9 set 2015

..a proposito dei talk e delle reti...



Mi domando come non si sottolinei con evidenza l'esistenza di una rete nazionale asservita al sistema dove l'adulatorio Vespa intrattiene nel salotto i vari Casamonica.. e dove i numerosi premier vengono messi alla ribalta con estrema affettazione malgrado le dissonanze sociali insite nel nostro Paese.

E' più che naturale che esistino altre reti che contrastino (anche se in eccessivo tono populistico) la promozione di un sistema che vorrebbe farsi apparire equanime e sicuro. Se non vi fossero queste un regime sarebbe certo!.. Malgrado spesso sia difficile seguire alcuni talk's per il gran baccano e le innumerevoli cantilene..l'esigenza di una contrapposizione verbale a certe reti che dirigono in tono mellifluo le interviste di chi oggi mantiene il potere politico..possono essere d'aiuto per comprendere meglio l'andamento. E' comunque certo il fatto che debbano esistere... non escludendo che esse dovrebbero essere condotte con maggior rispetto.

Ma al di là del populismo e della demagogia..vi è un problema più considerevole al quale dover far fronte e cioè..quello di ribattere sulla uniformità di chi afferma nelle reti nazionali che il sistema funziona bene se si segue la disciplina assoluta di chi oggi è al potere con la forza dell'ambizione..della saccenteria...ed a volte.. persino dei propri interessi.

Sul piano del gusto e della dovuta sobrietà ..non v'è dubbio che certi talk avrebbero bisogno di essere condotti con meno assordanti schiamazzi e con più concreti ed utili dialoghi. Ma è sempre della sostanza e del merito che ci si scorda ..sui quali sembra sempre farsi poco conto. Non si tratta di difendere certi programmi ..ma di ascoltare anche la voce di chi, in dissonanza (anche se con una certa dose di demagogia), si propone in contrapposizione a certe evidenti iniquità di un sistema... e che, in mancanza di queste, non potrà mai cambiare in meglio.
vincenzo cacopardo


Scrive Domenico Cacopardo su “Italia Oggi”
La stagione dei «talk show» è ricominciata per la gioia della sparutissima minoranza di «aficionados», tanto abituati alla dose quotidiana di tossine da avere manifestato crisi di astinenza tali da spingerla a seguire persino David Parenzo, portato agli altari di In Onda de La7, dalle meritate vacanze del «trash» confindustriale. Parliamo de «La zanzara» di Radio24, che, è probabile, non viene ascoltata né dai dirigenti dell’associazione degli industriali, né –e questo è peggio- dal direttore della rete. Una persona, il direttore, che dialoga con filosofi e teologi e che non può immaginare che sulla sua radio vada in onda quasi tutti i giorni una trasmissione dedicata al turpiloquio e alla circonvenzione di incapaci, mediante la presentazione di imitatori per beffarsi dei malcapitati. Se i dirigenti e il megadirettore ascoltassero, difficilmente permetterebbero più che il ruolo che s’era conquistata Radio24, un’ufficialità e un’influenza pari almeno a Radio 1, fosse gettato alle ortiche da due goliardi malamente cresciuti.
Ma i «talk show» cui penso sono altri e sono concentrati ne La7, diventata il motore della disinformazione nazionale, mediante proprio questa formula, nella quale si fa spettacolo con degli invitati che debbono spararle grosse. C’è poi un giro di autoreferenzialità: lunedì sera la gentile signora Gruber, nota per equidistanza e profondità di pensiero, ha invitato a Otto e mezzo il conduttore di DiMartedì, il campione del conformismo più conformista Giovanni Floris, e Marco Travaglio (uno de Il fatto, preferibilmente Andrea Scanzi, è ospite fisso della signora per contribuire a quella visione così equilibrata e ragionata dei fatti del giorno, per la quale la trasmissione va famosa). Il signor Floris s’è spinto ad affermare che la Merkel avrebbe, accettando i profughi siriani, «accontentato» non Renzi, ma la gentile signora Boldrini. Ignora, il giovanotto, che la Boldrini non esiste né sul piano nazionale né –e soprattutto- fuori dai confini del palazzo della Camera dei deputati e che non c’è un pensiero politico, né primitivo né compiuto, nella sua visione della vita politica, quella che i tedeschi chiamano «Weltanschauung».
Insomma, un’autoreferenzialità che mostra la debolezza del format, della rete diretta da Mentana e della medesima proprietà che ha sì tagliato i costi, ma non è riuscita a mettere insieme un menabò capace di fare salire in modo significativo lo «share» de La7.
La questione è sempre la stessa: un giornalismo asservito a l’uno o all’altro dei protagonisti(ni) della politica nazionale, si tratti di politici, si tratti di industriali e finanzieri, talché, in realtà non c’è mai alcun approfondimento, nessuna idea sul merito di ciò che si discute e, perciò, si ricorre (Floris) a un noto e bravo comico per migliorare qualche decimale di ascolto.

Giocando malamente sulla demagogia e il populismo (che sono la cifra dei media italiani di questo tempo) si tenta di suscitare la commozione e la condanna degli utenti delle televisioni nazionali. E si dimentica che proprio demagogia e populismo furono le cifre della propaganda fascista prima e dopo la presa del potere.
Rimarrà nei libri di storia il danno sociale, economico e morale fatto agli italiani da anni di trasmissioni tossiche, portate a sviare la natura dei fatti per renderli coerenti a una ideologia morta nel mondo e purtuttavia ancora viva nelle menti degli orfanelli di Stalin e successori e di Fidel Castro, il satrapo sanguinario che ha soggiogato Cuba.

Domenico Cacopardo



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