15 ott 2015

un commento ad una nuova analisi di Domenico Cacopardo sulla nuova riforma Costituzionale

Questa breve analisi di Domenico appare sin troppo riduttiva...
Affermare che la ragione della lotta in favore della riforma sia quella di far cessare un sistema che prevedeva tanti soggetti in campo con cui trattare e negoziare ogni legge, ogni articolo, ogni comma, ogni parola..è il solito espediente sul quale si rifuggiano tutti coloro che osannano una governabilità dall'alto..non procurandosi di trovare altre idee diverse per poterla ottenere e farla funzionare con una logica che parta dal basso. Senza affrontare una diversa ricerca in proposito, ma seguendo l'inesorabile sistema obsoleto che sta mettendo in crisi i principi di una vera democrazia in tutto l'occidente.

I veri ricatti nascono dal compromesso dei due ruoli che danno vita ai soliti conflitti (legislativo-amministrativo) e dalle continue anomalie che si generano di conseguenza. Se il ruolo legislativo seguisse una sua strada separata da ogni condizionamento amministrativo forzato verso i Partiti....la questione sarebbe diversa.

Non è forse un conflitto grande come un casa in un sistema come il nostro.. avere un premier che è contemporaneamante capo supremo di un partito di maggioranza(ottenuta con un ricco premio) in grado di dettare ogni cosa? Ed è proprio da questo tipo di anomalie che tutto nasce..

In realtà lo stesso consigliere Cacopardo risolve il problema nella comune sintesi pragmatica.. premiando un condizionamento posto da un'attività governativa che, per il rispetto che si dovrebbe ad un popolo, non potrebbe nemmeno permettersi di cambiare una parte della Costituzione senza la partecipazione di una “Costituente” più consona e adatta.

Restando nel metodo (poiché nel merito ogni questione sarebbe troppo lunga da osservare con giusta critica) non si può di certo restare contenti di come un governo abbia potuto procedere nel percorso delle riforme costituzionali..con la scusa di un unico motivo di stabilità. Una stabilità fin troppo forzata che non perderà tempo a tornare indietro come un boomerang..attraverso risvolti per adesso poco immaginabili ….Anche Domenico Cacopardo..se pur maestro nella sua scrittura.. affrontando temi che riguardano un cultura politica..sembra non far caso a quei principi seri che accompagnano l' ordinamento..Un ordinamento che.. nella ricerca di ogni governabilità.. non può esimersi dal seguire un processo lineare più democratico.. e non certamente una tetragona prevaricazione dall'alto.

E' del tutto evidente..malgrado l'astuzia di un premier svelto e determinato, che gli scopi siano stati altri! Sono quelli di incantare il Paese su un certo efficentismo governativo in barba ad ogni argomento sul merito sul quale si è teso meno ad intervenire..in forza del fatto che il cittadino ne rimane meno interessato. Aggiungiamo anche la chiara strategia per non lasciare più spazio a possibili elezioni. Per non parlare poi del combinato disposto che vede un accentramento oltre ogni limite a beneficio dei futuri governi.

In tutta l'attività di riforme di questo governo si ha un'identica impressione..ossia la sensazione che sia stata cambiata in fretta la cornice ad un quadro di valore per cercare di valorizzarlo di più commettendo l'atroce errore che compiono tutti coloro che in modo sbrigativo e spicciolo, presumono di renderlo più bello e guardabile..non comprendendo che è proprio il quadro stesso a dover esser restaurato.

Sul metodo.. è quindi impensabile.. pensare che si possa cambiare in tal modo una parte dell'ordinamento politico. Chi ha avuto la presunzione di poterlo fare..troverà nella sua strada risvolti quasi inaspettati.
vincenzo cacopardo




La riforma del Senato e del titolo V della Costituzione è stata ieri stampata e ha lasciato Palazzo Madama per la Camera dei deputati, dove presto avrà luogo la quarta (e forse ultima) lettura.
La chiusura del dibattito e la votazione finale di martedì 13 sono avvenute in assenza dei senatori di Forza Italia, del Movimento 5 Stelle, della Lega Nord e di altri piccoli gruppi: una sorta di Aventino senza i presupposti drammatici (assassinio di Giacomo Matteotti) dell’Aventino del 1924. In democrazia vige una regola, troppo spesso dimenticata in Italia: chi ha la maggioranza non solo vince, ma ha il dovere di governare.
Ma, all’appuntamento della riforma costituzionale, alcune forze politiche non hanno accettato la regola, tanto da lasciare l’aula dopo la guerriglia che ha caratterizzato tutto il dibattito.
Non entreremo nel merito dei dettagli tecnici della legge, giacché questa è roba da specialisti che non interessa al grande pubblico. Ciò che ci interessa è chiarire qual è il punto nodale e perché esso ha dato origine alla contestazione.
Il sistema uscito dalla Costituente (1946-1947) era parlamentare e bicamerale. Ciò significa che ogni legge, ogni decisione cruciale per il Paese doveva passare al vaglio di entrambi e, se uno modificava qualcosa, si doveva tornare nell’altro ramo del Parlamento finché il testo non avesse conseguito 2 approvazioni identiche.
La prassi che si è andata sviluppando ha consentito alla Democrazia Cristiana di governare con gli alleati (maggioranza parlamentare) con l’intesa non scritta ma osservata di concordare le decisioni più rilevanti con il Partito Comunista e il sindacato.
Il primo vulnus venne tentato con la legge elettorale del 1953 (la cosiddetta legge truffa) che prevedeva un premio di maggioranza per chi avesse ottenuto il 50,01%. Non passò, a conferma che la nostra democrazia aveva natura consociativa.
La questione che i tempi e la governabilità della Repubblica non fossero consoni alle esigenze del mondo contemporaneo, venne posta all’attenzione degli italiani nel 1983, con la presentazione, a Rimini, del cosiddetto Progetto socialista che suggeriva una serie di interventi sul tessuto costituzionale.
La diffidenza della Dc e l’ostilità del Pci impedirono a quelle idee di andare avanti.
Sono trascorsi 32 anni invano, sino a quando, qualche mese fa, il problema è tornato alla ribalta e il governo ha presentato la riforma di cui stiamo ragionando.
Il crisma di essa è la cessazione del bicameralismo perfetto, talché, ad approvazione definitiva (con referendum) il fulcro del sistema legislativo sarà solo la Camera dei deputati con evidenti vantaggi per le decisioni dello Stato.
Ed è proprio qui la ragione della lotta alla riforma: cessa un sistema che prevedeva tanti soggetti in campo con cui trattare e negoziare ogni legge, ogni articolo, ogni comma, ogni parola. Un condizionamento, spesso condito dal ricatto, che non solo rallentava il processo legislativo ma, alla fine, rendeva il prodotto (le leggi) inidoneo a incidere su qualsiasi questione.
Il consociativismo, che subì il primo colpo nel 1994, viene in questo modo definitivamente seppellito dal monocameralismo sostanziale.
Si vedrà, nei prossimi anni, che uso ne farà la politica.
Domenico Cacopardo



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