2 ott 2015

nuovo articolo di Domenico Cacopardo sull'operato del sindaco Marino

Questo articolo del cugino Domenico mette in evidenza ciò che hi  già messo in evidenza in un post precedente. “Marino ..l'onesto incapace” Il sindaco di Roma Marino è l'esempio tipico che dimostra come in politica l'onestà non è sufficiente: Poco importa avere una persona rettamente integra se poi non risulta capace di sostenere con impegno, con controllo e con prevenzione.. l'iter di una amministrazione! la via.. in politica, come in ogni disciplina, non può essere affidata unicamente alla rettitudine, richiede competenza, non può correre sugli unici binari della strada dell'integrità morale, poiché per logica un'Amministrazione pone problematiche diverse e tra loro differenti: Bisogna saper leggere in lungimiranza, saper approntare idee immediate e, soprattutto.. conoscere la materia amministrativa.. sapendo agire con prevenzione.
Domenico descrive in modo puntuale le inopportune mosse di un sindaco che amministra un città che oggi vive difficili condizioni e che lo vede spesso assente nei momenti più importanti “
vincenzo cacopardo



È assolutamente singolare che il papa assuma su di sé il compito di smentire le voci su un suo invito a Ignazio Marino, sindaco di Roma, di partecipare alle cerimonie religiose in programma a Filadelfia, il 26 e il 27 settembre. L’Osservatore Romano –il giornale che pesa attentamente le parole almeno quanto il Rénmín Rìbào (Il quotidiano del popolo, organo del Partito comunista cinese)- ha scritto: «Il Papa ha smentito “categoricamente” che da parte sua ci sia stato un invito o che sia stato fatto dagli organizzatori».
L’imbarazzata e imbarazzante difesa del sindaco di Roma, attribuendo l’invito al sindaco e al vescovo di Filadelfia (ma non erano loro gli organizzatori?) non spiega nulla. Rimane il fatto che il prof. Ignazio Marino non trova nulla di disdicevole nell’abbandonare Roma, in questo momento cruciale, alla vigilia dell’inizio dell’Anno santo, con la città sconvolta dai lavori preparatori e mille problemi quotidiani, dalla conferma che gli affidamenti illegali di lavori e forniture sono continuati sino alla primavera del 2015 ai frequenti incidenti alla rete metropolitana che paralizzano la città pesando direttamente sui lavoratori.
Nulla di tutto questo è risultato rilevante per Marino e, nella sua mente, è stato più importante fare da par terre al papa e ai suoi accompagnatori, impegnati in una missione in terra americana considerata da osservatori neutrali particolarmente difficile. Particolarmente difficile perché questo pontificato s’è caratterizzato, sin dall’inizio, per il suo spiccato carattere politico, prevalente rispetto ai contenuti religiosi della missione pastorale affidata a Francesco. L’attenzione di sua santità s’è rivolta ai problemi economici e sociali, oggetto d’ogni esternazione estemporanea o ufficiale o, addirittura, ex-cathedra. Il messaggio è stato sempre il medesimo: la condanna dell’individualismo (e, quindi, implicitamente, la promozione dello Stato regolatore comune) e del capitalismo, soprattutto nella versione amerikana, figlia della riforma luterana e calvinista, di quel capitalismo che è stato ed è il motore del mondo, che l’ha condotto sulla via della crescita materiale (sottraendo 1 miliardo e mezzo di uomini dalla tragedia della fame) e spirituale (mai tanti beni immateriali sono stati a disposizione dell’umanità). Ha scritto papa Francesco che questa economia «uccide», un’espressione retorica che non corrisponde al vero, e che, quindi, bisogna uccidere quest’economia (nell’unico modo conosciuto per ucciderla: quel dirigismo di Stato che ha portato l’Argentina dalla condizione di Nazione ricca a quella di Nazione povera, disastrata e in preda alla corruzione). Il tema dell’ambiente è diventato tema elettivo di questo pontificato, ma è stato coniugato con tante discutibili banalità, le medesime per le quali il comico Grillo è stato condannato a risarcire un professore universitario (che sosteneva l’energia nucleare), tra le quali l’aria condizionata, a smentita del saggio principio romano de minimis praetor non curat. Questione, l’aria condizionata, particolarmente urticante per i nordamericani, che hanno voluto rendere la vita indipendente dalle variazioni di temperatura.
Non appena un po’ di polvere si sarà depositata sulle emozioni suscitate dal papa americano, ci si renderà conto, soprattutto negli Stati Uniti (la comunità cattolica che mantiene economicamente in vita tutta la Chiesa cattolica e le sue opere) che il suo richiamo alla necessità di una comunità politica al di sopra degli individui alla quale sia dato il pieno potere di decidere sull’allocazione ottimale delle risorse ripropone un collettivismo sconfitto dalla storia più recente del tutto contrario all’american life’s style, nel quale è la libertà il principale canone della vita democratica. Certo, nella visione di Francesco c’è ancora la teologia del pueblo, nella quale è lo Spirito santo a ispirare il popolo e, quindi, la comunità politica che prevale sugli individui.
Una inaccettabile aberrazione ideologia o, alternativamente, un mero sofisma, un espediente per acquisire populistica popolarità nel momento di maggiore crisi vocazionale e di militanza della Chiesa cattolica dal 31 ottobre 1517, giorno della presentazione delle 95 tesi di Martin Lutero nella cattedrale di Wittenberg e, quindi, della nascita della riforma protestante.
Quindi, Marino doveva essere presente, spettatore, alle esternazioni di Filadelfia, e assente dalla sua città in giornate cruciali come quelle che la capitale sta vivendo.
Segno questo, che questo sindaco non ha ancora compreso (e, a questo punto, non lo comprenderà mai) quale compito delicato gli sia stato affidato dagli elettori, quali siano le attese che ha alimentato, quali delusioni ha suscitato.
Forse hanno ragione coloro che sostengono che Roma va meglio quando Marino è assente. Ma, razionalmente, rimane un errore il non avere commissariato il comune, sulla spinta degli interessi politici (e personali?) di Matteo Orfini, presidente del Pd, commissario del Pd romano, romano egli stesso.
Il pasticciaccio del nuovo inatteso viaggio del sindaco conferma, infine, tutte le perplessità sorte intorno alla sua caratura politica.
Non c’è da sperare più molto. Solo che la prossima scivolata non abbia, come questo viaggetto non ha avuto, conseguenze gravi per i cittadini dell’urbe caput mundi, oramai talmente mitridatizzati da non reagire più alle tossine che quotidianamente vengono loro inoculate.
Domenico Cacopardo


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