29 lug 2015

una nota all'analisi del consigliere Cacopardo

Perchè meravigliarsi?

Da quanto scriviamo dello sfacelo del nostro Paese?...e non certo per voler apparire gufi, ma per l'evidente situazione politica che non muove passi avanti se non nell'orbita di una abnorme comunicazione di un premier saccente e presuntuoso che continua ad imporre una visione estranea ad ogni realtà.
Per quanto concerne la sicurezza (argomento toccato in modo puntuale da Domenico) la ragione stà anche nel fatto di considerare la nostra democrazia un punto sul quale tutto viene affidato alla libera interpretazione dei cittadini, non tenendo più conto di un indispensabile impegno da parte dello Stato su un necessario controllo preventivo.

Su tutto ciò si muove una giustizia assai lenta, a volte troppo indulgente che finisce col premiare i farabutti. Ma perchè questo nostro Paese ..rimane coperto e seppellito dalla miriade norme fin troppo buoniste ed inidonee che fomentano in qualche modo il crimine?

Uno sforzo fondamentale dovrebbe essere fatto dalla politica per guidare un processo evolutivo moderno più spedito, meno farraginoso... anche verso un coordinamento più utile tra giustizia e sicurezza per meglio avvicinare lo Stato ai cittadini. Quando si parla di sicurezza, in un sistema come il nostro, non si può trascurare l’impegno degli organi dello Stato che, nell’attuare regole a protezione del cittadino, sono spesso costretti a barcamenarsi in un nugolo di cavilli burocratici costruiti proprio in difesa delle libertà: Magistrati, forze dell’ordine e quanti altri preposti alla garanzia della nostra sicurezza, sembrano agire con l’uso di procedure ormai vecchie e con una metodologia poco risolutiva.

La risposta sta nel fatto che non si è ancora provveduto ad una vera riforma che possa rendere equilibrio al sistema di sicurezza dell'ordine pubblico..cioè ..nel Paese in cui regna di continuo il “troppo” in contrasto con il “poco” ... una certa inettitudine delle forze politiche procede pensando che ogni concetto di prevenzione sia un optional nel contesto di un sistema di libera democrazia.

Tagli e sacrifici imposti dall'Europa hanno infine dato il colpo di grazia a questo indispensabile servizio in favore della collettività.

Per ciò che riguarda l'occupazione e gli investimenti gettati al vento messi in evidenza in questo articolo da Domenico, non possiamo che dare la responsabilità ad una certa politica ed a quel suo “modus pensandi” insito nella classe odierna. Una politica che persevera nel ritardo di una essenziale riforma sulla burocrazia che risulta fatale per ogni possibile crescita del paese.

vincenzo cacopardo



un inarrestabile sfacelo....

La sensazione è precisa: quest’Italia è un Paese allo sfacelo.

Tra giugno e luglio ho percorso per lavoro l’Autostrada del Sole da Parma a Roma almeno otto volte. Non ho mai incontrato una pattuglia della Polizia Stradale. Anzi, nel tratto Bologna-Firenze, da qualche anno si poteva constatare che il divieto di sorpasso di camion e di autotreni era rispettato. Ora non più: poiché gran parte dei mezzi pesanti non hanno targa italiana (è noto che diverse migliaia di padroncini hanno «estero-vestito» i loro mezzi), i conducenti se ne fregano e occupano tranquillamente per chilometri la corsia di sorpasso. Ma l'aspetto più inquietante del caso è la totale assenza della Polizia stradale che, ormai, interviene solo in caso di incidente grave.
Anche la situazione dei furti in appartamento e in villa è peggiorata e di molto. Ora i più specializzati sono i georgiani che, insieme agli zingari, detengono il record anche in materia di efferatezza e di aggressioni inutili. La questione è semplice: attiriamo ladri. E non per carenze delle varie polizie di cui disponiamo: in un numero accettabile di casi i responsabili di questi reati vengono arrestati.
Ma la gestione giudiziaria di essi è molle, indulgente. Invece di tenere i ladri in galera e, possibilmente, buttare la chiave (anche per disincentivare questo genere di immigrazione specializzata), nel giro di una decina di giorni i delinquenti tornano in circolazione pronti a delinquere di nuovo e, avendo minacciato i già rapinati, a dare sfogo alla loro violenza bestiale.
Certo, l’autorità giudiziaria è inefficiente per definizione, ma il complesso delle norme buoniste che governa il crimine è inidoneo a contrastarlo. Anzi, come abbiamo detto, un’analisi comparata di pene e condoni, fa ritenere l’Italia il Paese più indulgente d’Europa.
Di sbieco ricordiamo che questo andazzo è estremamente frustrante per gli operatori della Pubblica sicurezza, sempre sull’orlo di durissimi procedimenti giudiziari, mai sugli scudi di un apprezzamento reale e verificabile da parte di coloro che giudicano i delinquenti che popolano la Nazione.
In questo disastro dei fondamentali dell’ordine pubblico, ci si mette pure il più elevato giudice d’Italia: la Corte costituzionale.
Come si si trattasse di un organismo lontano mille chilometri dalla realtà concreta (che è una realtà di difficile gestione, di risanamento coordinato con le autorità europee, di tagli e sacrifici distribuiti tra lavoratori e imprenditori) senza alcuna specifica attenzione alle conseguenze delle decisioni, la Corte, in questi ultimi mesi, ha inanellato una serie di sentenze che hanno dato un colpo mortale alle finanze pubbliche: i vari regimi di blocco delle crescite retributive sono stati dichiarati in tutto o in parte incostituzionali, senza apprezzamenti giuridici delle conseguenze su precetti costituzionali, della mancanza di inflazione (causa tecnica delle progressioni automatiche), dell’emergenza debito e dell’emergenza di bilancio. Il medesimo blocco dei contratti degli statali è stato giudicato incostituzionale, dimenticando che un contratto è il negozio giuridico che deriva da un libero confronto tra almeno due parti. E, in questo caso, una delle due, lo Stato è stata costretta a definire con la legge di bilancio la propria impossibilità ad aderire a una qualsiasi crescita degli oneri per stipendi della burocrazia.
Senza volere esprimere alcun giudizio, constatiamo che questa Corte è presieduta da un magistrato ordinario.
L'autorità giudiziaria, peraltro, usa, come un solerte impiegato delle poste addetto alla timbratura dei francobolli finisce, timbrare tutto ciò che gli capita a tiro, così molte corti si comportano di fronte agli eventi della vita quotidiana, usando il loro potere come un «juke-box» nel quale inserire la fattispecie e dal quale automaticamente fare uscire una sentenza devastante per l’ambiente lavorativo, sociale ed ecologico di riferimento. Occupazione a picco, stabilimenti strategici chiusi, investimenti gettati al vento: nulla importa, solo la cieca applicazione della norma, di norma generica.
C’è una responsabilità della politica in questa situazione: senza parlare della ministra Severino, onusta di glorie professionali e di discutibili decisioni governative, ricordiamo il continuo inserimento nel codice penale di nuovi reati, dalle definizioni, in alcuni casi, così labili da indurre qualche bravo e onesto operatore di giustizia ad acchiappare chi gli capita a tiro, forte di una discrezionalità quasi assoluta. Un ampliamento delle fattispecie attuato con l’inspiegabile consenso di Confindustria, mai scesa sul terreno della contestazione dell’arbitrio fatto legge che regola molte attività umane e imprenditoriali.
Lo sfacelo riguarda, quindi, anche il governo e la politica.
Decine di gruppetti sono in movimento per contestare qualsiasi cosa accada in area di governo. Lo scopo non è quello di impedire qualche scempio, qualche errore, qualche decisione inaccettabile. L’unico scopo che anima le minoranze del Pd, il Movimento5Stelle e gli altri contestatori è uno solo: costringere alla resa Matteo Renzi. Anche se non sanno cosa e come fare dopo, pensano che, come in passato, l’Italia accetterà supinamente ogni nefandezza, ogni radicalismo, ogni ritorno a formule deprecabili.
Abbiamo criticato e critichiamo Renzi: ma consideriamo inaccettabile il metodo delle congiure e delle pregiudiziali, quando è in gioco uno stretto passaggio dal disastro alla sopravvivenza.
Certo, Matteo Renzi non è il politico di cui avevamo bisogno. È, però, l’unico dirigente di partito che ha saputo riporre in soffitta argomenti e uomini del passato, avviando, tra mille contraddizioni, errori e passi indietro, un processo riformista che inciderà su alcune delle rendite di posizione che paralizzano l’Italia.
Più rimarremo ancorati a polemiche senza senso (quella sulla scissione di Forza Italia realizzata da Verdini) meno ci sarà la possibilità di andare avanti con le difficoltà che sappiamo nella riparazione dei tanti sfaceli che si vedono in giro.
E lo scontro politico tra Orfini e Renzi è il caso emblematico della deriva autolesionista che attraversa il Paese e, in esso, il Pd: il prezzo è Roma, la preda uno dei due.
Domenico Cacopardo


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