Questa
breve analisi di Domenico appare sin troppo riduttiva...
Affermare
che la ragione della lotta in favore della riforma sia quella di far
cessare un sistema che prevedeva tanti soggetti in campo con cui
trattare e negoziare ogni legge, ogni articolo, ogni comma, ogni
parola..è il solito espediente sul quale si rifuggiano tutti coloro
che osannano una governabilità dall'alto..non procurandosi di
trovare altre idee diverse per poterla ottenere e farla funzionare
con una logica che parta dal basso. Senza affrontare una diversa
ricerca in proposito, ma seguendo l'inesorabile sistema obsoleto che
sta mettendo in crisi i principi di una vera democrazia in tutto
l'occidente.
I veri
ricatti nascono dal compromesso dei due ruoli che danno vita ai
soliti conflitti (legislativo-amministrativo) e dalle continue
anomalie che si generano di conseguenza. Se il ruolo legislativo
seguisse una sua strada separata da ogni condizionamento
amministrativo forzato verso i Partiti....la questione sarebbe
diversa.
Non
è forse un conflitto grande come un casa in un sistema come il
nostro.. avere un premier che è contemporaneamante capo supremo di
un partito di maggioranza(ottenuta con un ricco premio) in grado di
dettare ogni cosa? Ed è proprio da questo tipo di anomalie che tutto
nasce..
In realtà
lo stesso consigliere Cacopardo risolve il problema nella comune
sintesi pragmatica.. premiando un condizionamento posto da
un'attività governativa che, per il rispetto che si dovrebbe ad un
popolo, non potrebbe nemmeno permettersi di cambiare una parte della
Costituzione senza la partecipazione di una “Costituente” più
consona e adatta.
Restando
nel metodo (poiché nel merito ogni questione sarebbe troppo lunga da
osservare con giusta critica) non si può di certo restare contenti
di come un governo abbia potuto procedere nel percorso delle riforme
costituzionali..con la scusa di un unico motivo di stabilità. Una
stabilità fin troppo forzata che non perderà tempo a tornare
indietro come un boomerang..attraverso risvolti per adesso poco
immaginabili ….Anche Domenico Cacopardo..se pur maestro nella sua scrittura.. affrontando temi che riguardano un cultura
politica..sembra non far caso a quei principi seri che accompagnano
l' ordinamento..Un ordinamento che.. nella ricerca di ogni
governabilità.. non può esimersi dal seguire un processo lineare più
democratico.. e non certamente una tetragona prevaricazione
dall'alto.
E' del
tutto evidente..malgrado l'astuzia di un premier svelto e
determinato, che gli scopi siano stati altri! Sono quelli di
incantare il Paese su un certo efficentismo governativo in barba ad
ogni argomento sul merito sul quale si è teso meno ad
intervenire..in forza del fatto che il cittadino ne rimane meno
interessato. Aggiungiamo anche la chiara strategia per non lasciare più spazio a possibili elezioni. Per non parlare poi del combinato
disposto che vede un accentramento oltre ogni limite a beneficio dei
futuri governi.
In tutta
l'attività di riforme di questo governo si ha un'identica
impressione..ossia la sensazione che sia stata cambiata in fretta la
cornice ad un quadro di valore per cercare di valorizzarlo di più
commettendo l'atroce errore che compiono tutti coloro che in modo
sbrigativo e spicciolo, presumono di renderlo più bello e
guardabile..non comprendendo che è proprio il quadro stesso a dover
esser restaurato.
Sul
metodo.. è quindi impensabile.. pensare che si possa cambiare in tal
modo una parte dell'ordinamento politico. Chi ha avuto la presunzione
di poterlo fare..troverà nella sua strada risvolti quasi
inaspettati.
vincenzo cacopardo
La riforma
del Senato e del titolo V della Costituzione è stata ieri stampata e
ha lasciato Palazzo Madama per la Camera dei deputati, dove presto
avrà luogo la quarta (e forse ultima) lettura.
La chiusura
del dibattito e la votazione finale di martedì 13 sono avvenute in
assenza dei senatori di Forza Italia, del Movimento 5 Stelle, della
Lega Nord e di altri piccoli gruppi: una sorta di Aventino senza i
presupposti drammatici (assassinio di Giacomo Matteotti)
dell’Aventino del 1924. In democrazia vige una regola, troppo
spesso dimenticata in Italia: chi ha la maggioranza non solo vince,
ma ha il dovere di governare.
Ma,
all’appuntamento della riforma costituzionale, alcune forze
politiche non hanno accettato la regola, tanto da lasciare l’aula
dopo la guerriglia che ha caratterizzato tutto il dibattito.
Non
entreremo nel merito dei dettagli tecnici della legge, giacché
questa è roba da specialisti che non interessa al grande pubblico.
Ciò che ci interessa è chiarire qual è il punto nodale e perché
esso ha dato origine alla contestazione.
Il sistema
uscito dalla Costituente (1946-1947) era parlamentare e bicamerale.
Ciò significa che ogni legge, ogni decisione cruciale per il Paese
doveva passare al vaglio di entrambi e, se uno modificava qualcosa,
si doveva tornare nell’altro ramo del Parlamento finché il testo
non avesse conseguito 2 approvazioni identiche.
La prassi
che si è andata sviluppando ha consentito alla Democrazia Cristiana
di governare con gli alleati (maggioranza parlamentare) con l’intesa
non scritta ma osservata di concordare le decisioni più rilevanti
con il Partito Comunista e il sindacato.
Il primo
vulnus venne
tentato con la legge elettorale del 1953 (la cosiddetta legge
truffa) che prevedeva un
premio di maggioranza per chi avesse ottenuto il 50,01%. Non passò,
a conferma che la nostra democrazia aveva natura consociativa.
La
questione che i tempi e la governabilità della Repubblica non
fossero consoni alle esigenze del mondo contemporaneo, venne posta
all’attenzione degli italiani nel 1983, con la presentazione, a
Rimini, del cosiddetto Progetto
socialista che suggeriva una
serie di interventi sul tessuto costituzionale.
La
diffidenza della Dc e l’ostilità del Pci impedirono a quelle idee
di andare avanti.
Sono
trascorsi 32 anni invano, sino a quando, qualche mese fa, il problema
è tornato alla ribalta e il governo ha presentato la riforma di cui
stiamo ragionando.
Il crisma
di essa è la cessazione del bicameralismo perfetto, talché, ad
approvazione definitiva (con referendum)
il fulcro del sistema legislativo sarà solo la Camera dei deputati
con evidenti vantaggi per le decisioni dello Stato.
Ed è
proprio qui la ragione della lotta alla riforma: cessa un sistema che
prevedeva tanti soggetti in campo con cui trattare e negoziare ogni
legge, ogni articolo, ogni comma, ogni parola. Un condizionamento,
spesso condito dal ricatto, che non solo rallentava il processo
legislativo ma, alla fine, rendeva il prodotto (le leggi) inidoneo a
incidere su qualsiasi questione.
Il
consociativismo, che subì il primo colpo nel 1994, viene in questo
modo definitivamente seppellito dal monocameralismo sostanziale.
Si vedrà,
nei prossimi anni, che uso ne farà la politica.
Domenico
Cacopardo
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