13 apr 2014

Una analisi sul nuovo articolo del Consigliere Cacopardo sulla Costituzione. 12/4/2014



di domenico Cacopardo

Nata dall’intesa delle tre scuole di pensiero politico-istituzionale dominanti, la cattolica, la socialista e la comunista, la Costituzione italiana presenta contraddizioni concettuali e di incoerenze sostanziali. Di certo non è un documento liberale, capace di garantire i diritti di cittadinanza e di intrapresa, stabilendo i doveri di solidarietà e di cooperazione. In parte ispirata alla dottrina sociale della Chiesa, in parte alle esigenze ideologiche del marxismo vincitore sui campi di battaglia dell’Est, è di difficile applicazione.
Non che i problemi della legge fondamentale non fossero presenti ai Padri costituenti: chi veniva dall’esperienza prefascista (Vittorio Emanuele Orlando, Nitti, Croce e Ruini, per esempio) segnalò i pericoli insiti nella formulazione degli articoli. Non fu ascoltato: prevalsero le discipline di partito.
Un altro elemento fondativo della Costituzione era il timore che uomini e movimenti di tipo fascista potessero aprirsi un varco nell’impianto politico repubblicano riportando il Paese ai tempi del ventennio fascista.
Questa ragione ispirò diversi punti cruciali, dal procedimento rigido di modifica, al bicameralismo, all’idea del potere diffuso con le Regioni. Il tutto fu aggravato, nel 2001, dalla modifica del titolo V, curata da Franco Bassanini, e mai abbastanza deprecata per i guai insolubili di cui fu portatrice, nel nome di un regionalismo, succedaneo nostrano del federalismo, auspicato anche da alcune destre.
Basti il rifiuto della guerra come strumento di definizione delle controversie internazionali: una petizione di principio coerente con il pacifismo cattolico e con l’ipocrisia dei regimi dell’Est, per i quali qualsiasi guerra era difensiva perché volta a tutelare i loro interessi. Un rifiuto, questo della guerra, ampiamente violato, a partire dall’attacco Nato alla Jugoslaviasino alla partecipazione italiana alle missioni in Iraq (Prima e Seconda guerra del Golfo) e in Afghanistan.
Ma ci sono tanti altri esempi, da segnalare: l’oscuro significato del “fondata sul lavoro”, una frase che ha dato la stura alla peggiore retorica sindacale, ma che, di fatto e di diritto, non significa nulla di preciso. L’altrettanto oscuro il senso della statuizione dei “doveri di solidarietà politica, economica e sociale.”
Dannoso per la comunità nazionale è il principio dell’art. 4, laddove la “Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro”. Quest’idea di un “diritto al lavoro” era propria delle società socialiste di scuola sovietica e non è stato mai attuato, visto che è impossibile farlo in un’economia di mercato.
La sua dannosità è nel fatto che il cittadino può ritenere effettivo il suo diritto al lavoro e inadempienti le autorità che non lo rendono tale. Per renderlo effettivo, bisognerebbe risolvere il problema di “chi paga” e di “chi lavora”.
Le vestali della Costituzione debbono arrendersi: il loro mito, il loro vangelo è un documento da modificare e aggiornare. Il potere di ricatto che è conferito a tante minoranze dovrà essere abolito. Quando lo sarà, riprenderemo il cammino democratico cui abbiamo diritto.



Potere di ricatto delle minoranze…o un bavaglio per farle tacere definitivamente? Il cugino offre pane per i miei denti!
Ricordiamoci l’importanza di lasciare libero il pensiero delle minoranze, e se per un desiderio di governabilità imposto dall’alto, si vuole tendere ad ingabbiare la voce dei piccoli…addio ad ogni principio di democrazia! Ci sarebbe da domandarsi perchè mai nessuno promuove la ricerca di percorsi più innovativi che possano lasciare più libera l’azione dinamica di un dialogo politico per i programmi e per le normative adatte, separandole.. con equilibrio.. da un ruolo governativo da ricercare in altra forma.. Ad esempio...cominciando e disciplinare meglio i Partiti... Forse perché fa tanto comodo continuare a mantenere certi conflitti?

Pur d’accordo sull’indispensabile rinnovamento della Carta, non posso condividere un modo di discriminare e catalogare chi è o non è d’accordo con i principi che la guidano, poiché servirebbe soltanto ad alimentare il continuo gioco delle contrapposizioni tendendo a sviare l’immedesimazione di una ricerca più utile. 
Senza intaccare quei principi di base che ne hanno ispirato la ragione e dando forza a quei contenuti che dovrebbero sempre proteggere l’alto valore di una vera democrazia, si dovrebbe lavorare per rimodernare la nostra Costituzione. 

Considerato che i problemi della politica si concentrano essenzialmente sulla mancanza di utili regole per una adeguata funzionalità del sistema e, premesso che le basi per le riforme primarie della politica devono prendere spunto dal testo della nostra Costituzione, bisognerebbe poter provvedere.
Alcuni suoi articoli risultano oggi obsoleti poiché non tengono conto del cambiamento storico culturale che il nostro Paese ha avuto in questi sessant’anni.  

Articoli della Costituzione, sia sui principi fondamentali che quelli sui diritti e doveri dei cittadini  suonano superati ed assai lontani da una società che si vuole moderna ed innovata. Altri, nel loro testo, non entrando nel merito del tema in modo approfondito, finiscono col trasmettere un indirizzo  poco chiaro. 

La nostra Carta appare volutamente scritta al fine di poter dare continua possibilità di rivedere in chiave moderna i suoi articoli…quindi rinnovabile.
Volendomi collegare a ciò che ha scritto il cugino Domenico sull’articolo 1… ad esempio.. interpretando questo articolo chiunque, oggi, potrebbe riscontrarvi una curiosa ipocrisia, poiché, già da parecchi anni, con le crisi economiche ed i nuovi modelli di sviluppo, non può più evidenziarsi un preciso fondamento basato sul lavoro ma, forse,  solo sul profitto di pochi, sicuramente su un modello di nuove regole nel campo del lavoro ben diverso da quello esistente in un tessuto imprenditoriale del 1947. Oggi il concetto è ben diverso poichè manca  una vera possibilità di lavoro!
Un articolo che oggi appare alquanto retorico, costruito su una passata ideologia comunista che i Costituenti hanno inteso formulare in favore della classe lavoratrice di quel tempo. Meglio sarebbe oggi:fondata sulla libertà, sul rispetto e sulla pari dignità.

Ma si potrebbero individuare altre anomalie circa il terzo,…. “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinione politica” In via teorica tutto ciò potrebbe sembrare realistico ma, se, per quanto riguarda la pari dignità sociale, la distinzione di sesso e di razza e di lingua, non si può che essere d’accordo, non ci pare che, oggi, possiamo davvero esserlo davanti all’attuale esercizio dell’espressione politica e della legge. Pochissimi cittadini sono, oggi, in grado di comunicare le proprie opinioni politiche se non attraverso la forza di precise risorse finanziarie o soggiacendo agli interessi dei Partiti. Inoltre, fino a quando non si studiano nuovi percorsi e regole capaci di individuare un rapporto di equilibrio tra il potere politico parlamentare, quello esecutivo e l’ordine giudiziario, le opinioni politiche difficilmente potranno essere libere nel loro pensiero.
Senza le regole dettate dai nuovi principi della stessa Carta, sia i Partiti che la  Magistratura, potrebbero condizionare fortemente qualunque opinione politica voluta dal cittadino.

E si potrebbe, poi, continuare.... riscontrandosi con altri articoli vecchi e persino contradditori malgrado le buone intenzioni, che non potranno mai agevolare un percorso della politica funzionale, ad esempio, nella parte dell’Ordinamento della Repubblica Titolo 1, riguardo alle funzioni del Parlamento, dove l’articolo 67 recita: Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato .Curiosa teoria, poiché tutti sanno che un vincolo vi è ed è sempre più evidente: quello dettato dai Partiti e dai loro leaders. Questa retorica e ipocrita prassi di voler ancora considerare il parlamentare libero nella sua scelta, viene continuamente smentita da un suo chiaro condizionamento ad una forza di Partito che spesso lo favorisce anche nella elezione, soggiacendolo ad un preciso interesse. Ogni nuova legge elettorale potrà seguire questo articolo, solo se si apporterà la necessaria riforma.

E poi ancora…..sulla parte seconda Titolo primo (più facilmente rinnovabile) in riferimento alle Camere ed allo sproporzionato numero di deputati, sulla loro ripetuta elezione, sul sistema di elezione degli stessi, sulla formazione delle leggi e sull’uso esagerato dei decreti legge che alterano e riducono la vera attività del Parlamento. Chiaro sintomo di una Repubblica parlamentare in crisi.

Per arrivare persino….alle strane singolarità del Titolo quarto, allorquando, attraverso l’articolo 104 in riferimento alla Magistratura ed alla istituzione del Consiglio superiore, si pone un’anomalia. Anomalia costituita da un difficile posizionamento di ciò che dovrebbe figurare come un”ordine” indipendente, ma che, eletto per due terzi da magistrati ordinari, finisce col rappresentare un vero e proprio potere. Potere fortissimo, poiché in grado di limitare la libertà delle persone, potere sostanzialmente in contrapposizione a quello politico che agisce in rappresentanza del popolo. 

Ma in via di principio questa Carta esprime dei valori importanti anche se poi non se ne conseguono i risultati.
La nostra Costituzione, che come scopo dovrebbe avere il compito di guidare e fornire una traccia al complesso di norme per meglio definire la struttura dello Stato, non sembra avere oggi un giusto funzionamento che la porti al raggiungimento del suo desiderato fine. In se, essa potrebbe apparire perfetta nella rappresentazione dei valori per la determinazione di una democrazia, ma può solo idealizzarne il raggiungimento.
La passata Assemblea Costituente che ebbe il compito di porre le norme fondamentali dell’ordinamento dello Stato,  determinò le regole per una concezione politica in opposizione ad una visione di assolutismo, riconoscendo la validità di uno Stato fondato sulle norme e sui poteri. Ma qualunque norma o confine di potere, dopo la smisurata e sregolata crescita economica e sociale di questi sessant’anni, non potrebbe che essere rivisitata affinché non possano continuare a riscontrarsi ulteriori anomalie dovute ad un progresso che ha alterato gli stessi valori della società. Anomalie che non potranno mai dare innovazione al percorso di una politica che si vorrebbe efficiente e costruttiva.
Una carta costituzionale che, per una sua utile modernizzazione, non dovrebbe esimersi dall’osservare in lungimiranza un possibile sistema funzionale basato su principi più moderni in proiezione delle normative e della suddivisione dei poteri. Una carta costituzionale utile ed indispensabile, ma sicuramente da rinnovare, poiché non potrebbe mai essere richiesto un suo stravolgimento.

vincenzo cacopardo

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