14 feb 2014

Una nota al nuovo commento di Domenico Cacopardo

Il dado è tratto 
di domenico Cacopardo
Con una inattesa accelerazione, Renzi sfiducia Letta e propone un suo governo  che duri da qui al 2018. Quindi, di legislatura.
L’elemento di fondo che, probabilmente, ha spinto in questa direzione è il crescente divorzio tra la compagine di Letta e l’Italia. E l’insensibilità verso le questioni vere e sostanziali che si agitano da Trapani ad Aosta.
Certo, nel momento dell’addio, parce sepulto.
Ma nessuno, soprattutto Renzi, deve dimenticare i buchi neri di questi mesi, il percorso tormentato e ridicolo della legge di stabilità, la disattenzione verso i fondamentali della società e dell’economia, e la pervicace difesa di un sistema complessivo di privilegi e rendite di posizione.
L’Italia ha pochi spazi: temporali e politici. Debbono essere usati per le trasformazioni che servono, prima che l’Europa intervenga, ci metta sotto tutela e ci porti lei sulla via del risanamento.
Il capo del Pd deve porsi il problema dei rapporti con l’Europa e con la BCE. Non c’è, infatti, una ragione giuridica perché l’Italia pesi a Bruxelles e a Francoforte meno di quanto pesa la Germania. Ci sono ragioni politiche, certo, la più importante delle quali è un atteggiamento tremebondo e prono o, peggio (Monti), proconsolare.
Se pretenderemo un riequilibrio dell’Europa a favore dei paesi del suo Sud e opereremo in questa direzione nell’ormai prossimo semestre di presidenza dell’UE, ponendo il veto su tutto ciò che ci può direttamente o indirettamente danneggiare, i nostri partner impareranno a negoziare anche con noi e non ripeteranno gli umilianti diktat del passato.
Questo cambio di passo è il presupposto necessario perché l’azione politica interna si dispieghi su tutti i versanti che ci servono, a partire dal taglio delle voragini di spesa che risiedono nelle Regioni.
E ci vuole una vera spending review che sia un’operazione politica, scelta tra priorità e risorse, intervenendo sulla grande malata nazionale: la pubblica amministrazione. La rimozione di potenti e potentati che ostacolano qualsiasi azione di governo, di qualsiasi colore politico, per difendere i fiorenti orti degli interessi privati, non è più rinviabile. E finché quegli stessi potenti si impadroniscono dei ministeri, non può esserci nessuna modernizzazione.
Ci voleva molto coraggio per sfiduciare il governo e per proporsi di succedere a Enrico Letta.
Matteo Renzi l’ha avuto. Ora, in coerenza con esso, deve intraprendere un’azione di trasformazione profonda del meccanismo parlamentare e di direzione dell’Italia. Siamo giunti talmente in fondo che non si può non migliorare.
Ha la fortuna di trovare un Parlamento senza leader: Berlusconi ineleggibile e con crescenti questioni giudiziarie. Grillo senza prospettive (soprattutto se le elezioni avverranno nel 2018). Alfano costretto ad afferrare l’occasione per vivere e sopravvivere.
L’alternativa è il fallimento, non il vivacchiare.
Non resta che aspettare pochi giorni per capire se il giovane fiorentino ha il passo giusto.


Si!..di certo dovremo aspettare, ma pur restando fiduciosi, sembra davvero difficile poter sperare in un cambio di marcia.. poiché le stesse regole non sono ancora state cambiate. Per conquistarsi la necessaria maggioranza Renzi potrebbe dover far uso di baratti poco edificanti anche in seno al suo stesso Partito. In questo, credo, si evidenzierà una certa sua spregiudicatezza...
Successivamente, muovendosi su un terreno  difficile per mettere in atto riforme più o meno valide, non potrà sottovalutare un semestre europeo quasi alle porte. Inoltre credo che alcuni poteri forti soffino sulla vela  del suo successo e spingano attraverso i Media con una propaganda in suo favore che supera ogni sostanza. Temo che saranno queste forze a condizionarlo…sono le stesse che lo hanno spinto al premierato giocando sul suo decisionismo e sull’ambizione. Vedremo!… ma non posso essere fiducioso né nel merito ..nè nel metodo con cui ha continuato a muoversi questo nuovo profeta della politica italiana.
v.cacopardo

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