7 set 2015

Soffermarsi sulle contese... dimenticando i principi

Quello che mi riesce difficile comprendere nell'articolo posto qui sotto... è il fatto di come, un uomo colto e a conoscenza delle istituzioni come il consigliere Cacopardo, non riesca a guardare oltre e si fissi soprattutto su un principio di “contesa”...Quasi fosse una delle tante dispute inserite nella narrazione di uno dei suoi libri gialli.

E' particolarmente singolare il non soffermarsi a meditare in profondità sulla pretesa che si possa distruggere un bicameralismo opponendovi l'alternativa di un uso di una Camera eletta pericolosamente.. attraverso formule assai ridicole approntate quasi per il puntiglio di affermare un qualunque cambiamento. Cioè:.mi viene difficile constatare come una figura di esperienza come Domenico si soffermi con tenacia sulle proposte del semplificativo sindaco d'Italia, esposte dalla bella addormentata tra i Boschi ..senza andare in profondità sull'argomento e ponendo la questione come fosse semplicemente un gioco di posizioni interno al PD.

Al di là delle manovre di Grasso..che io stesso poco approvo..quello che dovrebbe interessare non è proprio una questione di principio su una riforma, ma la stessa qualità della riforma che non risulta né innovativa ..nè concludente in termini funzionali . E' questo che dovrebbe soprattutto valutarsi... al di fuori di ogni possibile furbizia che meno potrebbe contare!
Ma vogliamo renderci conto dell'inutilità di tali riforme proposte solo per darsi una immagine? Il problema istituzionale del nostro Paese non è mai stato il bicameralismo in sé..ma il modo di saperlo fare funzionale!

Sarebbe bastato dare funzioni diverse alle Camere..rendergli ruoli diversi..diminuirne le figure..contenerne le spese..Ed invece col solito modo tranchand..attraverso la figura della bella e poco esperta Boschi.. si è tirato avanti verso un riordino semplicistico che non porterà alcun vero funzionamento e che ridurrà la politica ancora più risibile.

Se la posizione di figure come quella del cugino Cacopardo....sicuramente molto più esperte della signorina Boschi, rimane ferma su una posizione di principio, senza analizzare in profondità il vero nodo del problema, rischiamo di perdere anche il vantaggio di uomini capaci che hanno avuto una ricca esperienza nelle istituzioni democratiche..come il consigliere Cacopardo.

Ma al di là di tutto ciò..rimane certo che il falso cambiamento messo in atto da Renzi..è e rimane un guazzabuglio di compromessi e semplificative manovre che non arrecheranno alcun vantaggio alle istituzioni democratiche, ma ...forse..vogliono essere il principio di un sistema duro..ossia un'anticamera ad un futuro regime per sostenere l'ambita stabilità. La vergogna peggiore rimane.. però.. quella di voler nascondere ciò dietro l'ipocrisia di un sistema che continua a volersi definire ancor oggi democratico.
Vincenzo cacopardo




Scrive Domenico Cacopardo
La furbizia è un brutto vizio nazionale e diventa manifestazione di insipienza quando è palesemente usata da un personaggio istituzionale. Ci riferiamo a Pietro Grasso, presidente del senato, che, l’altro ieri proprio nel giorno in cui spiegavamo i termini tecnici della «querelle» che andrà in scena a Palazzo Madama martedì 8 settembre, se n’è uscito con un’intervista a Monica Guerzoni del Corriere nella quale è proprio il negativo stigma nazionale a risultare protagonista.
Sostiene, infatti, l’esimio presidente, già magistrato ordinario e procuratore generale antimafia che: «… bisogna usare questo tempo per un eventuale accordo politico …» Come dire che, prima di operare, occorre un consulto, fingendo di ignorare che i consultandi sono di parere e di scuole opposte e irriducibili.
E qui, in questo banale stilema, si concentra, purtroppo, quello che sarebbe esagerato chiamare il pensiero del nostro caro presidente.
Tutti sanno che la minoranza del Pd (proprio Bersani ha nominato Pietro Grasso senatore e poi presidente) prospetta modifiche sostanziali al disegno di legge di riforma della camera alta, tali da vanificare il progetto di Matteo Renzi e di Elena Boschi.
Al di là dei particolari, il progetto della sinistra del Pd intende realizzare il mantenimento del bicameralismo sostanziale, con il quale tornerebbero in campo i poteri di interdizione che tutte le minoranze parlamentari possono oggi esercitare come ieri. Non domani, se il disegno di legge del governo dovesse passare.
Insomma, Bersani, Chiti, Cuperlo, Gotor e gli altri sodali, vogliono abbattere quanto votato sino a ora (anche da loro) e riportare le riforme istituzionali a zero. Fra l’altro, va ricordato che nel pacchetto di un possibile accordo maggioranza-minoranza Pd ci sarebbe un ripensamento sull’Italicum, la legge elettorale appena approvata. Come, giustamente, si rileva da più parti, il vero fine che perseguono i contestatori non è questa riforma –di sicuro perfettibile, viste le incongruenze e gli errori, salvo lo scopo di mettere la parola fine al bicameralismo perfetto- ma Renzi, il suo governo e la sua segreteria del Pd.
Se il premier vuole suicidarsi, ecco la corda tesagli da Pietro Grasso, consapevole forse(ma se lo sia o no è poco importante) che questo suo banale richiamo alla ragionevolezza e all’accordo politico è una trappola predisposta per far cadere il governo e il complesso di novità che ha introdotto e che intende introdurre nel sistema italiano, schiodandolo da venticinque anni, più o meno, di immobilismo.
Tonini, un altro dei premi Nobel del bastimento renziano, si sforza di trovare un argomento valido o forte, dicendo: «… rivotarlo …» (la riforma del Senato) «… sarebbe una forzatura difficilmente spiegabile …»
Nessuno dei due (Grasso e Tonini) entra nel merito delle modifiche votate dalla Camera dei deputati sul testo approvato dal Senato e sulla necessità inderogabile che le stesse siano sottoposte a una votazione del Senato stesso.
Sarà, senza dubbi, la prima volta che quest’assemblea «legge» il nuovo art. 1 e l’emendamento del «dal» all’art. 2. Testi questi che dovranno tornare alla Camera (seconda lettura) e di nuovo al Senato (quarta).
La senatrice Anna Finocchiaro, presidente della commissione affari istituzionali, avrà in mano la patata bollente proprio l’8 settembre e credo che non potrà ignorare la realtà concreta dei fatti. Anzi, se la ignorasse, si troverebbe presto in guai maggiori, visto cosa potrebbe accadere se una simile svista, apparentemente favorevole al governo, non fosse rilevata. Alla fine si riporterebbe indietro l’orologio della riforma.
Siamo al punto in cui i romani dicevano: «Hic Rodhus hic salta».
Con questa frase sottolineavano che ci sono ostacoli che vanno affrontati di petto, non aggirati. E questo è proprio il caso.
Comprendiamo bene che più si allarga il campo della discussione più i rischi di stravolgimento del testo del disegno di legge di riforma del Senato diventano concreti.
Ma, ormai, il governo non ha alternative: deve affrontare una serie di votazioni successive sugli emendamenti che Grasso giudicherà ammissibili, e poi, sull’art. 1 e sul 2. Del resto, nell’implicito della dichiarazione del presidente del Senato c’è una sorta di promessa-minaccia: senza accordo politico sarò costretto a applicare il regolamento e a far votare tutti gli emendamenti che giudicherò ammissibili.
Certo, Grasso, parlando di accordo politico, ammicca a un accordo non solo maggioranza-minoranza Pd, ma ancora più vasto, magari con il Movimento 5 Stelle e Sel. Un accordo che gli conferirebbe la nomina a «zio» di un nuovo schieramento, e l’immeritata investitura a quasi-leader pronto per il futuro e per presiedere il governo elettorale che potrebbe essere necessario dopo il crollo di Renzi.
L’accordo non ci sarà, per l’indisponibilità dei partiti e dei gruppi, e perché, ormai, queste manovrette da corridoio non hanno alcuna possibilità di successo.
È sgradevole citarsi: ma prima della stagione delle ferie avevamo osservato che, al rientro, Renzi si sarebbe trovato davanti una serie di appuntamenti parlamentari per la vita o per la sua morte politica.
Ci siamo: la giostra ha inizio l’8 settembre.
I cavalieri e le dame, però, sono tutti, più o meno impreparati ad affrontare un simile noncavalleresco torneo.



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