14 ago 2014

Nuovo commento all'articolo di Domenico Cacopardo


Boy scout e governo di domenico cacopardo
Le ultime esternazioni di Matteo Renzi al raduno dei boy-scout confermano la problematicità della sua presidenza e non fanno sperare nel superamento degli ostacoli europei. Ultimo Mario Draghi, che si riteneva alleato del nuovo corso italiano e si è rivelato, invece, critico delle lentezze e delle timidezze del processo riformista.

Certo, il raduno dei boy-scout era una ghiotta occasione per riprendere quel discorso demagogico e populista (sì, proprio populista) che, insieme al linguaggio diretto e ‘giovane’, ha determinato il successo di Renzi nelle primarie Pd prima e nel Paese, poi. L’errore, tuttavia, si annidava nei particolari che non sono stati messi in conto, come troppo spesso accade.

«Ora che la musica è cambiata e la politica rialza la testa riformando se stessa c’è chi vorrebbe commissariarla», ha detto il premier riprendendo una constatazione giusta (la politica è tornata al centro della scena) e una preoccupazione fondata. Non è, infatti, che l’Europa pensi alla Troika per fare un dispetto agli italiani e, tra essi, l’exsindaco di Firenze. È che l’Europa, per difendere se stessa e gli stati membri, compresa l’Italia, bloccherà qualsiasi azione difforme dai principi accettati col Fiscal compact e interverrà per realizzare quei processi di risanamento e omologazione che tanti buoni risultati stanno dando in Spagna, Grecia e altre realtà difficili. Questa posizione comunitaria non si esorcizza con un comizio agli scout, si smina soltanto facendo le riforme che ci sono richieste.

Certo, la scelta di affrontare la Costituzione è stata una scelta coraggiosa. Altri avrebbero lasciato lì, dov’è dal 1947, il macigno di un bicameralismo perfetto, e gli altri macigni, compreso quello dell’eccesso di poteri assegnati alle regioni. Quando la riforma del Senato e del titolo V sarà compiuta, tutto diventerà più facile, visto che il processo decisionale risulterà semplificato e la governabilità più agevole. 

Ma Renzi scivola anche col Financial Times (il valoroso ambasciatore Varricchio in partenza per la prestigiosa sede di Washington dov’era, quando il premier esternava?): «l’Italia sa cosa fare … gli Stati dovranno indicare alla Commissione via e ricette per venire fuori dalle secche …» Qui, l’errore è più marchiano e cerca di nascondere gli errori commessi nell’approccio all’Unione, soprattutto dopo le elezioni europee che gli hanno dato una storica vittoria.

Peccando di provincialismo, con un eccesso di self-confidence, Renzi ha ritenuto di avercela fatta: la Merkel lo riteneva simpatico, Hollande lo abbracciava in pubblico manifestandogli pieno sostegno e Cameron lo considerava una valida opportunità per l’Italia.

Invece di tessere la tela delle alleanze, come ci eravamo ripetutamente permessi di suggerire su queste colonne, il governo se n’è uscito con l’indisponente candidatura della Mogherini e in una serie di errori tattici che renderanno molto complesso l’appuntamento di fine mese per la nomina della nuova Commissione. La medesima presidenza di turno italiana non ha costruito quell’attenzione generale sui dossier critici europei. In anni lontani, il nostro semestre aveva determinato una serie coordinata di azioni diplomatiche che ci aveva resi protagonisti e guida dei processi decisionali comunitari.

Non si può nascondere che il drive di Renzi a livello europeo è nettamente scemato e che quindi, il comizio di San Rossore (e quelli che intende pronunciare in giro per il Paese) aveva il solo scopo di ricaricare il mondo dei suoi fan. 

Non scongiura, però, le ombre che gravano sulla legge di stabilità 2015, il più impegnativo dei prossimi appuntamenti. Lì parleranno i numeri. E i numeri non si piegano all’oratoria. Pretendono fatti concreti.



E' ormai una storia risaputa quella del nuovo sindaco d'Italia che persiste in quello che il cugino Domenico definisce “populismo” e che io, invece, sottolineo come un vero “peccato di presunzione” che va ben oltre al più dimesso tentativo di infondere speranza tra i nostri cittadini.

Ma al di là di ogni tentativo sul tema del lavoro e dell'economia.. che già di per sé si dimostra in ritardo rispetto alla premura del Paese, quello di aver voluto affrontare in simile modo il tema della Costituzione, più che essere una scelta coraggiosa, mi è sembrata essere stata scellerata e priva di quell'essenziale equilibrio che in politica non dovrebbe mai mancare..(principio che l'attuale Premier sembra sconoscere del tutto). 

E' vero..quando la riforma del Senato e del titolo V saranno compiute (e non dimentichiamoci di una legge elettorale ad hoc che presto si imporrà) , tutto diventerà più facile, visto che il processo decisionale risulterà semplificato e la governabilità più agevole, come giustamente specifica Domenico, ma quali conseguenze potrebbero esservi? Nessuno si domanda veramente quali risultati opposti potrebbero nascere in reazione ad un simile sistema non approfondito con la giusta analisi e deciso unicamente per fini di una governabilità sicura che costringerà la politica in ulteriori compromessi e continue anomalie...Questi temi dovrebbero essere esaminati in termini di una funzionalità corretta ed a favore di una democrazia ed invece..si continuano ad affrontare solo al fine di imporre, con la forza di normative capziose e poco funzionali, una più comoda attività governativa.
Possiamo quindi ridere... se pur con amarezza, quando ci si vuole far credere che viviamo in un regime democratico.... 

Per quanto concerne il resto...la legge di stabilità rimarra sempre lì e come anche sottolineato dal consigliere Cacopardo, la realtà dei suoi numeri non si piegherà alla ipocrita comunicazione di chi continua a prendere per i fondelli un popolo asservito (in modo quasi masochista) ad un sistema che pare presentarsi con continue anomalie e disfunzioni.
vincenzo cacopardo 








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