9 dic 2014

Un commento alle analisi del consigliere Domenico Cacopardo



Se, rinunciando all’abitudine di parlare prima di pensare, Matteo Renzi decidesse di riflettere sul caso Roma (in grave allargamento) si renderebbe conto che c’è una totale insostenibilità del quadro politico esistente e che, quindi, occorre azzerare la giunta comunale e il governo della regione Lazio, strettamente legata alla situazione romana.

Corruzione e criminalità costituiscono un tumore virulento che deve essere asportato senza indugi. Le cellule infette debbono essere rimosse e una decisa chemioterapia deve fare pulizia di quelle vicine, siano o no portatrici del male.

Questo dovrebbe saperlo bene l’attuale sindaco di Roma che è medico.

Su di lui, da qualche anno, ci portiamo dietro una domanda che non ha avuto alcuna plausibile risposta, che non sia vuota retorica di circostanza: «Perché il professor Ignazio Marino si è dimesso dall’incarico di professore di chirurgia presso il Jefferson Medical College di Philadelphia ottenuto nel 2002, per candidarsi con il Pd nelle elezioni del 2006?» Il quesito non concerne il privato di Marino, ma la sua pubblica funzione: infatti, l’idea infantile di un patriottico richiamo al dovere di servire il popolo non è convincente.

Sul punto e su tutto il resto, Matteo Renzi dovrà ottenere risposte precise per sé e per la pubblica opinione​. E comunque, rimossa ogni opacità​, non potrà mantenere la fiducia del suo partito al sindaco di Roma, le cui difficoltà amministrative si erano di recente arricchite del caso «Panda», dai cui contorni emergono dispregio per le regole e ristrettezza di portafoglio, un caso imbarazzante che, in Germania o nel Regno Unito avrebbe imposto immediate dimissioni. Oggi, la situazione ha assunto un dimensione inquietante anche per la donazione elettorale di 30.000 euro da parte di Salvatore Buzzi, presidente della cooperativa 29 giugno, destinataria di cospicui finanziamenti comunali (e oltre). Quindi, sul punto, i casi sono due: -o Marino e i suoi uomini non sapevano chi fosse Buzzi e che cosa facesse la sua cooperativa e in tal caso sono una manica di imbecilli incapaci di gestire il «found raising» di una campagna elettorale; o lo sapevano benissimo e, accettando la donazione, si ripromettevano di ricambiare il beneficio ricevuto. 

In entrambe le ipotesi, Marino non può continuare a sedere sulla poltrona di sindaco di Roma, dopo essersi seduto in quella di senatore della Repubblica. L’annunciata rotazione dei dirigenti comunali è una vera sciocchezza: se tra di essi ci sono dei ladroni il cambiamento di dipartimento o assessorato non ne cambierà le abitudini. E sciocca è l’idea di nominare subito un assessore alla trasparenza. L’unica strada per ottenere chiarezza è quella che abbiamo già invocato: si dispongano accertamenti sugli stati patrimoniali dei dirigenti nel 2000 e nel 2013. 

Emergerebbero matematicamente i casi di investimenti non giustificati dalle retribuzioni dichiarate. 

La palla è a Renzi. Deve, infatti, incaricare subito l’Ispettorato generale di Finanza del ministero dell’economia, l’organo tecnico più qualificato che ci sia nell’apparato statale di effettuare un’analisi delle attività amministrative (suggerisco a Renzi e a Cantone di prendere nota. È, infatti, possibile che non ne conoscano l’esistenza) del comune, della provincia e della regione Lazio per le presidenze che si sono succedute negli ultimi dieci anni almeno. Sia per le gestioni Veltroni e Alemanno che per quelle Gasbarra e Zingaretti (provincia) e Marrazzo («tanto nomini»), Montino, Polverini e Zingaretti medesimo (regione).

Prima che le illazioni divengano una montagna, è nell’interesse di queste persone, presidenti dei tre enti negli ultimi dieci anni, che un organo puntuto e altamente qualificato come l’Igf effettui tutte le verifiche del caso, soprattutto nelle aree (merceologiche?) relative all’attività della banda criminale che spadroneggiava in Campidoglio, a Palazzo Valentini (provincia), forse alla Pisana (regione) e nelle sedi dei partiti. Fra l’altro, non possono essere ignorate le voci romane sull’esistenza di un ben più vasto e lucroso giro corruttivo intorno alle aziende municipalizzate e regionali. 

Infine, caro Matteo Renzi, la presunzione di innocenza vale nelle aule di tribunale non negli uffici politici che si occupano di cosa pubblica. Anche Micaela Campana dovrebbe abbandonare la segreteria del Pd nella quale lei, incautamente, l’ha inserita. E dimettersi dalla Camera dei deputati, nella quale è entrata in quota Bersani.

Sappia, caro Matteo Renzi che lei ha gli strumenti legali per conoscere tutto quello che serve sui suoi collaboratori, anche i più vicini, e sul gruppo dirigente del suo partito. Li usi. 

Sappia che questo tornante della politica (Milano, Venezia, Roma, l’Eni) è grave quanto e più di Tangentopoli. Se lei non è capace o non ha la forza di affrontarlo con decisione realizzando il rinnovamento di cui c’è immediata necessità, nel giro di pochi mesi lei sarà definitivamente affossato. I «tarallucci e vino» non servono. Servirebbe Robespierre. Noi ci accontenteremmo di un giovane «premier» con il coraggio di fare piazza pulita dovunque è necessario o soltanto utile. 

Questo il Paese si aspetta. Non chiacchiere da bar di Rignano sull’Arno, tipo «Che schifo!» Lei è il capo del governo, non altro, vivaddio!

La collera di una Nazione nel disastro economico e sociale merita il rispetto delle regole basilari della democrazia e della Costituzione: chi ha realizzato o mancato di impedire il malgoverno deve essere mandato a casa. 
domenico cacopardo




La analisi di Domenico non smentisce le sue capacità di approfondimento su ogni tema inerente il malcostume e la corruzione. 
Domenico scrive che “Marino e i suoi uomini non sapevano chi fosse Buzzi e che cosa facesse la sua cooperativa e in tal caso sono una manica di imbecilli incapaci di gestire il «found raising» di una campagna elettorale; o lo sapevano benissimo e, accettando la donazione, si ripromettevano di ricambiare il beneficio ricevuto”..Tra le due ipotesi io propendo per la prima..ovvero per la incapacità totale di chi si è seduto in una poltrona difficile per la gestione della capitale non avendo alcuna esperienza nel merito, ma sopratutto... una mancanza totale di capacità politico amministrativa. 

Chi ha assistito all'ascesa politica di Marino non può porsi quella domanda che Domenico sottolinea con chiarezza: «Perché il professor Ignazio Marino si è dimesso dall’incarico di professore di chirurgia presso il Jefferson Medical College di Philadelphia ottenuto nel 2002, per candidarsi con il Pd nelle elezioni del 2006?» In effetti..non può mai essere convincente la sua voglia di prodigarsi in un lavoro politico ostentato come una vera missione. 

La deludente attività svolta fino adesso conferma la sua mediocrità. Ricordiamo lo strafalcione (offerto come immagine di uomo del cambiamento) della inverosimile Cerimonia in Comune del primo cittadino di Roma che ha arbitrariamente inserito nel registro capitolino le 16 coppie che si sono sposate all'estero. Al di là di ogni posizione ideologica rispettabile, l'azione del sindaco Marino è apparsa davvero avventurosa.. oltre che imbarazzante.

Da esperto consigliere di Stato Domenico suggerisce a Renzi, dopo gli ultimi osceni fatti che hanno riguardato la capitale, di incaricare subito l’Ispettorato generale di Finanza del ministero dell’economia, l’organo tecnico più qualificato che ci sia nell’apparato statale di effettuare un’analisi delle attività amministrative. In questa triste storia vengono messe in dubbio tutte le vecchie gestioni dei vari sindaci e dei presidenti di regione.

Per quanto riguarda le domande che Domenico pone al premier Renzi..vedendolo ancora come “l'uomo con il coraggio di fare piazza pulita dovunque è necessario o soltanto utile”, vorrei far notare che già da tempo il Premier nella sostanza, ha dimostrato una ipocrisia fuori dal comune, non essendosi occupato seriamente del tema della corruzione e dei conflitti esistenti in seno alle istituzioni, non operando con le necessarie formule preventive. Oltre alla simulazione ha dimostrato una strana abilità nel fuggire da certi temi che appartengono sicuramente ed in modo prioritario alle regole basilari della democrazia e della Costituzione.
Vincenzo cacopardo

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