7 lug 2014

Quel termometro che decide il cambiamento


di vincenzo cacopardo
Non ci si deve meravigliare tanto del successo di Matteo Renzi in un Paese che vive di continue speranze...Speranze che in sé sono anche indispensabili per chi si propone di guardare avanti. Ma il problema rimane comunque quello della tipologia e nel merito stesso di ciò che oggi viene espresso come un “opera di cambiamento”.

Sondare attraverso le varie categorie di lavoro un consenso verso la speranza è comprensivo, ma anche troppo semplice: Se oggi si chiede ad un dirigente od un funzionario di alto livello.. ben posizionato e remunerato.. di credere ad un futuro attraverso una speranza generica fatta di promesse verso il cambiamento, è chiaro che la risposta sarà sempre pressochè positiva, così pure per un notaio, per un medico, un parlamentare, un magistrato e tutte quelle classi che lavorano guadagnando bene, ma anche per quelle categorie che sopravvivono come dipendenti con stipendi sicuri.  : Logicamente azzardato è proporre loro un netto mutamento del sistema...

Oggi è proprio la sicurezza di un lavoro e di uno stipendio che crea quella linea di demarcazione tra chi è portato a credere ad una speranza del futuro... rispetto a chi non è portato a farlo..sperando in una radicale metamorfosi...Ed ecco che il consenso viene nettamente diviso tra chi si riconosce “sistemico” e chi “antisistemico”... poco importando le ideologie..le teoriche idee.. ed ogni altro dialogo su un concetto di vita organizzato in uno stato di vera democrazia.
Pensare quindi che categorie agiate come le categorie già soprascritte..e tutti coloro che hanno la sicurezza di una entrata.... possano girare il loro consenso in modo antisistemico, (se anche consapevoli dei disastri portati da un sistema tanto imparziale quanto antidemocratico e autoritario), sarebbe come riconoscerli autolesionisti...Tuttavia quello che li rende discutibili è l'evidente ipocrisia di chi tra loro insiste e si ostina a difendere il sistema odierno a prescindere da ogni ingiustizia ed equità...definendolo il migliore del peggio!

Ma oggi persino una classe... meno agiata.. che vive di stipendi medio bassi e che sopravvive ad ogni sorta di stortura ed anomalia a proprio danno, sembra spinta e legata ad una effimera speranza. ..Pur consapevole dei disastri del sistema (che tende a rendergli il solito contentino)... si aggrappa alla consueta speranza di chi promette senza alcuna certezza. Sul piano psicologico..per costoro è l'attesa continua di qualcosa che prima o poi.. non potrà che arrivare in proprio favore (un concetto, in qualche modo, legato ad un'etica cristiana della fede). L'importante, al momento, è avere un lavoro ed un reddito.... pur basso che sia...Per costoro peggio di così non potrebbe mai essere..ed andare contro il sistema che oggi ti assicura quel minimo..potrebbe anche comportare il rischio di perdere tutto...A differenza delle classi agiate di cui sopra, loro ...non avrebbero alcuna risorsa a cui affidarsi!
Questo è quello che potrebbe essere oggi chiamato una sorta di "ricatto”...una costrizione da parte di un sistema che tiene legato un consenso attraverso un bisogno... e non attraverso un libero pensiero....

Oggi la vera lotta che si sta combattendo e proprio quella del metodo di un cambiamento: abbatterlo per costruirvene sopra un altro..o rinnovarlo attraverso una sorta di ristrutturazione totale. Da un lato il “postberlusconismo” rappresentato da Renzi che propone, con estrema ipocrisia, la riesumazione di un sistema quasi del tutto morto per farlo rinascere attraverso la speranza diffusa di una rottamazione e la forza di una grande determinazione comunicativa...dall'altro un'opera (maldestramente) cominciata e (ancor peggio) non conclusa di Grillo che si è sempre proposto per abbattere... con poca concretezza di idee... quelle “mura di Gerico” di un impianto tanto sofisticato.... quanto ricco di anomalie poco funzionanti.

Nella realtà delle cose..(e qualcuno che gestisce il potere ecomomico lo sa bene) quello che decide “il cambiamento” è proprio quel termometro che misura sostenibilità ed insostenibilità.. e cioè: fino a quando la maggioranza della popolazione del Paese vivrà sulla soglia di quella sopportabilità stabilita da un lavoro ed uno stipendio che non gli precluda una sopravvivenza ...si tenderà verso la speranza di poter sostenere ancora il sistema attuale... osannando le figure determinate che lo invocano e lo esortano...Ma quando l'asticella tenderà verso l'insostenibilità di una maggioranza del Paese...si potrebbero determinare cambiamenti più forti e decisi.
Se si vuole essere davvero pragmatici.. questa è in sintesi l'analisi più giusta....


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