzione è il crescente divorzio tra la compagine di Letta
e l’Italia. E l’insensibilità verso le questioni vere e sostanziali che si
agitano da Trapani ad Aosta.
Certo, nel momento dell’addio, parce
sepulto.
Ma nessuno, soprattutto Renzi, deve
dimenticare i buchi neri di questi mesi, il percorso tormentato e ridicolo
della legge di stabilità, la disattenzione verso i fondamentali della società e
dell’economia, e la pervicace difesa di un sistema complessivo di privilegi e
rendite di posizione.
L’Italia ha pochi spazi: temporali e
politici. Debbono essere usati per le trasformazioni che servono, prima che
l’Europa intervenga, ci metta sotto tutela e ci porti lei sulla via del
risanamento.
Il capo del Pd deve porsi il problema dei
rapporti con l’Europa e con la BCE. Non c’è, infatti, una ragione giuridica perché
l’Italia pesi a Bruxelles e a Francoforte meno di quanto pesa la Germania. Ci
sono ragioni politiche, certo, la più importante delle quali è un atteggiamento
tremebondo e prono o, peggio (Monti), proconsolare.
Se pretenderemo un riequilibrio dell’Europa
a favore dei paesi del suo Sud e opereremo in questa direzione nell’ormai
prossimo semestre di presidenza dell’UE, ponendo il veto su tutto ciò che ci
può direttamente o indirettamente danneggiare, i nostri partner impareranno a
negoziare anche con noi e non ripeteranno gli umilianti diktat del passato.
Questo cambio di passo è il presupposto
necessario perché l’azione politica interna si dispieghi su tutti i versanti
che ci servono, a partire dal taglio delle voragini di spesa che risiedono
nelle Regioni.
E ci vuole una vera spending review che
sia un’operazione politica, scelta tra priorità e risorse, intervenendo sulla
grande malata nazionale: la pubblica amministrazione. La rimozione di potenti e
potentati che ostacolano qualsiasi azione di governo, di qualsiasi colore
politico, per difendere i fiorenti orti degli interessi privati, non è più rinviabile.
E finché quegli stessi potenti si impadroniscono dei ministeri, non può esserci
nessuna modernizzazione.
Ci voleva molto coraggio per sfiduciare
il governo e per proporsi di succedere a Enrico Letta.
Matteo Renzi l’ha avuto. Ora, in coerenza
con esso, deve intraprendere un’azione di trasformazione profonda del
meccanismo parlamentare e di direzione dell’Italia. Siamo giunti talmente in
fondo che non si può non migliorare.
Ha la fortuna di trovare un Parlamento
senza leader: Berlusconi ineleggibile e con crescenti questioni giudiziarie.
Grillo senza prospettive (soprattutto se le elezioni avverranno nel 2018).
Alfano costretto ad afferrare l’occasione per vivere e sopravvivere.
L’alternativa è il fallimento, non il
vivacchiare.
Si!..di certo dovremo aspettare, ma pur
restando fiduciosi, sembra davvero difficile poter sperare in un cambio di
marcia.. poiché le stesse regole non sono ancora state cambiate. Per conquistarsi
la necessaria maggioranza Renzi potrebbe dover far uso di baratti poco edificanti
anche in seno al suo stesso Partito. In questo, credo, si evidenzierà una certa sua spregiudicatezza...
Successivamente, muovendosi su un terreno
difficile per mettere in atto riforme più
o meno valide, non potrà sottovalutare un semestre europeo quasi alle porte.
Inoltre credo che alcuni poteri forti soffino sulla vela del suo successo e spingano attraverso i Media
con una propaganda in suo favore che supera ogni sostanza. Temo che saranno
queste forze a condizionarlo…sono le stesse che lo hanno spinto al premierato
giocando sul suo decisionismo e sull’ambizione. Vedremo!… ma non posso essere
fiducioso né nel merito ..nè nel metodo con cui ha continuato a muoversi questo
nuovo profeta della politica italiana.
v.cacopardo
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