Quello che
mi riesce sempre difficile da comprendere da parte di Domenico è il
riferirsi di continuo alla figura di Papa Francesco individuandolo
come un qualunque portatore di posizioni politiche. Ripeterò fino
alla nausea: Il Papa deve fare il Papa e quando accusa la società
mondiale.. sia per un problema riguardante la pace o l'ambiente o la
fame, non intende ..ne potrebbe mai farlo...per introdursi in un
dialogo politico e men che mai per dettare soluzioni che appartengono
solo ed unicamente alla politica internazionale. Ma come non si può
comprendere che nella sua opera di evangelizzazione in ogni parte del
mondo.. non possa mai esimersi dal dettare quei principi che
appartengono al credo cristiano?
Detto
questo sta alla politica trovare le giuste soluzioni sia che si
tratti di convivenza e di integrazione fra i popoli o sull'argomento
in cui Domenico pone maggiore attenzione: l'ambiente e
l'inquinamento. Basterebbe..come lui stesso scrive.. un serio impegno
di quei paesi a cui lui stesso fa riferimento per iniziare a ridurre
l’inquinamento atmosferico.
Nel
contempo però..non si può non tenere in considerazione un certo
disinvolto modo di procedere di alcune aziende che per profitto non
si preoccupano di venire incontro ad una situazione atmosferica
spesso sottovalutata. Prova ne è il recente esempio degli scarichi
delle auto della Wolksvagen e delle altre case automobilistiche che,
per motivi di sicuro interesse, fregandosene.. hanno contribuito ad
immetere nell'aria una enorme quantità di prodotto inquinante.
Non posso
infine che concordare con quello che scrive Domenico circa la
Conferenza di Parigi sull’ambiente...affermando che si è trattato
di una grande operazione di marketing a favore di lobby interessate
alla cosiddetta «Green economy» e di un colossale tentativo di
distogliere l’opinione pubblica mondiale dai problemi reali.
Vincenzo
cacopardo
Se fosse
vivo Carlo Marx, probabilmente, contesterebbe inorridito i suoi
attuali epigoni per la sceneggiata ambientalista messa in scena a
Parigi. E ricorderebbe che la questione è sempre quella dei rapporti
tra capitale e lavoro e che, in fondo alla strada intravvista nella
capitale francese, c’è una ulteriore perdita di potere della
classe operaia a scapito del sempiterno e sempre vincente capitale.
Ed è così. Come in questa direzione vanno i discorsi sulla
«crescita zero» o sulla «decrescita felice», che piace,
quest’ultima, ai gonzi alla Grillo e seguaci, incapaci di ragionare
in termini politici e sociali sui danni che l’interrompersi dei
processi di sviluppo provocherebbe nel mondo globalizzato.
Anche il
papa, con la nota enciclica «Laudato si», si attesta sulla linea
dello sviluppo zero per salvaguardare i valori ambientali,
dimenticando ciò ch’egli stesso dice a proposito della fame del
mondo. Insomma, non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca
e si ci vogliono nuove risorse per la sopravvivenza delle donne e
degli uomini del pianeta, occorre trovarle, crearle, distribuirle,
utilizzando anche gli ogm, aborriti da quei furbissimi degli italiani
che stanno rimanendo indietro nella genetica, una delle scienze più
innovative che l’uomo abbia tra le mani. Mi viene in mente un
«meeting» cui partecipai negli anni ’80 alla Genentech, un
colosso della genetica, che vantava tra i suoi più accreditati
scienziati un giovane calabrese, il dottor Crea, che poi creò una
propria company. E il panorama di novità utili all’uomo
soprattutto a quello in difficoltà per le condizioni ambientali e
climatiche.
C’è una
sottile questione che sta dietro l’ecologismo d’accatto di cui
tanti si fanno paladini: in una società paralizzata dai veti
ecologici, il livellamento si realizza in basso e, perciò, i
mediocri e gli ignoranti possono ritenere di valere quanti i
preparati e i volenterosi.
Queste
considerazioni, tuttavia, non intendono svalutare il lavoro che si
compie nella direzione del miglioramento delle condizioni ambientali,
lottando contro l’inquinamento in generale e contro quello chimico.
In
particolare, all’osso, la questione è la riduzione del rilascio di
CO2 nell’atmosfera e riguarda specialmente Stati Uniti, Cina e, in
misura minore, l’India. Basterebbe quindi un serio impegno di
questi tre paesi per iniziare a ridurre l’inquinamento atmosferico.
Gli
interessi che presiedono, peraltro, alle iniziative tipo questa di
Parigi sono, all’evidenza, interessi imprenditoriali e
capitalistici: e la «Green economy» è un’eccellente occasione
per fare buoni affari.
Sul tema si
misura spesso il professor Franco Battaglia, dell’Università di
Modena, che critica l’ambientalismo e vi si oppone perché è una
ideologia fondata su convinzioni che nulla hanno a che fare con la
realtà delle cose. Un esempio: «Una dozzina d’anni fa gli
ambientalisti decisero che i campi magnetici dai cavi di trasmissione
d’energia elettrica provocassero la leucemia ai bambini e
chiedevano a gran voce che si interrassero quei cavi. La verità è
che l’elettrosmog non esiste; anche se esistesse (e non esiste)
esso sarebbe responsabile di 2 dei 400 casi di leucemia infantile
l’anno; il grottesco è che il 90% di esposizione a quei campi è
dovuto agli impianti domestici e l’interramento dei cavi di
trasmissione sui tralicci non avrebbe avuto alcun effetto e i casi di
leucemia attribuibili all’elettrosmog rimarrebbero 2. Orbene, la
spesa che proponevano si affrontasse per quell’interramento era di
30 miliardi di euro. Con tutti quei soldi si salvano dalla leucemia
tutti e 400 i bambini (e dal cancro tutti noi).»
È il caso
del Muos (Mobile User Objective
System), il sistema contro il quale in Sicilia combattono alcune
centinaia di disinformati, utili per mettere in difficoltà in
governo e per portare fieno alla cascina malsana dei 5Stelle. Il Muos
è un sistema di comunicazioni satellitari ad alta frequenza e banda
stretta, composto da quattro satelliti e quattro stazioni a terra,
una delle quali è stabilita a Niscemi, che sostituirà tutti gli
esistenti apparati di monitoraggio militare che tanto hanno
contribuito sin qui al mantenimento della pace. Se è vero, come è
vero che la terza Guerra mondiale è iniziata, il Muos è uno degli
strumenti per non perderla.
Il
professor Battaglia enuncia anche le 10 maggiori balle ambientali che
circolano. Ne segnaliamo alcune: il
clima è causato dall’uomo (falso); possiamo ridurre le emissioni
di CO2 del 20% entro il 2020 (neanche dello 0.20%); Chernobyl ha
causato 100.000 morti (ne ha causati 3; il cibo biologico è il
migliore (è il peggiore); l’agricoltura con Ogm (organismi
geneticamente migliorati) è il male (è la migliore tecnica che
abbiamo); l’energia dal sole è l’energia del futuro (l’energia
dal sole è l’energia del passato, quando la schiavitù non era
tabù e il pianeta era abitato da mezzo miliardo di anime); il
nucleare è pericolosissimo (è la tecnologia di produzione elettrica
più sicura che c’è); dobbiamo rinunciare al nucleare
(impossibile: in Europa è la prima fonte d’energia elettrica; non
vi abbiamo rinunciato neanche noi italiani, che ne abbiamo fatto un
altro bene d’importazione, per il quale paghiamo alla Francia, ogni
anno, l’equivalente di 1 reattore nucleare; uno scherzo che dura da
20 anni: 1/4 del parco nucleare francese l’abbiamo pagato noi,
contribuenti italiani; dobbiamo affidarci all’eolico e al
fotovoltaico (tecnologie fraudolente).
Insomma, il
vero bilancio che si può trarre dalla Conferenza di Parigi
sull’ambiente è che si è trattato di una grande operazione di
marketing a favore di lobby interessate alla cosiddetta «Green
economy» e di un colossale tentativo di distogliere l’opinione
pubblica mondiale dai problemi reali del nostro mondo contemporaneo.
Il primo dei quali è la crescita del terrorismo, favorito da alcuni
stati canaglia, ma soprattutto da stati non sono canaglia e che
consideriamo amici.
E che, la
questione «ambiente» indirizza ancora, nel pendolo della storia,
verso il protagonismo del capitale e dei poteri finanziari a scapito
della diffusione della ricchezza e della democrazia.
La
conclusione, perciò e per il momento, l’unica è: «diffidate»,
«diffidiamo» e cerchiamo di capire cosa c’è dietro o avanti a
ognuna delle proposizioni che escono dal confronto parigino.
Domenico
Cacopardo
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