27 mar 2014

Una nota all'articolo del Consigliere Cacopardo 27/03/2014

Demagogia e sostanza
di domenico Cacopardo
Sembra la demagogia la cifra più significativa di questo governo e del suo premier Matteo Renzi. La demagogia degli annunci, del fare, della velocità, della rottamazione e del cambiamento.
Nessuna valutazione pratica dei tempi reali, delle conseguenze di promesse e di minacce, in una specie di happening, dal quale si salvano i ministri Padoan e Poletti e gli altri, non del Pd, più avvezzi alle stanze di governo e alle loro trappole.
Prendiamo la vexata quaestio delle retribuzioni dei dirigenti dello Stato e dei manager delle imprese a partecipazione pubblica.
Non c’è dubbio che l’opera di disinformazione in corso da anni e che coinvolge gran parte della carta stampata e dei conduttori di talk show ha fatto effetto. Poiché s’è sempre parlato di cifre tonde e lorde, ma mai di risultati, s’è diffusa nella pubblica opinione l’idea che gli stipendi siano parte cospicua della dissipazione dei quattrini dello Stato e che costituiscano un vero e proprio scandalo.
Pensiamo alla pubblica Amministrazione: il sindacato sostiene che il numero dei dipendenti è in linea con le altre nazioni dell’Unione. Il che è vero, ma quello che viene celato è che in Italia l’Amministrazione è fattore di freno per ogni attività produttiva o, semplicemente, civile, mentre dai nostri vicini è elemento di certezza, rapidità ed efficacia.
Da questo punto di vista anche il governo e la ministra Madia ‘lasciano stare’, forse perché l’efficientamento degli apparati dello Stato è molto più difficile di quanto sia parlare, solo parlare, di stipendi troppo elevati.
Di questa natura è anche il caso dei manager delle aziende a partecipazione pubblica. Emblematico, il caso Moretti.
Certo, il Ceo delle Ferrovie ci ha messo del suo, dichiarando che, se gli tagliano lo stipendio, se ne va.
Cerchiamo di capire meglio, facendogli i conti in tasca, con numeri arrotondati e approssimati, alla luce di un fisco predatorio: 800.000 retribuzione annua; 43% Irpef 344.000 (rimangono 456.000); 5% addizionali regionale e comunale 40.000 (rimangono 416.000 euro); contributo del 3% per coloro che superano i 300.000, 15.000 (rimangono 401.000); ritenute previdenziali 12%, euro 96.000 (rimangono 305.000 euro). Insomma gli 800.000 sono una cifra virtuale.
Nessuno si è occupato dei risultati di bilancio e di miglioramento del servizio, ottenuti da Moretti, il primo dopo una serie di Ceo sui quali c’è molto da dire e criticare sia per le retribuzioni sia per i risultati.
Nessuno che abbia approfondito il cambiamento del Paese per l’attivazione dell’Alta velocità, nessuno degli economisti da talk showche abbia avuto voglia di calcolare il contributo al Pil.
È comprensibile che il neofita Renzi rimanga impressionato dai numeri bruti e se ne esca con sciocchezze sulle retribuzioni. Ma non è accettabile che su un problema di questo genere non si voglia ragionare seriamente, lasciandosi portare dalla corrente del populismo dilagante.
Il discorso giusto è questo: giudichiamoli dai risultati. Se non ci sono cacciamoli. Se ci sono paghiamoli bene come si fa in un mercato aperto.
Non è vero che gli italiani sono come i ‘figli’ del reverendo Moon: a parte Grillo e i suoi seguaci, distinguono tra propaganda e informazione.
Se si dice la verità, anche drammatica, sanno reagire nel modo giusto, com’è accaduto tante volte in passato.


Sebbene assai d’accordo col cugino Domenico circa il compenso che deve attribuirsi per merito, mi pongo alcuni dubbi su un tema della correttezza morale che ci si ostina a non mettere in evidenza.
Pur riscontrando una chiara retorica sulle comunicazione di Renzi e sui suoi continui annunci sul fare e sul rottamare, penso che la  delicata “questio” debba essere vista su piano prettamente etico e cioè.. quello di poter individuare un tetto di queste cifre in linea con la realtà di una crisi che colpisce in modo devastante tutte le classi sociali tranne che straricchi e potenti.
D’altronde se per legge tra i lavoratori esiste una soglia di reddito minimo…per quale ragione non deve esistere una soglia di tetto massima?
Sembra opportuno che la prebenda di ogni manager (per quanto possa essere il migliore), non può.. sul piano etico.. superare una certa soglia. Diverso è il diritto ad un premio extra in rapporto ai risultati di bilancio..(anche sulla base della qualità e l’efficienza dell’azienda).
Una remunerazione libera (ma con un tetto) ed un premio in base ai risultati forniti…darebbero una visione meno refrattaria all’occhio del comune cittadino, motivando.. di logica.. la capacità di un manager.  

L'emblematico caso Moretti non è per niente eclatante visto e considerato i numeri posti con precisione da Domenico, ma non possiamo considerarli senza metterli in rapporto con quelli di un operaio che in sé potrebbe anche avere diritto a premi per i propri meriti. Se consideriamo.. ad esempio.. i 96.000 euro di contributi previdenziali, non possiamo sottacere che tale somma contributiva andrà al fondo pensione dello stesso Manager…una cifra che gli renderà una pensione cospicua e per la quale un qualunque operaio dovrà lavorare tra i dieci ed i dodici anni per poter versare tale somma.
In conclusione possiamo affermare che il merito va sempre tenuto in alta considerazione… sia per il manager che per lo stesso operaio, attraverso un premio per la produzione e l'efficienza, ma la remunerazione andrebbe controllata attraverso soglie da definire al fine di non mettere in evidenza queste macroscopiche anacronistiche differenze.. se pur valutando le cifre a lordo.

Al di là di ogni demagogia e sostanza…la teoria del libero mercato non può più funzionare in rapporto al carico notevole che essa impone ad una società che si vorrebbe più equa! Il mercato oggi..per quanto lo si voglia aperto, come scrive Domenico…deve imporsi delle regole.  

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