22 nov 2015

Interessante nota di Enzo Coniglio sui recenti episodi a Mali

Mali, il perchè di un attentato 
di Enzo Coniglio
Il resoconto di un avvenimento da chi guarda con profondità e conoscenza la storia dei paesi nei quali si vive una perenne istabilità
Il recente attentato all’hotel Radisson Blu di Bamako, capitale del Mali che ha fatto oltre 27 vittime, ha lasciato esterefatte molte persone che a stento conoscevano l’esistenza di questo Paese africano a Sud dell’Algeria, con un territorio quattro volte l’Italia e una popolazione di 1/4 quella italiana. Ex colonia francese, indipendente dal 1960. 
Paese povero e senza sbocchi sul mare, si sono alternati nel Mali colpi   Stato e brevi periodi di democrazia. Ma nel 2012 abbiamo assistito ad una svolta importante: ha ripreso la guerra civile con l’etnia Tuareg che ha formato il Movimento Nazionale di Liberazione della regione dell’Azawad, alleata al gruppo fondamentalista Ansar Dine, aderente al gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento, denominato Al-Qua’ida nel Maghreb islamico. 
Questa guerra civile ha un effetto insperato e preoccupante: la distruzione dei reperti religiosi della tradizione “Sufi”, delle tombe denominate Marabutti di alcuni santi musulmani essendo il Wahhabbismo ostile ad ogni forma di culto che non fosse rivolta esclusivamente ad Allah. Non solo sono stati distrutti questi simboli della antica cultura del Mali ma sono state introdotte rigide leggi islamiche non presenti in quel Paese.

Il Wahhabbismo rappresenta l’ala più rigida della corrente sunnita dominante nella penisola arabica e in Arabia Saudita e abbracciata da Osama Bin Laden e dai Talebani. Chi non la pensa come loro, è considerato nemico dell’Islam.
Nell’aprile del 2012, il Movimento tuareg laico e separatista denominato: Movimento Nazionale di Liberazione dell’Azawad (MNLA), ha dichiarato unilateralmente l’indipendenza della vasta regione dell’Azawad dalla durata di due mesi essendo stato subito dopo, sconfitto da tre gruppi islamisti: Ansar Dine, MUJAO (Movimento per l’Unicità e la Jihad nell’Africa Occidentale), e al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM).
E qui comincia il disastro: i tre gruppi hanno fatto di tutto per imporre la SHARIA più rigorosa, compreso il taglio delle mani ai ladri, l’imposizione in pubblico alle donne dell’abito Hijab e la separazione dei ragazzi dalle ragazze a scuola. Oltre 100 mila maliani sono stati costretti a emigrare all’interno del Paese e nei Paesi vicini.

Il 9 gennaio 2013 il Presidente del Mali, ha chiesto l’intervento francese a François Hollande che accettò, dopo aver ottenuto il parere favorevole delle Nazioni Unite e dell’ECOWAS. L’operazione francese, denominata Sérval, si concluse con successo nel luglio del 2014, dopo essersi associati i Francesi alla Danimarca, al Belgio, alla Gran Bretagna, alla Germania, alla Spagna, all’Italia e agli Stati Uniti. Dalla reazione occidentale, si sono salvati i capi rivoluzionari Mokhtar Belmokhtar, nato a Ghardaia in Algeria e Iyad ag Ghali che si è rifugiato in Algeria e che ritroviamo nel recente attentato al Radisson Blu.
Chi ha vissuto come me in Algeria, sa benissimo che il Sud di questo Stato è abitato dalla Comunità dei Monzabiti, uno dei tanti gruppi autonomi islamici che occupa l’Oasi di Ghardaia e dalla Comunità dei Tuareg, denominati gli “uomini blu”, alti e imponenti, nomadi, che si spostano lungo le rotte carovaniere del Marocco, Algeria, Tunisia e Libia, assolutamente pacifici. Questi gruppi, insieme ai Maliani, non hanno nulla a che vedere con i Wahahabbiti e con i movimenti estremisti arabo-islamici: sono anch’essi delle vittime. 

Bisogna anche tener conto che questa zona del sud Sahara non ha nulla in comune con l’Occidente cristiano e, pertanto, andava rispettata e protetta nelle sue peculiarità e non snaturata e combattuta da un colonialismo che in extremis si è convertito nel “Salvatore” da un nemico islamico che appare addirittura peggiore. Questa è la dinamica storica che non dobbiamo dimenticare e che ci chiede di avviare al più presto un processo di decolonizzazione e di rispetto delle identità locali compatibili con i diritti elementari delle persone umane. Questa è in fondo la grande sfida che siamo chiamati a gestire se vogliamo vivere in pace.L’ISIS e il terrorismo sono soltanto una sfaccettatura anche se importante e tragica.

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