Genova, tra politica e burocrazia
di Paolo Speciale
Quando
si afferma che il capoluogo ligure ed i territori limitrofi sono a
rischio idrogeologico, per la peculiarità della scienza pertinente,
si da per scontata la secolarità di tale status, certificata da
periodiche precedenti inondazioni analoghe a quella di questi giorni.
Ma
la vera peculiarità che oggi si rileva è quella semplicemente e
tristemente italiana: in quale altro paese del mondo infatti si
attende con la stessa disarmante consapevolezza, colpevolmente
omissiva, una apocalisse tutta terrena ed umana come quella che è
sotto i nostri occhi?
Abbiamo
detto terrena ed umana, quindi riferita inevitabilmente alla
socialità dell'uomo, da cui è nato il sistema di rappresentanza
politica e le responsabilità connesse.
Già,
le responsabilità: l'organo pubblico-tecnico preposto alla
sorveglianza è il Centro Funzionale Centrale per il rischio
meteo-idrogeologico, previsto dalla Direttiva del 27 febbraio 2004,
posto nell'ambito strutturale della Protezione Civile, sotto il
controllo diretto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Da
più parti si è parlato nelle ultime ore della ennesima doverosa
individuazione dei soggetti istituzionali coinvolti, accertando
innanzitutto l'esistenza, e poi la natura e l'efficacia del loro
operato in una emergenza ancora in corso.
Saranno
avviate le debite inchieste in ambito giudiziario ed in ambito
politico-amministrativo ed il capo della protezione civile si è
affrettato a dichiarare che fino a quando si cercheranno vittime
sacrificali in ambito di pubblica responsabilità non si andrà
lontano. Meglio pensare intanto a come affrontare questa “calamità”
e poi a prevenirla. La solita indisponente “acqua calda”.
Ma
le vittime ci sono già: sono i“comuni” cittadini di Genova e
dintorni che ormai da generazioni si sentono avvinghiati in un
abbraccio mortale con un incubo soltanto“territoriale”, la cui
possibile soluzione è stata addirittura resa oggetto di competizione
politica, sin dal 2011.
Ma
c'è di più: i fondi per la esecuzione dei lavori sono stati
stanziati ma non sono stati spesi.
Ed
è qui che dannosamente si intrecciano le attività ed i ruoli di più
soggetti istituzionali presenti nel nostro ordinamento paralleli ed
equivalenti, tutt'altro che razionalmente normati in relazione alle
singole pertinenti competenze i quali, con veti incrociati e con un
cattivo uso della discrezionalità loro conferita non sempre
finalizzata al pubblico interesse, finiscono con il tradire il
mandato che è loro proprio. Vediamo perché.
La
bontà intenzionale solo di alcune (non di tutte, purtroppo, come
sappiamo) inchieste giudiziarie sulla presunta distrazione di fondi
pubblici ha sì assicurato un sensibile calo del fenomeno della
appropriazione indebita del denaro pubblico da parte di
amministratori non degni di questo nome, ma ha indotto molti di essi,
animati da puro spirito di servizio e spesso costretti a dover fare i
conti con discutibili interessi locali imprescindibili, a determinare
di fatto una paralisi economico/amministrativa che ha lasciato nei
bilanci voci in attivo intatte e che ha sancito la fine di imprese
con la conseguente disoccupazione delle maestranze, e ciò sia per
chi i lavori li ha fatti e non è mai stato pagato, sia per chi non
li ha fatti proprio per la mancata indizione di gare d'appalto.
Ma
qui non si vuole attaccare la magistratura, tutt'altro. Prevenendo
facili e controindicate strumentalizzazioni figlie della filosofia
che fa di tutte le erbe un fascio, si vuole piuttosto ribadire la
necessità,in uno con le riforme in cantiere, di assicurare e
garantire il puntuale svolgimento delle attività assegnate a ciascun
soggetto-ramo che promana dall'attività di governo o esecutiva che
dir si voglia, purché tale funzione sia svolta in assoluta e
costruttiva sinergia sia dall'organo politico-eletto sia dall'organo
burocratico che, in quanto nominato dalla politica, ad essa deve
rispondere del proprio operato, in un rapporto dinamico che metta al
bando ogni individualismo e soprattutto che faccia riferimento ad un
sistema normativo che coniughi al meglio chiarezza, semplicità, e
trasparenza. In una parola, ri-attribuendo alla “burocrazia” il
ruolo che è ben espresso dal termine greco “leitourghia”,
servizio pubblico allo stato puro, non contaminato dall'esercizio di
un potere correlato, che a sua volta deve essere congenito non già
alla politica di oggi, quanto alla più nobile dimensione “tomistica”
di essa.
Sogni?
Può darsi, mal'importante oggi è far sparire per sempre quelli –
cattivi - che i genovesi faranno ancora certamente in parecchie
future notti.
Leitourghia” come azione del popolo e per il popolo... che ha acquisito il significato di “azione sacra” e..come giustamente vuol fare intendere Paolo, dovrebbe riappropriarsi del ruolo che gli spetta. ..E il ruolo che spetta..in questi casi.. non può che passare da una intelligente organizzazione preventiva.
E'
tutto vero! ...La distrazione di fondi pubblici ha assicurato un
sensibile calo del fenomeno della appropriazione indebita del denaro
pubblico da parte di amministratori e ha indotto molti di essi,
animati da puro spirito di servizio..a
dover fare i conti con discutibili interessi locali, determinando di
fatto quella paralisi economico/amministrativa.
Con
questa analisi critica, Paolo Speciale, intende sottolineare
l'esigenza di quel rapporto dinamico essenziale che parta da una
indispensabile azione del Governo..attraverso l'organo
pubblico-tecnico preposto alla sorveglianza per il rischio
meteo-idrogeologico posto nell'ambito strutturale della Protezione
Civile e sotto il controllo diretto della Presidenza del Consiglio
dei Ministri. Non bisogna essere dei grandi geni per intuire che il
caso accaduto già due anni orsono.. si sarebbe verificato se non si
fosse intervenuto con immediatezza!...
Siamo
al solito! In questo Paese...se le cose non accadono ripetutamente..portando disagi
e morte continua,non si interviene adeguatamente..nè si attua uno
studio preventivo capace di contenere alla base il problema...Ed il
problema, a prescindere dalla esigenza di un rapporto o della più o
meno integrità morale di alcuni personaggi oggi responsabili di un
certo disordine e malcostume, rimane di carattere metodologico e cioè
di quella mancanza totale del principio di prevenzione di cui tanti.. poco si occupano o si sono mai preoccupati.
Ho
toccato diverse volte nei miei post l'argomento sulla prevenzione
ponendolo come un principio importante per ogni attività a cui lo
Stato ha il dovere di dedicarsi. Il
tema della sicurezza del territorio è un tema difficile che riguarda
il sistema politico per l’aspetto difficile su deleghe, decisioni
ed interventi...ma si basa sicuramente su un aspetto preventivo . Mai
come oggi.. occorrerebbe un grande impegno e posizioni politiche
strategiche organizzative più efficienti! Sembra,
invece, che in questo Paese le cose debbano per forza accadere.. per
poi suscitare una strana meraviglia...Si potrebbero elencare diversi
casi (terremoti-instabilità degli edifici-speculazioni selvagge-atti
di criminalità..etc) dove..pur a conoscenza del pericolo che
incombe..tutto prosegue nell’indifferenza di chi dovrebbe adoprarsi
per operare preventivamente.
Non
v’è dubbio che la regola primaria del nostro Stato sembra essere
quella obbligata di un impegno costantemente in ritardo su disastri già
avvenuti...Sarebbe indispensabile
lavorare affinché, nel nostro sistema si possa agire con migliore
efficienza e tempestività: Se la rassegnazione continua a
prendere il posto della prevenzione...ponendosi come la sola
alternativa risolutiva per simili avvenimenti, non potrà che
dimostrarsi di continuo la perenne debolezza di uno Stato e la correità di una
politica incapace.
vincenzo
cacopardo
Nessun commento:
Posta un commento