28 gen 2015

Una nota di Rosario Neil Vizzini su spread, speculazioni ed interessi.

Restituire la fiducia

Coniugare crescita e rigore”. Così il polacco Donald Tusk ha esordito insediandosi nella carica di Presidente del Consiglio dell’Unione europea e subentrando a Herman Van Rompuy. Un posto che da sempre è ad appannaggio di una persona indicata dal Bilderberg, il Comitato internazionale che influenza gli equilibri monetari, finanziari e sociali di tutto il mondo. Su quella poltrona avrebbe dovuto esserci però Enrico Letta, ma la insensata pervicacia e ripicca ha condotto Matteo Renzi a respingere la prestigiosa offerta del Bilderberg all’Italia e a pretendere invece l’irrilevante e senza portafoglio Commissario agli Esteri: portando così l’Italia, come mai era successo prima, fuori da tutte le stanze che in Europa contano davvero.

Se il Bilderberg si esprime in tali termini vuol dire che la ferrea alternativa tra austerity e crescita proclamata in lungo e in largo da Renzi è falsa. Egli in definitiva se continua a chiedere di allentare il rigore sui conti pubblici finisce per essere il frontman della partitocrazia consociata che vuole continuare a banchettare alle spalle del popolo e delle istituzioni finanziarie. Ma come si è arrivati a questo punto?

Secondo quanto risulta a IlFattoGlobale tutto è iniziato il 4 gennaio 2014 a Napoli. Dove è stato tacitamente siglato un accordo bancario internazionale tra i Rothschild, storici finanziatori della politica, e lo Stato italiano. Accordo di cui erano informati sia il Governatore della Banca Centrale Europea, Mario Draghi, che il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Il quale quel giorno si trovava a Napoli, a Villa Rosebery, insieme al sindaco Luigi De Magistris giunto in visita di cortesia. In realtà il patto pur prendendo le mosse dalla situazione italiana fu ben più ampio dell’Italia, coinvolgendo l’intera Europa.
La premessa fu infatti che salvata l’Italia con Mario Monti dalle grinfie degli speculatori nelle cui mani Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti l’avevano abbandonata. E non senza lacrime e sangue degli italiani. Urgeva cambiare sistema, intonando il requiem dell’economia fondata sul debito che tanta crisi aveva portato. I Rothschild dunque accettarono di ridurre le loro partecipazioni nelle Banche Centrali sotto il 50%, anche perché ci stavano perdendo, a vantaggio delle banche nazionali. E di fermare i finanziamenti ai partiti politici, facendo il paio con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti varata dal Governo Letta. Ma come ogni buon patto che si rispetti serviva una garanzia: circa 15 miliardi di euro più titoli e gioielli, il cosiddetto “Tesoro di San Gennaro”, soldi degli italiani perlopiù, rubati e trafugati all’estero da politici e finanzieri corrotti e recuperati attraverso una vasta operazione di intelligence internazionale sul finire del 2013.

Il lunedì successivo, 6 gennaio, scatta l’esecuzione degli accordi. Lo spread italiano crolla sotto i 150 punti e la BCE blinda il tasso di sconto allo 0,25%. Per poi nei mesi successivi abbassarlo allo 0,15% e infine allo 0,05%. Mai come oggi il denaro è stato a così buon mercato. Tuttavia la situazione è ancora tutta da stabilizzare prima che che gli istituti possano riaprire i rubinetti del credito per finanziare la crescita. Sono in corso diversi scandali bancari in Europa, come quelli relativi al Monte dei Paschi di Siena e alla Cassa di Risparmio di Genova. issati i termini dell’accordo bancario europeo la BCE vara gli stress test per verificare lo stato di salute del sistema bancario. Manca poi la mossa della politica, che per l’Italia arriva con il decreto Bankitalia varato dal Governo Letta prima di dimettersi e che sancisce di diritto i patti napoletani.

Caduto il Governo Letta dovrebbe toccare a Renzi il compito di fare da esecutore prudente e attento alle istanze sociali delle indicazioni sul cambio di sistema. Ma come non era stato al suo posto da Sindaco di Firenze – e come diversi volponi di lungo corso si aspettavano – non ci sta neanche da Presidente del Consiglio. Non solo fa di testa propria ma tutto il contrairo di quello che bisognava fare generando l’ultima cosa di cui il Paese e l’Europa avevano bisogno: un immane caos istituzionale, finanziario e relazionale.

L’esordio è dei peggiori: la riesumazione di Berlusconi, estromesso dalla politica perché troppo compromesso col passato per una gestione a dir poco allegra della cosa pubblica, con il Patto del Nazzareno. Un Patto leonino, incostituzionale e a danno del popolo e delle istutuzioni democratiche.

A seguire aggredisce quelle case pubbliche che altri avevanoappena messo in sicurezza distribuendo denaro pubblico a fondo perduto, paternalisticamente e senza risultato apprezzabile sulla caduta dei consumi a fini elettorali europei, gli 80 euro. Raccoglie il 40,8% alle europee e presenta il conto agli italiani: un salasso fiscale mai visto prima, 54 miliardi di euro in un solo giorno. Poi va in Europa e spende come peggio non si può il risultato elettorale, rifiutando come detto un posto nel Sanct Sanctorum della finanza europea e mondiale e pretende la Mogherini agli esteri.

L’escalation di “smisurata ambizione” diventa esponenziale. Il Governo abolisce le province ma solo nella parte democratica e rappresentativa trasformandoli in comitati d’affari a nomina partitica, a seguire aggredisce la Pubblica Amministrazione colpendo fior di professionisti tutori dell’interesse dello Stato per sostuirli con persone se non fidate ricattabili in quanto precari. E non è finita. Matteo Renzi inizia a sostenere che a bloccare la crescita è nientemeno che la Costituzione. E riesuma un vecchio progetto piduista, che Licio Gelli si premura di rinnegare, per “abolire” il Senato, che proprio lì viene approvato in combutta con Berlusconi per tramite di Denis Verdini. Anch’egli rinnegato dalla Massoneria.

Durante l’estate il PIL va sotto zero ma la risposta del Governo è il Jobs Act sponsorizzato dal Ministro del Lavoro Giuliano Poletti che si è completamente dimenticato dei principi del mondo della cooperazione da cui viene. Un progetto che in un Paese dove c’è un bisogno disperato di lavoro e assunzione facilita i licenziamenti, aggredendo i sindacati, innescando la conflittualità sociale e cercando disperatamente la sponda del mondo delle imprese che però dietro ai grandi sorrisi rimane guardingo. Infatti subito dopo arriva il capolavoro, una manovra finanziaria con un’altra stangata fiscale che in risposta al crollo dei consumi li tartassa. E aggredisce risparmi e pensioni di inermi cittadini. Testimonial è il Ministro della Finanze Piercarlo Padoan, anch’egli smemorato, nel suo delle indicazioni dell’Ocse da cui proviene.

Qual era e qual è il problema dell’Italia? Che cosa bisognava fare? L’italia uscita dal berlusconismo e dalla cura shock di Monti è un Paese che sembra in un dopoguerra, specialmente al Sud. La lotta alle mafie, la corruzione politica il continuo aumentare della pressione fiscale hanno ridotto a brandelli il tessuto economico. La libera iniziativa economica sancita dalla costituzione è solo carta scritta, la proprietà privata tartassata contro il dettato costituzionale. Difficilissimo sopravvivvere per i piccoli commercianti, le Partite Iva, le piccole imprese che di quel tessuto erano l’anima. Ancor più difficile avviare una nuova impresa, con lo Stato e la sua burocrazia pronti a fare incetta del malcapitato con l’idea di business. Al punto che molti sono portati addirittura a rimpiangere il pizzo criminale.

Messe in sicurezza le finanze pubbliche – poco tempo dopo Napoli da una rilevazione tedesca risultò che l’Italia era il Paese meno indebitato dell’Unione, secondo solo alla Lettonia appena entrata nell’Ue – bisognava restituire fiducia ai cittadini e ai mercati. Come? Anzitutto allentando la pressione fiscale senza incidere sulle casse pubbliche, detassando quindi i consumi e tenendo ferme le imposte sui redditi. In modo tale da lasciare che l’economia si rigenerasse da sola senza immettere nuovi capitali pubblici e privati per evitare che finiscano sull’altalena delle Borse e nel tritacarne della speculazione finanziaria. Quella fiducia peraltro non concessa liberamente dai cittadini ma estorta con un sistema elettorale anticostituzionale, il Porcellum.

Persone comuni, cittadini con più soldi in tasca intanto consumano di più inducendo un aumento della produzione. un’impresa non costretta a svenarsi per anticipare l’Iva intanto versa tutto e volentieri e con quanto gli rimane può pensare di avviare una nuova linea di prodotto, ammodernare, assumere. Ovvio che nessuna ricetta può pretendere di essere quella giusta, ma questa arriva da chi aveva in mano le redini del vecchio sistema finanziario basato sul credito, e che gli è sfuggito di mano soprattutto per disinteresse della politica concentrata solo su se stessa e la sua sopravvivenza, e ha deciso di cambiarlo, invertendo la rotta verso un sistema fondato sul credito, inteso come rispettabilità, valori etici laici e religiosi, onestà, sostenibilità, profittabilità senza abuso dello stato di necessità altrui.

Chiudiamo con una notizia dell’ultimora che poi è la conseguenza ultima degli accordi di Napoli: il 20 novembre su Twitter l’ex Presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy annuncia la nascita della supervisione bancaria centralizzata europea: “Una rivoluzione nell’architettura finanziaria d’Europa – afferma – politicamente impensabile fino a cinque anni fa”.
Coniugare rigore e crescita è possibile.
Rosario Neil Vizzini



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